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1. Le origini degli strumenti finanziari derivati - 2. Le definizioni - 3. Le caratteristiche degli strumenti finanziari derivati - 4. I contratti di Interest Rate Swap - 5. La clausola floor - 6. Lusura - 7. La consulenza tecnica - NOTE
[1] La dottrina statunitense, operando una (forzatissima) ricostruzione, arriva ad identificare una forma embrionale di contratto su derivati addirittura nella Bibbia (Genesi, 29), ossia 1700 anni a.C.: si narra, infatti, che Giacobbe acquistò da Labano, padre dell’affascinante Rachele, l’opzione di sposare quest’ultima in cambio di sette anni di lavoro e che, al termine dei sette anni, Labano gli diede in moglie, in luogo della figlia Rachele, l’altra sua figlia Lia, dal volto “smorto”. Tuttavia, fortemente intenzionato a sposare (anche) Rachele, della quale era perdutamente innamorato, Giacobbe ottenne da Labano una seconda opzione, ossia il diritto di sposare la donna in cambio di altri sette anni di lavoro gratuito. Volendo fornire al passo delle Sacre Scritture appena richiamato una lettura in chiave finanziaria, è possibile ravvisare in esso lo schema contrattuale di base tipico dello strumento finanziario derivato, ossia di un contratto stipulato tra due parti per la vendita e l’acquisto, ad una determinata data futura, di un bene, cd. “sottostante”, dal quale dipende il valore del derivato, ad un prezzo determinato, oltre ad un chiaro esempio di default, essendo stato Giacobbe costretto a pagare il doppio del prezzo convenuto per il trasferimento del “sottostante” (Rachele), a causa del deprezzamento nel tempo del lavoro. Una forma di negoziazione di diritti di opzione può essere ricondotta anche a Talete, quest’ultimo ritenuto il fondatore dell’astronomia greca: in un aneddoto – attribuibile al filosofo greco Aristotele –, si riferisce come Talete, consultando gli astri, abbia potuto prevedere il buon successo del raccolto delle olive e assicurarsi dagli agricoltori, per la stagione successiva, il diritto di utilizzare la loro produzione (e i loro frantoi), attraverso il pagamento di un premio. L’astrologo riuscì così a rivendere il raccolto agli agricoltori ad un prezzo ben superiore a quello previsto per il diritto acquistato, traendone profitto. Nel 1164, Genova, in cambio di un anticipo immediato, cedette all’istituto bancario Monte, le proprie entrate fiscali future di alcuni anni; è questo il primo esempio di contratto derivato stipulato da un ente locale. Tuttavia, è solo in epoca moderna, nel sedicesimo e diciassettesimo secolo, che – con la nascita dei primi mercati [continua ..]
2.1. La definizione di strumento finanziario derivato 2.1.1. Le fonti normative. La disciplina interna Nell’ordinamento giuridico nazionale, si rinviene una definizione di “strumento derivato” nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza): in particolare, l’art. 1, comma 2-ter, recita che «Nel presente decreto legislativo si intendono per: a) “strumenti derivati”: gli strumenti finanziari citati nell’Allegato I, sezione C, punti da 4 a 10, nonché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1-bis, lettera c)». Le fattispecie richiamate dal T.U.F. e citate nell’Allegato I, sezione C (rubricata “Strumenti finanziari”), sono le seguenti: i. «Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, quote di emissione o altri strumenti finanziari derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti» (punto 4); ii. «Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward»), e altri contratti su strumenti derivati connessi a merci quando l’esecuzione deve avvenire attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in contanti a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto» (punto 5); iii. «Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» ed altri contratti su strumenti derivati connessi a merci che possono essere regolati con consegna fisica purché negoziati su un mercato regolamentato, un sistema multilaterale di negoziazione o un sistema organizzato di negoziazione, eccettuati i prodotti energetici all’ingrosso negoziati in un sistema organizzato di negoziazione che devono essere regolati con consegna fisica» (punto 6); iv. «Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti [continua ..]
