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1. Premessa. La condotta di preferenzialità illecita. L'interesse tutelato - 2. L'elemento soggettivo del reato di bancarotta preferenziale - 3. Gli effetti della riforma dell'art 67 legge fall. - 4. La condotta. La nozione di ‘pagamento’ - 5. La prescrizione del reato di bancarotta preferenziale - 6. Il concorso del creditore preferito - 7. L'elemento soggettivo della bancarotta preferenziale - Note
L’art. 216 comma 3 della legge fallimentare [1] punisce l’imprenditore, individuale o associato (art. 223 legge fall.), il quale – prima o durante la procedura fallimentare – esegue pagamenti o simula titoli di prelazione allo scopo di favorire taluno dei creditori a danno degli altri. La lettera della norma dispone «È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione» [2]. È bene subito osservare che: a) non viene perseguita l’assunzione dell’obbligazione, genesi del pagamento illecito; b) la sanzione dalla norma collegata alla condotta (reclusione da uno a cinque anni) è ben più contenuta rispetto a quella stabilita per i casi dicomportamenti connotati da fraudolenza (art. 216, co. 1, ovvero dall’art. 223 legge fall.). È, dunque, lecito ritenere che il disvalore dell’illecito consiste non nell’indebito depauperamento del patrimonio del debitore, come è dato riscontrare nella generale figura della bancarotta, evento qui inesistente, trattandosi dell’adempimento di un’obbligazione assunta (componente passiva) foriera – verosimilmente – di una controprestazione che può giovare all’attivo patrimoniale. Si tratta, invece, dell’inosservanza dell’ordine (stabilito dalla legge) nella soddisfazione dei creditori (c.d. “par condicio”). È questo l’oggetto del reato: la violazione della scala delle preferenze prevista sia per le procedure concorsuali (art. 111 legge fall. [3]) sia dall’art. 2741 (e dall’art. 2221) c.c. Disposizioni che tratteggiano il principio generale del nostro sistema secondo cui i creditori dispongono di uguale diritto nell’ottenere soddisfazione delle proprie pretese sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione [4]. Ci si potrebbe domandare la ragione della repressione di un fatto, quale il pagamento del debito [5], generalmente considerato non soltanto lecito, ma doveroso. La risposta disvela la scelta del legislatore fallimentare: invero l’uscita di ricchezza dal patrimonio del debitore determina obiettivamente un assottigliamento della disponibilità liquida del relativo asse patrimoniale, [continua ..]
La bancarotta è delitto doloso (con la precisazione che la bancarotta semplice può essere contrassegnata tanto da dolo quanto da colpa [11]. Il delitto di bancarotta preferenziale richiede la rappresentazione – in capo all’autore del fatto – del danno (ancorché non precisamente quantificato) che quel pagamento reca agli altri creditori. Pertanto, la fattispecie suppone che il soggetto – come logica vuole (e salva difforme e convincente dimostrazione di segno contrario) – sia a giorno delle proprie capacità patrimoniali ed economiche, nonché dei relativi limiti. Questa osservazione discende dalla struttura del dolo che viene diffusamente considerato ‘specifico’ e che è tipico della presente fattispecie punitiva [12]. Il dolo non è escluso dalla troppo ottimistica convinzione di essere in grado di superare l’impasse finanziaria mediante il tacitamento momentaneo del ceto creditorio: l’errore non scusa quando riguarda semplici modalità dell’evento voluto e giuridicamente considerato [13]. È interessante quella giurisprudenza che si è pronunciata sul caso del pagamento dei soli crediti dotati di privilegio. Essa ha precisato che il dolo specifico della fattispecie è costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore (o al complessivo novero dei creditori) soddisfatto, con l’accettazione della eventualità di un danno per gli altri, precisando che «nel caso in cui il fallito provveda al pagamento di crediti privilegiati, la configurabilità del reato di bancarotta preferenziale presuppone il concorso di altri crediti con privilegio di grado prevalente o eguale rimasti insoddisfatti per effetto dei pagamenti “de quibus” e non già di qualsiasi altro credito» [14]. A parere di chi scrive, diviene arduo, in siffatto proposito solutorio, enucleare l’intento di danneggiare l’intera massa dei creditori, focalizzandosi il dolo sulla singola posizione da avvantaggiare [15]: si osservi, tuttavia, che la norma non richiede la consapevolezza di un pregiudizio indefettibilmente esteso e che, nelle precarie condizioni finanziarie del debitore diviene quasi automatica la rappresentazione dell’impossibilità di soddisfare l’intera massa passiva, quello che la SC. qualifica come dolo eventuale [16]. La [continua ..]
