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1. Premessa - 2. Breve indagine in merito alla figura dell'inventore dei bitcoins - 3. Percorso diacronico del Bitcoin - 4. Cos'è un bitcoin - 5. Circolazione dei bitcoins - 6. Quanto vale una moneta senza Banca centrale - 7. Bitcoin e legalità - 8. Bitcoin e transazioni illegali - 9. Bitcoin e profili fiscali - 10. Normative antiriciclaggio, monitoraggio patrimoniale e fiscale - 11. Conclusioni - Note
“Quando spira il vento del cambiamento, alcuni erigono muri, altri mulini a vento”. Il sistema economico sta conoscendo uno sviluppo e una diffusione della tecnologia senza precedenti; in ogni campo, dall’industria all’agricoltura, dal commercio alla finanza, fino al diritto, gli strumenti più tradizionali tendono all’obsolescenza. Il progresso ha incrementato la sua portata con l’avvento di internet, di cui le sue – potenzialmente – infinite applicazioni sono evidenti. Internet, un mondo virtuale dove i concetti di “confine” e “Autorità” sono assai lontani dai paradigmi classici; uno strumento che sembrerebbe in grado di modificare radicalmente non solo le abitudini e le culture, ma anche intere strutture sociali, nondimeno quelle giuridiche. La critica afferma che “il treno della tecnologia corre più velocemente di quello normativo” e, sovente, come le ultime esperienze confermano, gli interventi normativi volti a disciplinare le nuove figure create dal progresso tecnologico, sono tardivi e solitamente incapaci di raggiungere efficacemente lo scopo di razionalizzare al meglio le stesse innovazioni con i principi generali dell’ordinamento giuridico di riferimento. Di fronte a tale discrepanza, si assiste al proliferare di strumenti sempre nuovi e, per questo, sempre meno conosciuti ai principi che regolano le società, tra cui anche quelle definite “moderne”. Senza dilungarsi, tra i numerosi esempi di quanto si sta scrivendo, uno –tra quelli più interessanti e innovativi, tanto che vi è chi sostiene che sarà in grado di operare un cambiamento più grande di quello portato dalla nascita dello stesso internet [1]– sono le criptomonete, tra cui l’invenzione di quella – particolare – moneta elettronica conosciuta come Bitcoin [2]. Si deve subito precisare che, benché i BTC (sigla della valuta Bitcoin) siano certamente la moneta virtuale più conosciuta, essi non sono stati comunque l’unico esempio in tal senso: sotto un profilo diacronico si possono citare le esperienze di eGold (1996), WebMoney (1998), Liberty Reerve (2006) [3]; inoltre in circolazione vi sono diverse criptomonete, quali il PPcoin (PPC) e il Litecoin (LTC), che utilizzano algoritmi e formule [continua ..]
Prima di entrare nel vivo della trattazione e di indagare, dunque, in cosa consistano esattamente i bitcoins, si ritiene opportuno affrontare in via preliminare un’indagine relativa alla storia del suo fondatore, che risultava, prima della scoperta, avvolta nel mistero. Il documento che è stato presentato su bitcoin.org la notte di Halloween del 2008 [8], che conteneva il fondamento teorico della moneta virtuale, il codice (Bitcoin) e la prima versione del software (è un software open source) portava la firma di un certo Satoshi Nakamoto. Si tratta di un nome che, tuttavia, ancora oggi, non è ricondotto ad alcun soggetto determinato; anzi, non sono pochi coloro che ritenevano che, sotto questo pseudonimo, si celava in realtà una vera e propria equipe di esperti di informatica/economia. Le uniche tracce tangibili dell’esistenza di Satoshi Nakamoto risalgono alle sue conversazioni sui vari forum dedicati ai bitcoins, che però, dall’11 aprile 2011, nel pieno dell’esplosione del fenomeno da “lui” ideato [9], non diede più notizie di sé. Naturalmente, sul tema si sono sviluppate diversi ipotesi, ma nessuna dotata di prove concrete. A esempio, secondo alcuni esperti, il codice usato per i bitcoins è piuttosto semplice (la prima versione era compatibile solo per Windows), ciò che dovrebbe far presumere che il suo programmatore non fosse tale di professione, ma più probabilmente un appassionato con grandi conoscenze di crittografia e di reti peer to peer [10]. Altri ancora hanno analizzato le sue stesse conversazioni sui forum per cercare, tramite il linguaggio dallo stesso utilizzato, quantomeno di circoscrivere il perimetro geografico di ricerca, riscontrando però una grande varietà di inflessioni dialettali, dall’utilizzo di espressioni tipiche dello slang americano a modi di dire assolutamente britannici (ciò che ha, per alcuni, fatto ritenere, che non si trattava di una persona singola, ma di una pluralità di programmatori). Nemmeno l’indirizzo email fornito da Satoshi Nakamoto alle varie mailing lists da lui utilizzate (come “SourceForge” o “crittografia”) è servito a rintracciare il suo effettivo indirizzo IP. Ancora, a discapito del nome [continua ..]
