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1. Generalità sulla mediazione delegata - 2. Il tentativo di conciliazione e la mediazione delegata - 3. Gli accorgimenti per stimolare l’accordo nell’ambito della mediazione delegata - 4. La condizione di procedibilità e l’assegnazione del termine di quindici giorni per promuovere la mediazione delegata - 5. La mediazione delegata nel caso di pluralità di domande, di cui solo alcune soggette a mediazione obbligatoria - 6. La mediazione delegata nel procedimento sommario di cognizione - 7. La mediazione delegata nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo - NOTE
1.1. La mediazione c.d. delegata è prevista, innanzitutto, dall’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/2010), il quale prevede testualmente quanto segue: 2. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.”. 1.2. Dunque, in qualunque grado del giudizio, anche di appello e fino alla precisazione delle conclusioni o discussione, il giudice, “valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione ed il comportamento delle parti”, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione ed in tal caso lo stesso diviene “condizione di procedibilità della domanda”. Come chiarito in giurisprudenza, “in tema di procedimento civile e mediazione, ai sensi D.Lgs. 28/2010 l’invio delle parti in mediazione costituisce potere discrezionale dell’ufficio che può essere esercitato valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione ed il comportamento delle parti sempreché non sia stata tenuta l’udienza di precisazione delle conclusioni; ove la mediazione venga disposta, il suo esperimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziale; pertanto, il mancato esperimento della mediazione vizia irrimediabilmente il processo, impedendo l’emanazione di sentenza di merito” (cfr. in tal senso: Tribunale Firenze, sez. III, 14 settembre 2016, in Redazione Giuffrè 2016). 1.3. In particolare, quando la mediazione non è già stata avviata, il giudice deve assegnare un termine di quindici [continua ..]
2.1. Qualora il giudice intenda perseguire un tentativo di conciliazione, a ben vedere può optare tra differenti opzioni: 1) Il giudice può innanzitutto esperire direttamente un tentativo di conciliazione esperito davanti a sé ex art. 185 c.p.c., ai sensi del quale: “Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta delle parti, fissa la comparizione delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione. Il giudice istruttore ha altresì facoltà di fissare la predetta udienza di comparizione personale a norma dell’articolo 117. Quando è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. Se la procura è conferita con scrittura privata, questa può essere autenticata anche dal difensore della parte. La mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata ai sensi del secondo comma dell’articolo 116. Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell’istruzione. Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.” 2) In secondo luogo, il giudice può formulare una proposta di conciliazione ex art. 185-bis c.p.c. (inserito dal d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98), ai sensi del quale: “II giudice, alla prima udienza, ovvero sino a quando è esaurita l’istruzione, formula alle parti ove possibile, avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, una proposta transattiva o conciliativa. La proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione o astensione del giudice.”. 3) In terzo luogo, il giudice può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione delegata, ai sensi del citato art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/2010. 2.2. Le ragioni per cui potrebbe essere preferibile disporre la [continua ..]
3.1. Gli accorgimenti per stimolare l’accordo nell’ambito della mediazione delegata sono i medesimi della mediazione obbligatoria. In proposito, si deve innanzitutto ricordare il compenso variabile spettante ai mediatori: vi sono, infatti, maggiorazioni delle indennità dovute ai mediatori, nell’ipotesi di successo della mediazione e comunque per il fatto di formulare la proposta (art. 16, comma 4. lett. b e cregolamento). 3.2. Si deve poi richiamare l’art. 8, comma 4-bis, parte prima, d.lgs. n. 28/2010, ai sensi del quale: “Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.” Dunque, il Giudice può innanzitutto desumere argomenti di prova ex art. 116 comma 2 c.p.c., ciò che invece non può fare dalla contumacia giurisdizionale. In giurisprudenza è stato sottolineato che equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ ordinamento giuridico (cfr. in tal senso: Tribunale Roma, sez. XIII, 29 maggio 2017, in Redazione Giuffrè 2017 [15]). In ogni caso, si ritiene che la mancata comparizione della parte regolarmente convocata, come nel caso in esame, davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa (cfr. in tal senso: Tribunale Roma, sez. XIII, 29 maggio 2017, in Redazione Giuffrè 2017 [16]) ma, comunque, concorre alla valutazione del materiale probatorio già acquisito (cfr. in tal senso: Tribunale Roma, sez. XIII, 28 novembre 2016, in Redazione Giuffrè2017 [17]). Si ritiene che la mancata partecipazione al primo incontro di mediazione, se non fondata su un giustificato motivo impeditivo che abbia i caratteri dell’assolutezza e della non temporaneità o su un dissenso consapevole, informato e motivato, equivalga ad assenza ingiustificata nonostante la preventiva comunicazione delle ragioni della decisione di non prendervi parte (cfr. in tal senso: Tribunale Vasto, 6 [continua ..]
