Articoli Correlati: crowdfunding
1. Il crowdfunding in pillole - 2. I modelli di crowdfunding esistenti - 3. Le tipologie di campagne di crowdfunding - 4. Cenni sulla normativa del crowdfunding equity-based - 5. Un'idea generale sui possibili costi di una campagna di equity crowdfunding - 6. Equity crowdfunding: quali gli scenari futuri? - Bibliografia - Note
Generalmente il crowdfunding [1] viene percepito come uno strumento a cui ricorrere per finanziare la realizzazione di un prodotto o di un servizio, oppure come metodo di raccolta fondi per le start-up. In realtà esistono diverse tipologie del c.d. “finanziamento della folla” [2] (dall’inglese “crowd”, folla, e “funding”, finanziamento). Il settore è relativamente giovane. Ha iniziato a diffondersi globalmente verso la fine del primo decennio degli anni Duemila grazie all’avvento di due player americani, Kickstarter [3] e Indiegogo [4]; anche se i primissimi first mover avevano già lanciato da qualche tempo le loro piattaforme, come – ad esempio – Produzioni dal Basso [5], portale italiano fondato nel 2005 e antesignano del fenomeno a livello mondiale. Volendo individuare una definizione di crowdfunding si può riportare la seguente: si tratta di una particolare tipologia di finanziamento dal basso che consente a chi ha delle idee o delle necessità di andare a soddisfare i propri fabbisogni di capitale online attraverso specifiche piattaforme per la raccolta fondi [6]. In Italia, a oggi, ci sono circa 120 piattaforme di crowdfunding attive [7], di cui una ventina sono dedicate all’equity crowdfunding. Nel 2015, in base ai dati disponibili [8], sono stati raccolti online circa 57 milioni di Euro attraverso tutte le diverse forme di finanziamento collettivo italiane. Per quanto riguarda il meccanismo di funzionamento del crowdfunding, si può ricordare che esso consiste in un sistema all’interno del quale un soggetto, il progettista (ossia colui che ha un’idea o una necessità), richiede ad una piattaforma di pubblicare il proprio progetto per un certo periodo di tempo e – in cambio – pagherà una commissione percentuale sul capitale che sarà effettivamente raccolto. A oggi, tale fee, si aggira mediamente intorno al 4-10%.
Nel 2012 sono stati codificati ed individuati per la prima volta quattro modelli principali di crowdfunding [9]: donation, equity, reward e social lending. Oltre a questi, si può inserire all’interno delle tipologie di base anche il royalty-based crowdfunding. Il donation-based [10] non è dissimile da una normale raccolta fondi online per una donazione. Il modello equity-based [11],invece, consiste nell’acquisto di una partecipazione nel capitale di una società attraverso specifiche piattaforme su Internet. Il reward-based [12], che è la forma di crowdfunding più diffusa, si estrinseca, nella sostanza, in una prevendita di un prodotto o di un servizio che saranno poi realizzati grazie ai capitali che verranno raccolti online. Al contrario il social lending [13], o semplicemente lending crowdfunding, rappresenta un prestito di denaro, sulla falsariga di un prestito bancario; ma la sua peculiarità risiede nel fatto che può essere il prestatore di denaro a scegliere dove investire il proprio capitale. Esistono, però, numerose piattaforme in cui il finanziamento avviene con meccanismi piuttosto simili a quelli del settore bancario. Infine il royalty-based [14], che – in letteratura – viene spesso classificato come sottocategoria del modello equity, è una tipologia di crowdfunding che si verifica quando chi lancia una campagna di raccolta fondi offre delle quote dei guadagni futuri relativi al singolo prodotto/servizio che viene finanziato. Negli ultimi anni sono nate altre tre forme di finanziamento collettivo che, nella pratica, si declinano in uno qualsiasi dei modelli descritti fin qui [15]. C’è innanzitutto il civic crowdfunding [16], ossia il finanziamento di progetti di pubblica utilità da parte dei cittadini stessi. C’è, poi, il corporate [17] crowdfunding che riguarda essenzialmente progetti di finanziamento dal basso realizzati da aziende. Infine vi è il do-it-yourself crowdfunding [18] che si differenzia dalle altre tipologie in quanto la raccolta fondi non avviene su una piattaforma già esistente in cui ci sono anche altri progetti, ma è colui che vuole lanciare una campagna che ricorrere ad un proprio sito o ad una specifica pagina web di sua proprietà; dunque, una sorta di [continua ..]
