Il mio intervento sarà focalizzato sul bilancio come strumento di reporting, ma il tema sarà esplorato in modo “ampio”, considerando tutta la comunicazione non finanziaria, la dimensione del cosiddetto non-financial reporting.
Il mio obiettivo è quello di ricondurre a un impianto concettuale la logica che sottende alla non-financial reporting con particolare riferimento agli aspetti che riguardano i lavoratori e più in generale la dimensione sociale dell’attività di impresa.
È noto che gli strumenti di rendicontazione si sono evoluti nel tempo, e sempre di più si sta andando verso obblighi di rendicontazione che portano le aziende – sicuramente quelle di più grandi dimensioni e più strutturate – ad andare verso una dimensione di bilancio “integrato”.
La sintesi del percorso che intendo portare e compimento è descritta nella figura 1.
Figura 1 – L’evoluzione del sistema del reporting aziendale
Si parte dal financial report – il bilancio – per il quale, come sappiamo, esistono principi contabili e giuridici molto chiari, sia nazionali che di natura internazionale. Questo strumento ha poco a che fare con la dimensione “lavoro”, piuttosto che “sociale” all’interno dell’azienda, se non ovviamente per i riflessi contabili del costo del lavoro degli altri oneri connessi con la salvaguardia dell’ambiente di lavoro e inerenti i processi formativi. In qualche caso (raro) per le attività di welfare aziendale.
Nel tempo si è passati a produrre delle evidenze reportistiche non obbligatorie che hanno a che fare con l’ambiente, inteso come ambiente fisico-naturale, attraverso la redazione di bilanci ambientali. Alcune istituzioni sovra-nazionali hanno nel tempo consigliato o imposto la redazione di veri e proprio bilanci ambientali. È il caso ad esempio delle previsioni del regolamento EMAS (Environmental Management and Audit Scheme), che, partito nel 1993 è stato rivisitato nel corso degli anni fino al 2017 [1]. Si tratta di un Regolamento europeo che individua certe prassi che devono essere seguite dalle aziende che decidono volontariamente di adottarlo (si tratta di un Regolamento ad adesione volontaria). Chi utilizza questa norma deve necessariamente produrre un bilancio di carattere ambientale, la cosiddetta Dichiarazione Ambientale, primo obbligo “normativo” in tema di informazioni verso l’esterno non di carattere finanziario, legate specificamente alla dimensione fisico-naturale. Non solo informazioni contabili inerenti la sfera economico-finanziaria, ma informazioni qualitative e quantitative di programma e di risultato connesse con la salvaguardia dell’ambiente.
In contesti aziendali nei quali è poco evidente la dimensione di impatto [continua..]