4.1. La condizione di procedibilità è avverata se il primo incontro davanti al mediatore si conclude senza accordo (art. 5, comma 2-bis, d.lgs. n. 28/2010). 4.2. Ove il giudice verifichi la mancata proposizione o conclusione del procedimento di mediazione, non sospende, ma deve fissare udienza dopo la scadenza del termine per celebrare il procedimento e, se non è già stata avviata, assegnare un termine di quindici giorni per promuovere la mediazione e, in assenza deve dichiarare l’improcedibilità con sentenza. 4.3. Peraltro, l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal Giudice, a pena di decadenza, non oltre la prima udienza. 4.4. La Suprema Corte ha chiarito che la mediazione obbligatoria è condizione di procedibilità e non di proponibilità della domanda giudiziale, talché il differimento del processo dovuto a causa della mancanza dell’esperimento del procedimento di mediazione non fa venire meno le preclusioni processuali che, medio tempore, sono maturate (cfr. in tal senso: Cass. civ., sez. III, 13 aprile 2017, n. 9557 in Diritto & Giustizia 2017, 14 aprile [27]). 4.5. Si discute se il termine di 15 giorni per la presentazione dell’istanza di mediazione delegata (così come per quella obbligatoria) sia da considerarsi perentorio: 4.5.1. Secondo una tesi, il predetto termine non sarebbe perentorio e, quindi, la mancata osservanza dello stesso non determinerebbe effetti decadenziali, laddove il tentativo di mediazione sia stato comunque regolarmente espletato (cfr. in tal senso: Corte appello Milano, sez. I, 7 giugno 2017, n. 2515 in Diritto & Giustizia 20 giugno 2017; Corte appello Milano, sez. I, 24 maggio 2017, in Redazione Giuffrè 2017; Tribunale Vasto, sez. lav., 27 settembre 2017, in Diritto & Giustizia 23 ottobre 2017; Tribunale Roma, sez. V, 15 novembre 2016 n. 21293, inDiritto & Giustizia 9 febbraio 2017; Corte appello Milano, sez. I, 28 giugno 2016, in Diritto & Giustizia 2016) [28]. In particolare, si è sostenuto che il mancato rispetto del termine assegnato dal giudice per avviare il tentativo di mediazione, alla stregua della legge sulla mediazione processuale, non può ritenersi equivalente al mancato tentativo di mediazione nei [continua ..]