Sebbene l’evoluzione della rete bitcoin copra circa otto anni di vita, l’ingresso di questo nuovo strumento ha avuto un impatto rilevante – “currency has the same function as regular ‘cash’” [15] –, i cui corollari sono però ancora da studiare e/o ancora da manifestarsi. Pur lasciando al prosieguo della trattazione l’esame degli aspetti più critici, è però possibile, già in queste prime pagine, ricostruire la storia dei bitcoins e citare alcune importanti circostanze che hanno contribuito a richiamare l’interesse sia dei consumatori, che delle Autorità governative e non. A seguito della sua nascita, i bitcoins hanno conosciuto un periodo di due anni di “rodaggio” nel quale l’utilizzo di questo strumento era limitato a pochissimi, mentre il resto della popolazione ne è restata per lo più esclusa, rectius, all’oscuro. Tuttavia, i bitcoins riuscirono a raggiungere in breve tempo il grande pubblico, che iniziò a farne un timido uso; il primo acquisto in qualche modo “registrato” con BTC è stato effettuato da Laszlo Hanyecz, un programmatore informatico della Florida che, il 21 maggio 2010, acquistò una pizza per la cifra di 10.000 BTC [16]. Parallelamente alla sua diffusione come mezzo di pagamento, anche l’interesse e le perplessità delle Autorità crescevano di pari passo; in particolare, come meglio si preciserà più avanti, molti rischi erano rappresentati dal fatto che, trattandosi di fenomeno virtuale, il suo ideatore non aveva stabilito un valore inziale, lasciando libertà alla rete e al mercato di stabilire il suo controvalore in danaro, trattandosi di strumento svincolato dalle Banche centrali e dalle politiche economiche degli Stati sovrani. Per questo, molto presto il fenomeno Bitcoin fu associato a quello del dark web e, in particolare, al sito SilkRoad, ossia una sorta di Ebay nel quale, però, le merci e i servizi commercializzati consistono, per lo più, in attività illecite. In quel periodo, il fenomeno Bitcoin subiva un brusco arresto, soprattutto per mano delle stesse Autorità che, da più parti, iniziavano a manifestare le loro perplessità. La prima a pronunciarsi fu [continua ..]