Con la riforma dell’art. 67, comma 3, legge fall., portata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito con L. 14 maggio 2005, n. 80 ed applicabile alle procedure concorsuali iniziate dopo il 17 marzo 2005 [19]), il legislatore ha, da un lato, modificato gli artt. 67, 70, 160, 161, 177, 180, 181 della legge fall., d’altro canto ha introdotto il nuovo articolo l’art. 217 bis mediante cui viene disposta una testuale esenzione dall’azione revocatoria rispetto a taluni atti (a pagamenti ed a garanzie, testualmente indicati dalle lett. d) e ss. dell’art. 182 bis – norma introdotta dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78 – segnatamente quelli asseverati dal ‘professionista indipendente’ incaricato di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di risanamento proposto e vincolante soltanto per i creditori che vi abbiano aderito [20]) effettuati dall’imprenditore che, successivamente, si trovi sottoposto a procedura concorsuale o che risulti vincolato da accordi concordatari (lett. e)) [21]. Non può sfuggire la sostanziale indifferenza della nuova disciplina nei confronti dell’art. 216, comma 3, legge fall.: nel momento in cui la norma espressamente esclude l’inefficacia degli adempimenti delle obbligazioni e del rilascio delle relative garanzie, sottraendoli alla revocazione, consente di ipotizzare un diretto riflesso nell’area della fattispecie incriminatrice, anche con riguardo alla tutela della “par condicio” dei creditori. In siffatta prospettiva questi atti devono considerarsi estromessi dalla sfera oggettiva della norma penale che, per l’appunto, dispone della protezione della menzionata parità. E, pertanto, sembra ragionevole concludere che l’esclusione (e non la semplice riduzione) del rimedio concorsuale si traduce – in relazione a determinate e tipizzate ipotesi solutorie – nell’assenza del capacità lesiva dell’interesse protetto ad opera dei pagamenti medesimi. Dunque, nell’annullamento di ogni possibile profilo di antigiuridicità delle stesse [22]. Accettando l’impostazione dianzi tratteggiata si deve ritenere che la riforma abbia espressamente creato una deroga di immediato e valido riflesso in seno alla disposizione [continua ..]