L’effettiva raccolta di fondi online [21] può avvenire in diversi modi, di cui i più diffusi sono: l’all-or-nothing ed il keep-it-all. Nella prima tipologia [22] il progettista che, ad esempio, richiede 5.000,00 Euro su di una piattaforma, otterrà il denaro raccolto solo se tale importo sarà uguale o superiore a 5.000,00 Euro, altrimenti non otterrà nulla. Diverso è il meccanismo per il keep-it-all [23]nel quale anche se la somma raccolta è inferiore all’ammontare che viene richiesto per la realizzazione di un progetto, in ogni caso, al progettista verranno accreditati tutti i fondi ricavati o donati dai suoi sostenitori. Per tali ragioni la tipologia all-of-nothing può essere preferibile per campagne del tipo reward relative alla prevendita di un prodotto o di un servizio; mentre il modello keep-it-all si addice di più alle raccolte di denaro per le donazioni. Si può altresì ricordare l’esistenza del modello all-and-more, dove all’aumentare del capitale che viene raccolto va contestualmente a diminuirsi la fee percentuale richiesta dalla piattaforma.
Per quanto riguarda la normativa del crowdfunding l’unico modello effettivamente regolamentato in Italia è l’equity-based [24], la cui disciplina è racchiusa principalmente in due articoli [25] del TUF [26] e in un regolamento Consob [27]. Al contrario per tutti gli altri modelli si fa riferimento alla normativa già esistente per forme di finanziamento simili. Il provvedimento con cui l’equity crowdfunding è stato inserito nel quadro giuridico italiano è il «Decreto Crescita 2.0» [28]del 2012, che però consentiva unicamente alle cosiddette “start-up innovative” [29] di ricorrervi. Successivamente, nel 2015, è stata allargata la possibilità di accedere a tale forma di finanziamento dal basso [30], fra gli altri, anche alle società “PMI innovative” [31]. In seguito, nell’aprile 2017, l’equity crowdfunding è stato definitivamente aperto a tutte le PMI, sia quelle in forma di S.r.l. sia a quelle in forma di S.p.A. [32]. 4.1. L’equity crowdfunding nel TUF e nel Regolamento Consob n. 18592/2013 in sintesi Nel TUF sono due gli articoli che trattano l’equity crowdfunding: l’art. 50-quinquies e l’art. 100-ter, i quali rimandano direttamente al Regolamento Consob n. 18592/2013. L’art. 50-quinquies individua la figura dei gestori dei portali di equity crowdfunding ed in particolare si possono avere: i “gestori di diritto”, ossia banche ed imprese di investimento che – oltre alla loro attività caratteristica – coordinano e amministrano piattaforme di equity crowdfunding, oppure i gestori “autorizzati”, ovvero società nate appositamente per la gestione di portali equity-based (e che non sono né banche né imprese di investimento). In merito all’articolo 110-ter del TUF si può ricordare come esso, fra le altre cose, rimandi alla Consob il compito di definire il massimo corrispettivo che può essere raccolto tramite una campagna di equity crowdfunding. Tale importo è stato, ad oggi, definito nel valore di 5 milioni di Euro, con la seguente peculiarità: è previsto che di tutto l’ammontare di denaro raccolto tramite una campagna di equity crowdfunding almeno il 5% debba [continua ..]
Attualmente esistono pochi studi [39] sui costi di una campagna di equity crowdfunding. Ciononostante [40] vi è una interessante analisi del 2016 [41], realizzata da alcuni importanti player dell’equity crowdfunding italiano (Crowd Advisors et al.), che, seppure faccia riferimento ad un campione di indagine non molto ampio [42], può, comunque, dare un’idea approssimativa su quelli che potrebbero essere i reali costi di una campagna equity-based. Prima di analizzare i risultati di tale ricerca è necessaria una precisazione: «il capitale che viene raccolto tramite una campagna di equity crowdfunding non corrisponde effettivamente a quello disponibile» [43]. Questo accade perché la piattaforma sulla quale si realizza la raccolta fondi richiede una fee percentuale sul capitale che, in Italia, si attesta su valore medio del 6% [44]. Entrando nel dettaglio degli oneri che una campagna equity-based comporta, i dati raccolti indicano che la spesa media di una società può oscillare [45] tra i 5.000,00 ed i 10.00,00 Euro – cifra che, però, non include la commissione richiesta dal gestore del portale. Tale importo – inoltre – corrisponde, di solito, al 2,5%-5% dell’ammontare totale di capitale che si raccoglie [46]. Tuttavia esistono anche società capaci di lanciare una campagna con meno di 3.000,00 Euro [47]. In genere, all’interno di un progetto di equity crowdfunding, si possono individuare tre principali voci di costo. Vi sono anzitutto gli oneri connessi alla redazione dei business e financial plan [48] che, sulla base dell’analisi di Crowd Advisors et al., possono variare dai 1.000,00 ai 5.000,00 Euro. Nel caso si ricorra a consulenti esterni per l’espletamento di queste attività non è insolita l’ulteriore richiesta di una success fee del 4-5% sull’intero capitale raccolto (commissione da aggiungersi a quella del 6% da pagarsi al gestore del portale). Vi sono, poi, i costi legali e societari [49], ossia quelli per la predisposizione delle informazioni sull’offerta, per la delibera dell’aumento di capitale e per le relative modifiche allo Statuto, che – secondo la ricerca in esame – possono oscillare da un minimo di 1.000,00 Euro ad [continua ..]