Come detto, per comprendere nel dettaglio la struttura e il funzionamento di questo [33] fenomeno sono necessarie delle conoscenze informatiche [34]; tuttavia, si cercherà di spiegare cosa sia un bitcoin senza entrare eccessivamente negli aspetti più tecnici del fenomeno. Mutuando la definizione data da Wikipedia [35], il Bitcoin è una moneta elettronica che, invece di essere assoggettata a un ente centrale come una banca, utilizza un database distribuito tra i nodi della rete che tengono traccia delle transazioni, sfruttando lacrittografia per gestire gli aspetti funzionali, come la generazione di nuova moneta e l’attribuzione di proprietà dei bitcoins [36]. In sostanza, i bitcoins sono dei semplici files crittografati che contengono informazioni sul loro ammontare; per risolvere il problema dell’autenticazione e l’accesso al file, ogni bitcoin è legato a una coppia di codici, dette “chiavi crittografiche”: una chiave è privata, nel senso che la conosce solo il proprietario, l’altra invece è pubblica e permette la ricezione della moneta [37]. A differenza delle normali valute, che vengono stampate e messe in circolazione da Autorità centrali (gli Stati stessi o le Banche centrali, che dunque ne gestiscono l’emissione e, in questo modo, ne monitorano quantità e valore), il bitcoin è generato direttamente dai soggetti privati attraverso un software per crearli, chiamato Bitcoin Miner. Creare un bitcoin è un procedimento complicato, o meglio a complessità progressiva: in sostanza, vi sono algoritmi che provvedono alla loro creazione; il programma Bitcoin Miner fornisce al PC dei problemi matematici da risolvere. Alla conclusione di ogni problema il software genera, potremmo dire come “premio”, un blocco di bitcoins, secondo un’operazione nota come “mining” [38]. La risoluzione degli algoritmi non è tuttavia un’operazione fine a sé stessa: trattandosi di files digitali, gli stessi BTC potrebbero essere duplicati e, di fatto, usati due o più volte; il prblema è stato risolto attraverso il fatto che il software è condiviso tra i vari utenti nel mondo e, la [continua ..]
Analizzati i caratteri generali, è ora possibile cercare di comprendere le modalità attraverso le quali tale strumento [47] circoli tra gli utenti [48]. Per utilizzare i bitcoins è necessario scaricare l’apposito software e creare un account su uno dei tanti siti che svolgono la funzione di interfaccia, all’interno dei quali è possibile creare un “portafoglio elettronico” (c.d. wallet) nel quale viene conservata la propria valuta digitale. Nel wallet è indicato il saldo dei bitcoins a disposizione, il resoconto delle operazioni o delle transazioni e tutti gli altri indirizzi creati nella rete peer to peer con il codice dei bitcoins che si può utilizzare per scambiare BTC con gli altri utenti. Come anticipato, oltre all’account e al portafoglio elettronico, ogni fruitore del sistema dei bitcoins possiede anche un sistema di chiavi, una pubblica e una privata [49]: la prima costituisce l’identificativo dell’utente del network, ma non fornisce alcuna informazione riguardo il legittimo proprietario, conferendo così la possibilità, nonostante ogni transazione sia tracciata, al reale proprietario, di rimanere anonimo [50]. La chiave pubblica permette pertanto solamente di individuare l’indirizzo virtuale al quale la moneta elettronica deve essere inviata per la transazione. La chiave privata, invece, serve ad autorizzare il pagamento all’utente proprietario di quella determinata chiave pubblica [51]. Quando un utente decide di operare una transazione (più semplici risultano i classici pagamenti web, attraverso PayPal o carta di credito) e, in particolare, nel momento in cui si trasferisce BTC a un altro indirizzo della rete, il software bitcoin invia un messaggio agli altri computer della rete peer to peer, informando tutti gli utenti che un certo valore in bitcoins sta per essere trasferito da un indirizzo a un altro. Gli stessi utenti possono anche verificare che per l’accettazione del pagamento sia stata usata la chiave corretta. Avvenuta la transazione, il cybercoin trasferito non può più essere nuovamente utilizzato dall’utente che ha effettuato il pagamento (proprio perché dall’elenco delle transazioni risulta l’avvenuto [continua ..]