4.a. Segue. Bancarotta preferenziale per il tramite di pagamenti (art. 216, comma 3 legge fall. “esegue pagamenti”). La nozione di ‘pagamento’, l’oggetto relativo e l’oggetto della tutela penale. L’efficacia del consenso dei creditori. L’amministratore che si ripaga delle proprie pretese con denaro sociale. La differenza tra fraudolenza e preferenzialità. È il caso più frequente nell’esperienza giudiziale. “Pagamento” è qualsiasi forma di estinzione di un debito, attuato con denaro o in natura (“datio in solutum” [29]), o a mezzo di compensazione [30], ovvero, di novazione oggettiva [31], ecc., senza che sia possibile limitazione alla tipologia di questa nozione. Oggetto del pagamento può essere il denaro o un bene (ad es. la restituzione di titoli acquistati a credito e non pagati), o anche un titolo di credito (emesso o girato) che la giurisprudenza, aderente alla pratica di commercio, equipara al denaro, privando di anormalità siffatta condotta solutoria [32]. È riconducibile alla presente categoria anche la vicenda estintiva derivata dalla compensazione. Il pagamento può consistere pure nella cessione del credito, con la precisazione che il momento consumativo del delitto: «… si produce nel momento stesso in cui si realizza l’incontro dei consensi, indipendentemente poi dal fatto che la cessione vada a buon fine. La circostanza che, salvo patto contrario, la cessione avvenga eventualmente ‘pro solvendo’ e che ai sensi dell’art. 1198 c.c. quando in luogo di adempimento è ceduto un credito, l’obbligazione si estingua con la riscossione del credito, se non risulta una diversa volontà delle parti … non toglie che, per effetto della cessione, si determina l’immediato depauperamento del patrimonio della società fallita, con sottrazione del credito alla garanzia dei creditori. Gli effetti penali derivano direttamente dai profili civilistici della cessione del credito, che – anche se stipulata a scopo di garanzia – comporta il medesimo effetto (tipico della cessione ordinaria), immediatamente traslativo del diritto al cessionario, e ciò tanto nella ipotesi di ‘cessio pro solvendo’ che di ‘cessio pro soluto’ … L’esclusione di tale [continua ..]
Un breve cenno all’estinzione del delitto per decorso del tempo, ragguaglio che si impone alla luce dell’oscillazione mostrata dalla SC. nella propria giurisprudenza. Afferma la Corte di Cassazione [61] che «il ruolo rivestito dalla sentenza dichiarativa di fallimento nelle fattispecie di bancarotta prefallimentare – compresa la bancarotta preferenziale – si riflette sull’individuazione del relativo tempus commissi delicti: si è così precisato che la data di commissione del reato di bancarotta fraudolenta coincide normalmente, tranne che per le ipotesi di bancarotta postfallimentare, con quella di dichiarazione del fallimento, che è un elemento costitutivo del reato e non una condizione oggettiva di punibilità», sicché «tale reato si concretizza in tutti i suoi elementi costitutivi solo nel caso in cui il soggetto che abbia commesso anche in precedenza attività di sottrazione dei beni sia dichiarato fallito» [62]. «Il principio ha trovato puntuale conferma con riguardo al termine di efficacia dei provvedimenti relativi all’applicazione dell’amnistia o indulto (Sez. 5^, n. 7814 del 22/03/1999, Di Maio ed altri, Rv. 213867), in tema di determinazione della competenza per territorio (Sez. 5^, n. 1935 del 19/10/1999, Auriemma, Rv. 216433) e in riferimento all’estinzione del reato per prescrizione: infatti, dal principio di diritto in forza del quale la sentenza dichiarativa di fallimento è un elemento costitutivo del reato di bancarotta fraudolenta, con la conseguenza che fatti altrimenti irrilevanti sul piano penale o, comunque, integranti altri reati possono essere considerati lesivi degli interessi dei creditori ed incidenti negativamente sul regolare svolgimento dell’attività imprenditoriale, tanto da essere specificamente perseguiti penalmente, deriva che la prescrizione decorre dal momento della consumazione del reato e, quindi, nella specie, dalla sentenza dichiarativa di fallimento (Sez. 5^, n. 46182 del 12/10/2004, Rossi ed altro, Rv. 231167; Sez. 5^, n. 32164 del 15/05/2009, Querci, Rv. 244488, in tema di bancarotta fraudolenta impropria). È, dunque, in questo quadro che va collocata l’affermazione generale – riferibile anche alla bancarotta preferenziale – delle Sezioni unite di questa Corte secondo cui “la bancarotta pre-fallimentare si consuma nel momento e [continua ..]