In base ad una recente indiscrezione [58] pubblicata su Milano Finanza [59], sembrerebbe che AIM Italia, il segmento di Borsa Italiana per le PMI, stia valutando l’aumento dei requisiti necessari per quotarsi sul suo listino, a dispetto di un processo di IPO che – su tale comparto – è sempre stato piuttosto flessibile e semplificato. Questo elemento, insieme al fatto che dallo scorso aprile l’equity crowdfunding è stato aperto a tutte le forme di PMI, potrebbe forse indirizzare un maggior numero di società italiane verso questa particolare tipologia di finanziamento collettivo. Non stupisce, quindi, che la Consob stessa, lo scorso 6 luglio 2017, abbia ufficialmente aperto una consultazione per modificare l’attuale Regolamento sull’equity crowdfunding [60].
AA.VV., Diventare imprenditori innovativi, Le Guide di Corriere Imprese, 2015. ALOVISI P., Equity crowdfunding: uno sguardo comparatistico, Rivista di Diritto Bancario, Dottrina e Giurisprudenza Commenta, 2014. BARTOLOMEI G.-MARCOZZI A., Come finanziare una start-up innovativa, EPC Editore, 2015 Codice civile. COMMISSIONE DI STUDIO UNGDCEC FINANZA – SOTTOGRUPPO “START-UP E CROWDFUNDING” (a cura di), Start-up innovative e i nuovi strumenti di sviluppo e crescita: il crowdfunding, 2016 CONSIGLIO EUROPEO, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni in merito alla possibilità di Sfruttare il potenziale del crowdfunding nell’Unione europea, Unione Europea, 2014 (COM/2014/0172 final). CONSOB-CNDCEC, L’equity-crowdfunding. Analisi sintetica della normativa e aspetti operativi, Position Papers, n. 6, 2016. CORRIERE DELLA SERA, Factoring Ora i crediti vanno all’asta online, Corriere della Sera, 26 settembre 2016. CROWD ADVISORS-EDIBEEZ S.R.L.-AIEC, Attività e costi per lanciare una campagna di equity crowdfunding. Report 2016, www.crowdadvisors.net, 2016. CROWDFUNDING CLOUD, BandBackers, il pioniere del royalty crowdfunding in Italia, www.crowd-funding.cloud, 23/03/2017. CROWDSOURCING.ORG, Massolution Report. Crowdfunding Industry Report 2012, Market trends, Composition and Crowdfunding Platforms, Research Report, Abridged Version, 2012. CULTERA I., Crowdfunding e Regolamentazioni. La Tassazione in Italia: il quadro generale, Upspringer International LLC, 2015. Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. DELIVORIAS A., Crowdfunding in Europe. Introduction and state of play, European Parliamentary Research Service (ERPS), 2017. DE LUCA R., Il crowdfunding: quadro normativo, aspetti operativi e opportunità, Fondazione Nazionale dei Commercialisti, 2015. Direttiva 2000/31/CE – Direttiva sul commercio elettronico Direttiva 2002/65/CE Direttiva 2003/71/CE Direttiva 2004/39/CE Direttiva 2004/39/CE – Markets in Financial Instruments Directive Direttiva 2005/29/CE – Direttiva sulle pratiche commerciali sleali Direttiva 2006/114/CE Direttiva 2007/64/CE Direttiva 2007/64/CE – PSD1 Direttiva 2008/48/CE Direttiva 2011/61/CE Direttiva 2011/61/UE Direttiva 2013/36/CE Direttiva [continua ..]