La prima caratteristica che attira l’attenzione di chi si avvicina allo studio del sistema Bitcoin è certamente quella, già anticipata, dell’essere la produzione dei bitcoins completamente svincolata da qualunque controllo da parte di un’Autorità centrale, in quanto prodotta, attraverso il mining, privatamente dagli stessi utenti che ne usufruiscono. Tale caratteristica ha delle ripercussioni non indifferenti rispetto alla politica monetaria: se non esiste un ente predisposto al controllo dell’emissione della valuta, chi o che cosa decide quanto vale un bitcoin? Come si sa, le valute tradizionali sono prodotte da un’Autorità centrale (se si pensa al caso dell’Unione Europea, la Banca Centrale Europea [54]) che, in quanto tale, è in grado di direzionare, programmare e mantenere sotto controllo il valore della moneta in base alla quantità di banconote che vengono emesse. A esempio, un’Autorità centrale che intenda svalutare la propria moneta (come accadeva all’Italia con la Lira) potrebbe decidere di aumentarne la produzione e sfruttare poi le leggi sulla domanda e l’offerta per far diminuirne il valore, oppure, se volesse apprezzare la propria moneta, diminuirne l’emissione in commercio allo scopo di aumentarne il valore. Il Bitcoin, più che di una moneta, sembra avere i caratteri di una merce “preziosa” o quantomeno limitata: la stessa struttura dell’algoritmo, sinteticamente analizzato nelle pagine precedenti, sembra voler riprodurre proprio le caratteristiche di estrazione del “raro metallo”. Il bitcoin, infatti, non può essere prodotto all’infinito, essendo stata stabilita una quantità massima (21 milioni di BTC, mentre, le normali valute potrebbero, anche se in via meramente ipotetica, essere prodotte all’infinito). Inoltre, lo stesso algoritmo è strutturato in modo che all’aumentare del numero di bitcoins in circolazione la loro generazione divenga progressivamente più complicata; il che è esattamente ciò che accade con l’oro, che esiste in quantità limitata e che, più se ne preleva, meno semplice diventa estrarne dell’altro [55]. La quantità di bitcoins è predeterminata dall’algoritmo, che è [continua ..]
Si rende ora necessario procedere con alcune considerazioni in merito agli effetti dell’ingresso di questo strumento all’interno dei sistemi economici e giuridici. Più in particolare, la domande più frequentemente poste sono: il Bitcoin, così ideato e così funzionante, è legale? Come potrebbe ragguagliarsi con la previsione dell’art. 1277 c.c. [58]? Rectius: la legge permette o vieta espressamente l’utilizzo o il possesso dei bitcoins? E se non lo fa, in che modo il Bitcoin è o può essere regolamentato? Si tratta di quesiti di non semplice risposta, sia perché il BTC ha un carattere altamente innovativo rispetto alle strutture giuridiche ed economiche tradizionali, sia perché, trattandosi di uno strumento utilizzabile attraverso il web, travalica ogni confine. Le risposte a queste domande possono essere diverse a seconda del contesto giuridico di riferimento. Nel panorama si registra una tendenza generale nel ricondurre i bitcoins a tre differenti fattispecie giuridiche: alcuni Paesi lo hanno considerato come valuta e pertanto soggetto all’imposta sulle plusvalenze in conto capitale sui depositi detenuti con intento speculativo; altri ancora come strumento finanziario e quindi soggetto alle imposte sull’eventuale capital gain; altri ancora come bene e in quanto tale soggetto al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto. Inoltre, trattandosi di un fenomeno relativamente nuovo, pochi sono gli studi che hanno avuto modo di occuparsi della problematica. Si procederà, in ogni caso, riunendo il materiale riscontrato in tema per delineare un quadro generale [59]. 7.1. Il Bitcoin e l’ordinamento degli Stati Uniti Per cominciare, un interessante studio sulla legalità dei bitcoins è stato portato avanti negli Stati Uniti, nel quale il funzionamento è stato messo in relazione alla disciplina sulla moneta [60]. Le prime considerazioni sulla legittimità dei bitcoins vengono condotte rispetto alla Costituzione americana, la quale attribuisce direttamente al Congresso [61] il potere di stampare moneta e di determinarne il valore; tuttavia, da un’attenta analisi, questo potere è espressamente vietato ai singoli Stati della Federazione, ma nulla è detto sull’eventualità che la [continua ..]