La relazione che corre tra creditore e debitore suppone la pluralità dei soggetti interagenti nella vicenda in esame. Non si tratta, tuttavia, di un concorso obiettivamente necessario dell’“extraneus” nel reato proprio del debitore: non è statuito, invero, che la condotta di quest’ultimo comporti ineluttabilmente la responsabilità del destinatario del pagamento e, per converso, non è logicamente sostenibile che, senza il concorso consapevole del creditore, non sia proponibile l’azione connotata da preferenzialità. Non può, peraltro, negarsi che la situazione ponga il creditore favorito nell’area del sospetto di essere autore (o promotore) di un’azione preferenziale, attesa la prassi che raramente vede l’atto del debitore assunto in via assolutamente autonoma e spontanea, senza alcuna sollecitazione del creditore: certamente la sollecitazione sproporzionata rispetto al comune sentire, del pagamento illecito, nella consapevolezza della sua preferenzialità, sancisce la penale responsabilità del creditore così soddisfatto [65]. Non vi sono, invece, soverchie perplessità nell’ipotizzare il concorso del creditore artificiosamente avvantaggiato nell’attività di ‘simulazione dei titoli di prelazione’, materialmente realizzata dal debitore e di cui egli si giova, trattandosi di condotta in sé connotata da piena consapevolezza di simulazione e di consenso al risultato proscritto dalla norma [66]. L’immediato richiamo è all’esposizione o riconoscimento di passività inesistenti che è pure formalmente contemplato dall’art. 216 legge fall. Il precetto sottende la violazione delle pretese della massa dei creditori non quale esito dell’indebita diminuzione del patrimonio concorsuale, bensì per l’artificiosa ipertrofia assegnata al gravame passivo, manovra che riduce la giusta spettanza in sede di riparto [67]. Delicata è la riflessione relativa al ‘pagamento’. È diritto di chiunque chiedere l’esazione dei propri crediti. Anzi, l’art. 1186 c.c. consente al creditore di esigere immediatamente la sua pretesa ove conosca l’insolvenza del proprio debitore. La disposizione cagiona, pertanto, una antinomia nel complessivo sistema concorsuale: quello che la norma civile consente, la legge [continua ..]
È l’elemento peculiare della fattispecie, quello che consente di escludere da essa l’adempimento del dovere negoziale dedotto dalle intese tra le parti ed, al contempo, configura il pregiudizio alla massa dei creditori quale momento strutturale della condotta e che diviene essenziale per circoscrivere una fattispecie penale che dispone di una estesissima potenzialità di applicazione, quanto all’ipotesi dei pagamenti preferenziali. Se essa non fosse corretta da una lettura logica giungerebbe a risultati assurdi. Il momento soggettivo del reato è costituito dal dolo specifico, ravvisabile quando l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a preferire intenzionalmente un creditore (od un novero ristretto), con concomitante riflesso, anche secondo lo schema tipico del dolo eventuale, nel pregiudizio per altri. La specificità della volontà illecita consiste nel favorire taluno («a scopo di favorire … taluno di essi (creditori)»), accompagnata dall’accettazione dell’eventualità del danno verso la restante massa creditoria. Una forma composita di volontà [74]. A ben vedere, tuttavia, la fattispecie contiene in sé elementi che implicitamente restringono il campo soggettivo: infatti, la rappresentazione dell’alterazione della “par condicio” non può che comportare la prospettazione di una procedura concorsuale e, quindi, la consapevolezza di una prossima o inevitabile dichiarazione di fallimento. Invero, la rappresentazione che il pagamento di un creditore impedisca o limiti assai il soddisfacimento di altri attesta – in sostanza – la coscienza di una estrema inadeguatezza patrimoniale verso il complesso degli impegni assunti ovvero una situazione di tensione finanziaria concretamente prossima alla crisi irreversibile (salvo apporti esterni, ipotizzabili soltanto in via eventuale e, comunque, non frutto della gestione). Dunque, la consapevolezza di un quadro certamente patologico. Sicché, è difficilmente contestabile la possibile evenienza (nonché la relativa rappresentazione in capo all’autore) di un possibile danno ai creditori è – in questa situazione – sostanzialmente immanente. Ciò che, invece, riesce più problematico e nient’affatto scontato è l’esistenza di un effettivo intento di favorire [continua ..]