È di facile intuizione, sulla base di quanto si è sin qui avuto modo di esporre, come gli strumenti finanziari derivati possano essere classificati sulla base di diversi criteri. Innanzitutto, dalla tipologia di sottostante (underlying asset) discende la distinzione tra commodity derivatives, nei quali il sottostante è rappresentato da un’attività di natura reale (i.e. merci e commodities), e financial derivatives, nei quali il sottostante è un’attività di natura finanziaria (i.e. azioni, obbligazioni, valute, strumenti finanziari derivati). Sulla base degli impegni assunti dalle parti, i derivati si distinguono – inoltre – tra derivati simmetrici (o forward-based) e derivati asimmetrici (o option-based). Nel primo caso, entrambe le parti del contratto (acquirente e venditore) si impegnano ad effettuare una prestazione alla data di scadenza e più precisamente: • le parti hanno l’obbligo di porre in atto quanto dalle stesse convenuto; • una parte assume il ruolo di venditore a termine (cd. short position) e l’altra parte assume il ruolo di compratore a termine (cd. long position); • al guadagno di una delle parti corrisponde simmetricamente la perdita dell’altra, con un rischio che può gravare su entrambe le parti in modo perfettamente equivalente. Di contro, nei contratti derivati asimmetrici il compratore, attraverso il pagamento del premio, acquista il diritto di decidere, in o entro una data futura prestabilita, se acquistare o meno il bene sottostante, mentre il venditore è obbligato a soddisfare la volontà del compratore; in altri termini: • al momento della sottoscrizione del contratto, le parti individuano le condizioni di una transazione futura che è possibile abbia luogo ma di cui non vi è la certezza; • il venditore dell’opzione può subire perdite potenzialmente illimitate e avere un guadagno limitato al massimo al premio ricevuto all’atto della sottoscrizione, mentre l’acquirente può ottenere un guadagno potenzialmente illimitato – nell’ipotesi in cui la variabile di mercato a cui il derivato è legato sia favorevole – e subire una perdita limitata al premio pagato – nell’ipotesi in cui decidesse di non esercitare [continua ..]
4.1. Caratteristiche generali Come si è in precedenza avuto modo di illustrare, il contratto swap si configura come un contratto derivato simmetrico, comunemente negoziato nel mercato “over the counter” (essendo solitamente negoziato tra un’impresa privata e un intermediario finanziario), con il quale due parti si impegnano a scambiare tra di loro, a intervalli predefiniti e secondo uno schema prefissato, delle somme di denaro calcolate applicando allo stesso capitale – denominato nozionale – due differenti parametri riferiti a due diverse variabili di mercato. La tipologia più comune di contratto derivato swap è l’Interest Rate Swap (I.R.S.), anche detto contratto di swap su tassi di interesse. L’I.R.S. viene definito dal principio contabile nazionale O.I.C. 32 come «un contratto attraverso il quale due parti si scambiano, in date stabilite e per un periodo di tempo prefissato, flussi di segno opposto determinati applicando ad uno stesso capitale nozionale due diversi tassi d’interesse». In altre parole, esso si configura come un accordo attraverso cui due soggetti si scambiano, ad intervalli futuri – contrattualmente predeterminati – e per un determinato periodo di tempo (pari alla durata del contratto) due diversi insiemi di flussi di cassa, rappresentati dagli interessi calcolati sul capitale di riferimento, ossia sul nozionale che, pertanto, non è oggetto di scambio. Le tipologie di swap su interessi sono varie, ma nello schema più elementare le controparti si scambiano due flussi di interessi, calcolati utilizzando, per una parte, un tasso fisso (“fixed rate”) e, per l’altra, un tasso variabile (“floating rate”), applicati sempre ad uno stesso nozionale. Se non sono presenti elementi di strutturazione e il nozionale è espresso nella stessa divisa, lo swap viene chiamato “Plain Vanilla” (v. infra per un esempio di Swap Plain Vanilla). Per convenzione, viene definito compratore dell’I.R.S. il soggetto che incassa il tasso variabile e paga il tasso fisso, mentre è definito venditore dell’I.R.S. il soggetto che incassa il tasso fisso e paga il tasso variabile. L’I.R.S. si configura, pertanto, come un contratto nel quale le controparti assumono [continua ..]
Nei contratti di finanziamento, è spesso presente la clausola cd. di tasso minimo (clausola floor), che prevede un limite percentuale al di sotto del quale, nel corso dell’intera durata del contratto, il tasso dovuto dal mutuatario non può scendere, pur in presenza di un’effettiva riduzione dell’indice di riferimento che, generalmente, è rappresentato dall’Euribor a tre o sei mesi. Con tale clausola, l’istituto bancario è, pertanto, in grado di garantirsi un rendimento minimo, in termini di interessi corrisposti dal cliente, in ipotesi di riduzione al di sotto della soglia minima del tasso parametro variabile cui il finanziamento è indicizzato, contro un beneficio economico (apparentemente) nullo per il cliente. La clausola floor tende ad essere dalla dottrina assimilata ad un derivato implicito e, nel tempo, è stata oggetto di contestazioni, in quanto ritenuta abusiva o vessatoria, stante l’iniquità che essa determina tra le due parti contrattuali. Le problematiche connesse alla presenza in contratto della clausola floor sono sostanzialmente due: • profili di invalidità del contratto complessivo; • rilevanza della clausola floor ai fini dell’usura. Con riferimento alla prima problematica, la presenza della clausola di tasso minimo potrebbe determinare alternativamente le seguenti conseguenze: • il contratto nel suo complesso è nullo in assenza di contratto quadro; conseguentemente, gli interessi non sono dovuti; • il contratto nel suo complesso è valido, indipendentemente dal contratto quadro e, pertanto, gli interessi sono dovuti; • il contratto è valido, ma è nulla la clausola floor; gli interessi sono dovuti, ma con disapplicazione di quest’ultima. La soluzione sembra debba essere ricercata nella disciplina applicabile al “contratto misto” o, alternativamente, a quella applicabile al cd. “collegamento negoziale”. Il contratto misto (negozio unitario) è un contratto atipico che si caratterizza per la presenza di clausole riferibili a diversi schemi contrattuali; mentre il collegamento negoziale si contraddistingue per la combinazione di più contratti distinti e dotati di autonoma causa, diretti ad uno stesso fine, ossia al perseguimento di un interesse unitario. Secondo [continua ..]
