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1. L'azione di responsabilità. Profili di carattere generale - 2. L'azione di responsabilità nelle procedure concorsuali - 3. Rassegna di giurisprudenza
1.1. La responsabilità derivante da fatti autonomamente considerati La responsabilità degli amministratori di società per azioni ai sensi dell’art. 2392 c.c., ossia nei confronti della società, ha subito con la riforma societaria un sensibile maquillage normativo. In particolare, dal confronto fra le diverse versioni ante e post riforma emergono tre importanti novità: • una diversa specificazione del grado di diligenza esigibile dagli amministratori, con l’abbandono del riferimento alla diligenza del mandatario e l’assunzione di quella «richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze»; • la delimitazione della c.d. responsabilità in vigilando, con la sostituzione dell’obbligo di vigilare sull’andamento della gestione con quello di informazione di cui all’art. 2381, comma 3, c.c.; • la ridefinizione della responsabilità per gli atti compiuti in esecuzione di funzioni proprie degli amministratori delegati. Particolare attenzione merita la prima di queste innovazioni, dove appare evidente come il legislatore abbia fatto riferimento – nell’individuare il parametro di responsabilità – non più all’art. 1176, comma 1, c.c., bensì al comma 2 di tale norma. Ne deriva che, alla stregua di tale scelta, la diligenza deve essere valutata con riguardo alla natura dell’attività esercitata e – quindi – si deve tenere conto nel “misurare” la diligenza dell’operato degli amministratori: • della eventuale complessità dell’incarico; • delle particolari conoscenze richieste; • dei mezzi e delle risorse disponibili per lo svolgimento dell’incarico medesimo. In questo quadro si tende ad escludere che la mancanza di perizia sia sinonimo di mancanza di diligenza, dovendosi piuttosto ritenere che ai sensi dell’art. 2381, ultimo comma, c.c., vi sia a carico degli amministratori un obbligo di agire in modo informato, dovere che presuppone che l’amministratore, consapevole della propria mancanza di perizia, adotti rimedi opportuni a sanare le sue carenze cognitive. In altri termini l’amministratore “imperito” per essere diligente deve essere in grado di ovviare in qualche modo alla propria imperizia, pena la [continua ..]
2.1. L’azione di responsabilità nelle s.p.a. La riforma della disciplina delle società di capitali e delle procedure concorsuali, entrambi improntate all’idea di lasciare spazio alle dinamiche di mercato, ha interessato anche la regolamentazione della responsabilità degli amministratori delle società di capitali assoggettate a fallimento. La norma fondamentale nella materia resta l’art. 146 l.f. La comparazione del testo di detta disposizione nella formulazione precedente ed in quella ora vigente permette di constatare che, ad una prima lettura, non emergono elementi di peculiare novità. La disciplina è rimasta sostanzialmente inalterata nella parte concernente la modalità di proposizione delle azioni di responsabilità: l’art. 146 l.f. attribuisce al curatore senza alcuna distinzione la legittimazione, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, all’esercizio delle azioni d responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori, oltre alla legittimazione espressamente indicata alla lett. b) del comma e del citato art. 146, ad esercitare l’azione di responsabilità contro i soci della s.r.l. nei casi previsti dall’art. 2476, comma 7, c.c. Il rinvio è, dunque, generico e comprensivo di tutte quelle azioni di responsabilità dirette a reintegrare il patrimonio della società e, tra queste sicuramente va compresa l’azione dei creditori sociali, in quanto diretta a reintegrare il creditore sociale di una perdita patrimoniale che non si verifica, per il creditore, in via diretta per effetto della violazione degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, ma in via indiretta, in quanto il patrimonio così impoverito, non è più sufficiente per il soddisfacimento del credito che egli vanta nei confronti della società. Proprio per tale motivo deve ritenersi prevalente l’interpretazione per cui l’azione dei creditori sarebbe un’azione autonoma e non surrogatoria. In riferimento alla s.p.a. l’art. 146, comma 2, lett. a), l.f. ribadisce la regola contenuta nell’art. 2394-bis c.c., attribuendo al curatore la legittimazione esclusiva all’esercizio dell’azione di responsabilità, [continua ..]