5.1. Si discute se terzo che propone una propria domanda autonoma, il convenuto che propone una domanda riconvenzionale e l’attore che propone una c.d. reconventio reconventionis siano obbligati al procedimento di mediazione obbligatoria. 5.1.1. Una parte della dottrina e della giurisprudenza segue la tesi negativa (Dalfino, Dittrich, Fabiani, Porreca, Proto Pisani, Scarselli; Tribunale Roma, sez. V, 18 gennaio 2017, n. 828, in Redazione Giuffrè 2017; Tribunale Palermo, sez. III, 27 febbraio 2016, in Redazione Giuffrè2016; Tribunale Palermo, sez. dist. Bagheria, 11 luglio 2011) [36]. A sostegno di questa tesi si osserva che l’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28 del 2010 impone il preventivo esperimento del procedimento di mediazione a chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia nelle materie specificamente indicate e sancisce che l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La norma però non regola espressamente le ipotesi in cui il giudizio, dopo la proposizione della domanda giudiziale si arricchisce di nuove domande o di nuove parti: in tal caso si ritiene che non sia necessario interrompere per rinnovare l’esperimento del procedimento di mediazione. In sintesi, l’art. 5 comma 1-bis d.lgs. n. 28/2010 prevede la facoltà per il convenuto di eccepire il mancato tentativo di mediazione intendendo come tale chi viene citato in giudizio e non già chi, avendo promosso un’azione e, pertanto, notificato ad altri una vocatio in ius, risulti a sua volta destinatario di una domanda collegata a quella originaria. Una diversa soluzione comporterebbe un notevole allungamento dei tempi di definizione del processo, in contrasto con il principio di ragionevole durata dello stesso stabilito dall’art. 111 Cost. In particolare, si è affermato che “nei giudizi in cui è previsto il preventivo esperimento del procedimento di mediazione, se si segue un’interpretazione delle relative disposizioni che sia costituzionalmente orientata e conforme alla normativa dell’Ue, deve essere esclusa la mediazione obbligatoria rispetto alle domande proposte da e nei confronti dei terzi, oltre che rispetto alle c.d. domande riconvenzionali inedite (cfr. in tal senso: Tribunale Palermo, sez. III, 6 maggio 2017, [continua ..]
6.1. Ci si è chiesti se, nel caso di procedimento sommario di cognizione, sia ammissibile la mediazione delegata (e debba essere esperita la mediazione obbligatoria). 6.2. La risposta è senza dubbio positiva, come già chiarito in giurisprudenza (cfr. in tal senso: Tribunale Torino, sez. III, 23 marzo 2015, inRedazione Giuffrè 2015 [43]; Tribunale Varese, 20 gennaio 2012; Tribunale Genova, 18 novembre 2011; Tribunale Palermo, sez. dist. Bagheria, 16 agosto2011).
7.1. Ulteriore questione attiene al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, dovendosi stabilire a chi spetti l’onere di promuovere la mediazione delegata (o anche obbligatoria) dopo la pronuncia dei provvedimenti previsti dagli artt. 648 o 649 c.p.c. Invero, l’art. 5, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 28/2010 (come sostituito dall’art. 84, comma 1, lett. d, d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013 n. 98) prevede che i commi 1-bis e 2 non si applicano “a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”. Si deve subito chiarire che, come correttamente rilevato in giurisprudenza, nel procedimento per ingiunzione la mediazione non è obbligatoria né nella fase di deposito del ricorso né in quella eventuale di opposizione; l’obbligo insorge soltanto dal momento in cui il giudice si sia pronunziato in ordine alla concessione o alla sospensione della efficacia esecutiva del decreto (cfr. in tal senso: Tribunale Prato, 18 luglio 2011, in Giur. di Merito 2012, 5, 1082). Ciò chiarito, posto che, ai sensi dell’art. 5 d.lgs. n. 28/2010, il mancato esperimento della mediazione comporta la “improcedibilità della domanda giudiziale”, è discusso in dottrina e giurisprudenza chi abbia l’onere di promuovere la mediazione e, quindi, abbia interesse ad evitare la declaratoria di improcedibilità, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo. Precisamente, si pone il problema se, nel caso dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’improcedibilità debba intendersi riferita all’azione originariamente proposta dal creditore con il ricorso per ingiunzione sfociato nell’emanazione del decreto ingiuntivo poi opposto o se, invece, debba intendersi debba intendersi riferita all’azione proposta dal debitore ingiunto. Nel primo caso dovrebbe ritenersi privato di efficacia il decreto ingiuntivo emesso, mentre nel secondo caso, al contrario, l’improcedibilità dell’azione proposta dall’opponente porterebbe al definitivo ed irrimediabile consolidarsi del decreto ingiuntivo. 7.2. Secondo una prima tesi, l’improcedibilità dovrebbe intendersi riferita all’azione [continua ..]