Nelle considerazioni preliminari svolte nella prima parte di questo contributo si è già avuto modo di anticipare i collegamenti che sussistono tra il BTC e alcune transazioni illecite che sono state favorite dalla diffusione del c.d. dark web; in questa parte, si cercherà di chiarire i termini della questione in modo generale. Per farlo, è preliminarmente necessario individuare la definizione di dark web e, prima ancora, delineare il concetto di deep web. Il deep web (la “rete profonda”) costituisce una sorta di web nascosto. Si tratta di tutte quelle pagine web che i c.d. crawlers (ossia i softwares normalmente usati dai motori di ricerca come Google per trovare i siti) non sono in grado di rilevare, per motivazioni di carattere tecnico che non è qui opportuno far emergere nel dettaglio (in generale, si tratta di pagine che non sono collegate ad altre pagine, web più visibili, o di pagine accessibili solo attraverso l’inserimento di una password). A dispetto di quanto si possa pensare, il deep web è molto più grande del web normale (costituisce infatti circa l’80% della rete informatica) [114]. Esiste poi una porzione del deep web che è ancora più complessa e difficile da raggiungere dagli utenti: per farlo è infatti necessario scaricare appositi softwares (il più noto è TOR [115]) che permettono di accedere a pagine che altrimenti, con i normali sistemi, risulterebbero inaccessibili. Inoltre, non è possibile effettuare nel dark web le tradizionali ricerche delle pagine web come per la rete tradizionale, ma è invece necessario conoscere l’indirizzo esatto a cui si vuole accedere, il quale ha, il più delle volte, un nome alfanumerico complesso. L’utilizzo di tali softwares ha altre caratteristiche di rilievo: in sostanza e senza voler entrare troppo nei dettagli tecnici che esulano dalla presente trattazione, entrando nel dark web attraverso TOR o un software equivalente, il pacchetto di dati che parte dal proprio indirizzo IP viene criptato e, invece di raggiungere la sua destinazione, viene continuamente “rimbalzato” da un server a un altro, rendendo praticamente impossibile a qualunque [continua ..]
Nel corso dei precedenti paragrafi sono già stati tratteggiati alcuni aspetti fiscali relativi ai BTC; il tema della tassazione di uno strumento già così diffuso e con prospettive di crescita, è di particolare rilevanza; è fondamentale, per gli operatori, per gli utilizzatori e, soprattutto, per i Governi comprendere le conseguenze dell’utilizzo e del possesso da una prospettiva fiscale. Già nel 2009 era emerso questo problema: l’Agenzia americana Internal Revenue Service (IRS), infatti, aveva rilevato che eventuali redditi derivanti dalle economie virtuali, dovessero essere tassati secondo le leggi vigenti per ogni altro tipo di introito [120]. Il rischio stava appunto nel fatto che sistemi di pagamento digitali completamente anonimi potessero favorire l’evasione fiscale. In realtà, però, il BTC è ancora di coniazione troppo recente perché si possa riscontrare una compiuta disciplina sulla loro tassazione [121]. Si è già dato conto dell’intento del Governo canadese, che ha individuato il problema della tassazione dei BTC a seconda del “doppio utilizzo” che di esso può essere fatto: da un lato l’acquisto di merci o servizi, dall’altro la mera speculazione sul variare del valore della moneta elettronica. Lo Stato canadese ha così pensato di adottare la tassazione prevista per la permuta (ossia lo scambio di res con res) nel caso di acquisto tramite BTC e l’imposizione prevista per gli strumenti finanziari in caso di speculazione. Nella Repubblica di Estonia, le Autorità fiscali hanno momentaneamente previsto che per le transazioni che coinvolgono BTC si applica l’aliquota IVA standard del 20% [122]. Nel Regno Unito invece, si rileva una sensibilità opposta, in quanto si afferma che il fenomeno non è attratto dalla normativa IVA [123]: devono essere rispettati gli adempimenti ai fini della lotta al terrorismo e all’evasione fiscale, ma non è considerato un servizio di finanziamento. Nel 2015 la Corte di giustizia dell’Unione Europea [124], il 15 ottobre 2015, ha emesso una sentenza che ha statuito l’esenzione dei bitcoins e delle altre criptovalute dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto. Purtroppo, sul tema non solo la legislazione, ma anche la [continua ..]