6.1. Cenni storici I derivati sono stati utilizzati per aggirare le norme anti-usura già in tempi lontani. Così fece, ad esempio, Russell Sage, un finanziere statunitense (1816-1906), il cui patrimonio alla fine del 1800 raggiunse i 100 milioni di dollari e che svolse un ruolo di rilevo nello sviluppo delle ferrovie statunitensi, divenendo Presidente di oltre venti società ferroviarie. Egli accumulò parte della sua fortuna non solo con operazioni da Investment Banker sulle ferrovie, ma anche con operazioni di borsa (ad esempio, utilizzò la tecnica delle vendite allo scoperto – appresa da Jacob Little – per sfruttare il panic selling del 1857). Nel 1867, Russell Sage venne accusato di essere il leader del “circolo dell’usura” (usury ring) e venne arrestato, insieme ad altri nove uomini d’affari: egli aveva concesso ad un broker un prestito mensile ad un tasso annuo del 7%. Non in grado di restituire il capitale preso in prestito, il broker chiese una dilazione di un mese a Russell Sage, che acconsentì alla richiesta, aumentando il tasso in misura pari all’1%, a titolo di mora. La maggiorazione fece superare al tasso d’interesse il livello massimo del 7% e Russell Sage venne ritenuto colpevole di aver violato la legge anti-usura dello Stato di New York. Dalla condanna, Russell Sage si rese conto della necessità, al fine di poter continuare a prestare denaro a tassi superiori a quelli massimi previsti dalle norme anti-usura, di modificare il suo modus operandi e, avendo ben appreso il funzionamento delle opzioni, tanto da essere considerato il “padre” (father) di call e put, cominciò ad utilizzarle per mascherare i prestiti di denaro a tassi usurai. 6.2. Le fattispecie Nell’intento di spiegare come i contratti derivati possano, oggi, integrare il reato di usura, si propone l’esame della seguente ipotesi concreta, piuttosto ricorrente: • una volta sottoscritto un contratto derivato e prima della sua naturale scadenza, il cliente viene contattato dalla banca, la quale lo avverte che il derivato in quel momento ha un valore di mercato (mark to market) negativo; • la banca propone, quindi, due soluzioni: subire la perdita oppure rimodulare a costo zero (ossia stipulare un nuovo [continua ..]
Come in precedenza esposto, il contratto Interest Rate Swap Plain Vanilla si caratterizza per lo scambio, tra le due parti contrattuali, di flussi di pagamenti di interessi calcolati utilizzando un tasso fisso contro uno variabile, questi ultimi applicati a un capitale nozionale di riferimento. Come anche esposto, il contratto Interest Rate Swap Plain Vanilla è tale solo in assenza di elementi di strutturazione. Normalmente i contratti stipulati tra banca e cliente presentano clausole contrattuali non standard con elementi di strutturazione – in alcuni casi anche estremamente complessi –, discostandosi così dalla tipologia “Plain Vanilla”. Il valore di un contratto derivato è rappresentato dal mark to market; quest’ultimo è pari al valore attuale dei flussi finanziari attesi correlati al contratto derivato, i quali dipendono dall’andamento dei parametri contrattuali e, in particolare, dall’evoluzione dei tassi di interesse [5]. Al momento della sottoscrizione del contratto derivato, la somma dei pagamenti attesi attualizzati del cliente dovrebbe essere pari alla somma dei pagamenti attesi attualizzati della banca, con mark to market pari a zero. Tuttavia tale situazione ricorre solo in presenza di una controparte molto forte per la banca ed è frequente nella realtà la sottoscrizione di contratti derivati il cui mark to market è negativo per il cliente. È in tale circostanza che emerge l’applicazione da parte della banca di una commissione implicita nei confronti del cliente, con conseguente (spesso accentuata) componente di squilibrio a favore della banca. In un siffatto contesto, il consulente tecnico ha il compito di calcolare il mark to market del contratto alla data di stipula ed accertare se le eventuali commissioni implicite siano state rese note al cliente e, in caso affermativo, se le stesse siano proporzionali ai costi di struttura della banca e ad un eventuale margine di profitto per quest’ultima. Nel caso in cui a dover essere esaminato è un contratto swap non standard, il consulente tecnico dovrà procedere alla scomposizione in componenti elementari (unbundling) dello strumento derivato e alla determinazione del valore del mark to market di ciascuna componente elementare. Il valore complessivo dello strumento derivato [continua ..]