Intanto ringrazio per il gentile invito e, dovendo introdurre un argomento che di per sé è mastodontico, cercherò prima di tutto di dare delle linee di navigazione.
Intanto in questo settore, intendendo come appalti pubblici gli affidamenti pubblici e quindi sia gli appalti propriamente detti che le concessioni – precisazione importante perché poi vedremo che ci sono anche delle discipline differenti – è da tener presente che le aggregazioni possono essere distinte tra aggregazioni non equity e equity. Perché? Perché le prime, le aggregazioni non equity, ci portano ad un mondo che quello degli operatori economici aggregati e quindi se vogliamo un modo più noto e più conosciuto a termine di quello che oggi l’art. 45, d.lgs. n. 50/2016. È notorio che la normativa degli affidamenti pubblici è una delle più tormentate del nostro ordinamento, con il che ncontriamo nuovamente figure che conosciamo già da tempo a partire dalle associazioni temporanee di impresa che adesso si chiamano raggruppamenti di imprese per poi arrivare ai consorzi e alle loro categorie fra cui i consorzi stabili, istituto tipico degli appalti pubblici, per poi approdare, per esempio, alle aggregazioni sotto forma di rete di impresa eccetera.
Necessariamente abbandonerò il tema dei consorzi anche perché vedo che è trattato particolarmente anche in altre relazioni per invece dedicarmi più da vicino alle aggregazioni di tipo reticolare quindi associazioni oggi raggruppamenti e non è un caso che li chiami associazioni perché quando si affacciò la normativa alla fine degli anni ’80 si chiamavano così e, dall’altra, parte le reti.
Ancora invece per quanto riguarda le equity è oggi importante ricordare che si è creato sostanzialmente un mondo a parte con l’introduzione del d.lgs. n. 175/2016 entrato in vigore il 23 settembre 2016. Ma qual’è il punto di unione? Perché parliamo delle applicazioni equity nel mondo degli affidamenti?
Perché di fatto si è teorizzato con una operazione coraggiosa, abbandonando le sirene dell’entificazione (da sempre in Italia si assiste al tentativo di entificare tutto in Italia e quindi a partire da un nota sentenza del Consiglio di Stato 1478/1998 si è riusciti a entificare anche le società a partecipazione pubblica) si è data una scelta cioè quella, a partire dalla valorizzazione delle caratteristiche sotto il profilo dell’affidamento, di individuare una sottocategoria speciale di società che sono le società in house.
Il tema è particolare perché l’in house non è affatto un istituto del diritto italiano ma è un istituto del diritto comunitario ed attiene esclusivamente alla [continua..]