Qualunque delle ipotesi venga scelta per inquadrare giuridicamente le criptomonete, ci si dovrà soffermare anche sulle tematiche relative al monitoraggio fiscale. Infatti, nel caso in cui un individuo detenesse BTC in un portafoglio online fornito da una piattaforma ubicata oltre confine, potrebbe far sorgere l’obbligo di compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi secondo il modello UNICO, specificando natura e ammontare dei valori detenuti all’estero sia ai fini di monitoraggio, che impositivi attraverso l’IVAFE (con le relative regole di tassazione e di indicazione) [133]. Per quanto riguarda invece la normativa antiriciclaggio, anche nel caso di possesso di BTC si potrebbe applicare il concetto di “titolare effettivo” [134], che sarebbe obbligato a tutti gli adempimenti sopracitati senza possibilità di schermatura da parte di individui terzi al fine di occultare le proprie posizioni patrimoniali [135]. Per di più, il monitoraggio bancario e il controllo delle operazioni oltre confine potrebbe renderebbe necessaria la denuncia nella dichiarazione dei redditi di ogni transazione verso le agenzie di exchange, soprattutto se si decidesse di conservare i BTC nel portafoglio offerto dalle stesse creando delle “riserve estere” di criptovaluta. Allo stesso modo, qualora si decidesse di convertire una riserva estera in BTC per poi riconvertire la somma in valuta legale, l’operazione o il reddito generato povrebbe essere dichiarato ai fini impositivi e di monitoraggio. In conclusione, non sembra che il BTC e le criptovalute in generale siano in grado di sottrarsi alle normative del monitoraggio fiscale e dell’antiriciclaggio, proprio grazie al necessario punto di contatto tra la valuta legale e quella virtuale, ovvero gli exchange; resta indubbia la maggiore difficoltà sia per il cittadino, che per lo Stato nel rispettare le normative e farle rispettare, alla luce delle caratteristiche intrinseche delle criptomonete.
L’ingresso nell’economia del BTC sta mobilitando sempre più l’opinione pubblica, le Autorità e gli economisti; il panorama dei possibili risvolti di tale innovazione è ancora troppo sfocato per riuscire a comprenderlo con chiarezza. Inoltre, la diffusione del BTC in assenza di una regolamentazione ad hoc rende ancora più sfumato l’orizzonte. Quello che emerge però è che non si tratta né di un fenomeno di poco conto, né passeggero. Si è visto che la posizione delle Autorità governative e delle Banche centrali non è univoca; la necessità di intervenire con una normazione esaustiva si scontra con l’impossibilità di collocare il BTC all’interno di un sistema economico che non lo prevede, ma che potrebbe essere profondamente condizionato da esso. Inoltre, alcune Istituzioni lo ritengono uno strumento ancora “giovane” e dagli sviluppi ancora imprevedibili perché la situazione possa ritenersi matura per un intervento normativo. Tuttavia, mentre le Autorità attendono, il BTC continua la sua fase di evoluzione e sviluppo, entra nelle case dei cittadini, nelle aziende, negli esercizi commerciali, nelle transazioni on-line e così via [136], coinvolgendo un numero sempre più importante di soggetti e andando a incidere su aspetti sempre più diversi del diritto e dell’economia. Lo si è visto in riferimento all’inquadramento giuridico (che ancora manca), in riferimento alla mancanza di un ente centrale di controllo (che preoccupa), in relazione ai legami con le transazioni illecite (che spaventa) e, in ultimo, con particolare riguardo al tema della tassazione (che incrementa ancora i dubbi, ma interessa) [137]. È pur vero che non manca chi, soprattutto tra gli informatici, ritenga più opportuno che il BTC resti una zona inesplorata, di modo che la sua assoluta libertà ne affermi il carattere di indipendenza; è altrettanto vero, però, che l’assenza di regole si porta dietro come conseguenze molti altri fattori negativi, primo fra tutti la tutela del consumatore dai danni derivanti da attacchi di hackers o da chiusure repentine dei siti di exchange (come successo con Mt.Gox), ma anche il rischio di una proliferazione delle transazioni illegali, [continua ..]