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Introduzione - 1. Sviluppo degli elementi teorici dell’economia dell’impresa per un tentativo di collocazione del tema degli intangibili - 2. Intangible: il contesto logico e le finalità nella loro valutazione - 3. Conclusioni: concetti e metodi per la valutazione degli intangible specifici - Bibliografia
Lo studio degli asset intangibili nell’economia di impresa è un tema dibattuto non solo nei differenti settori scientifico-disciplinari delle università, ma è anche oggetto di grande considerazione e analisi da parte di manager e professionisti. Il tema, considerato nel presente elaborato, è sviluppato secondo la seguente articolazione: una prima parte intende identificare quelli che sono stati, negli anni passati, i principali e meglio riusciti tentativi di collocazione del tema degli intangibili nell’economia di impresa, considerandone i principali elementi teorici; una seconda parte intende sviluppare l’analisi dei contesti e degli strumenti di valutazione degli intangibili in impresa.
Durante la seconda metà del XX secolo si assiste alle prime teorizzazioni sugli intangibili nelle organizzazioni for profit, con l’obiettivo di uscire dall’astrattezza della teoria neoclassica dell’impresa, la quale faceva riferimento prettamente all’imprenditore, senza considerare l’impresa come unicum e come appartenente a un sistema di relazioni che la legano a quanto esiste fuori dai propri confini. Un primo tentativo di sistematizzazione degli intangibili può essere fatto risalire al lavoro di Knight “Risk uncertainty and profit” (1921).L’autore si interroga sulla motivazione che spinge alla creazione dell’impresa moderna. Questa esiste in quanto, considerando che solo le competenze imprenditoriali possono affrontare rischio e incertezza (teoria diametralmente opposta a quella concernente l’informazione perfetta, concetto tipicamente neoclassico), non esiste un mercato in grado di scambiare con prezzi efficienti quella particolare e preziosa risorsa che è la competenza imprenditoriale. Tale riferimento teorico è quello su cui si intende, nel presente scritto, innestare il discorso sull’intangibile, tuttavia la letteratura presenta altri due riferimenti teorici importanti che, per completezza di informazione, è bene citare. Il secondo riferimento è relativo al testo “The nature of a firm” (COASE, 1937), in cui il focus si sposta maggiormente sui costi di transazione, sostenendo che l’impresa esiste perché a un certo punto è stato necessario definire dei confini che stabilissero dei rapporti gerarchici che sfuggissero alla logica del mercato su cui l’imprenditore puro invece si basava, focalizzando l’attenzione su scambi di mercato, mentre all’interno dell’impresa esistono dei rapporti diversi che sfuggono alla logica di mercato e seguono invece una logica gerarchica. In buona sostanza, i costi di transazione dipendono dal contesto tecnologico e contrattuale, le cui condizioni e basi possono cambiare rapidamente. Infine, nel contributo di Berle e Means (1991) “The modern corporation and private property” è esposta la teoria secondo la quale il soggetto decisionale non è unico, ma, all’interno dell’impresa, ci sono più soggetti decisori – questo dà origine delle teorie sulla [continua ..]
I professionisti che debbano confrontarsi con il tema degli intangibili si trovano, ad oggi, a dover considerare quattro contesti, con corrispondenti finalità, che possono essere schematizzati come segue: Contesto 1: Misure di perfomance economica orientate al valore, “on a rolling basis”, che integrano la misura del reddito contabile; Contesto 2: Base informativa economico/patrimoniale nelle valutazioni di finanza straordinaria, come nelle acquisizioni; Contesto 3: Applicazione dei principi contabili internazionali; Contesto 4: Comunicazione volontaria. A questi quattro contesti sono comuni alcuni temi di fondo: l’orientamento alla creazione di valore e non ai redditi contabili (naturalmente si possono produrre redditi contabili anche distruggendo valore e viceversa) [1]; il rapporto tra valutazione unitaria dell’intangible aziendale e la valutazione degli intangible specifici [2]; la sistematica degli intangibili. Considerando il concetto di sistematica, è possibile innanzitutto classificare gli intangibili tra acquisiti e internamente prodotti [3]. Una seconda classificazione, che ha più valenza cartesiana che di valutazione,è quella tra intangible legati al mercato, alla ricerca e quelli di tipo organizzativo [4], interessante oggetto di analisi degli studiosi di management, che fa si che gli intangible non siano solo legati alla logica delle operations. Misure di perfomance economica orientate al valore, “on a rolling basis” Si tratta di misure da utilizzare nella valutazione dei risultati delle business unit, dei managers, delle strategie. L’orientamento al valore impone da un lato l’integrazione del reddito contabile per stimare il risultato economico integrato (REI), secondo il principio: REI=Um+∆IA+ ∆OA [5] Dall’altro lato l’orientamento al valore impone la continua valutazione del costo opportunità del capitale. In questo caso si parla di orientamento al valore e al fatto che il risultato economico integrato debba – o meglio dovrebbe, su una logica di valore – tener presente, annualmente, delle variazioni di intangible asset e dei delta di altri asset che, ovviamente, dovrebbero diminuire la loro importanza rispetto agli intangible asset. La teoria finanziaria asserisce che, nell’analisi [continua ..]
Quale che sia il contesto e la finalità, si vuole in questa sede accennare ad almeno due concetti generali, assieme a alcuni metodi di valutazione, che si ritengono più accreditati nella pratica, senza entrare in dettagli, ma solo evidenziandone le logiche di stima. Il primo concetto è che se si abbandona il mondo delle certezze contabili di semplici realizzazioni di fatti storici, bisogna essere consci che valutazioni basate su modelli economici presuppongono assumptions su una serie di questioni che sono essenzialmente nessi causali, durate temporali, tassi di autorizzazione, vettori di flussi futuri. Può sembrare arbitrario introdurre concetti probabilistici in questo tipo di valutazioni, ma il non farlo è ancora più arbitrario. Il secondo concetto è relativo al valore degli intangible specifici: questo riporta a quanto detto in precedenza riguardo rapporti tra goodwill e inangible specifici e trova il suo vincolo nel valore economico dell’azienda nel suo complesso, depurato del valore del capitale netto rettificato con riferimento alle altre attività, tangibili e finanziarie, comprese le plus e minus con relativi effetti fiscali. Più precisamente, le osservazioni sul valore economico, in senso stretto, possono essere associate a un orizzonte temporale definito o eventualmente controllabile in presenza di piani formalizzati e approvati. C’è un’arbitrarietà notevole nella proiezione di perpetuity, se non associati a modelli di alberi decisionali con l’introduzione di contesti probabilistici. Si intende, inoltre, affrontare un ultimo, ma importante, punto: le logiche di stima degli intangible specifici. Per tutte vale l’importanza dell’informazione condivisa e delle banche dati consulenziali. Si tratta di logiche conosciute: la prima concerne il costo storico, che prevede l’accertamento del costo storico per la formazione dell’intangibile, eventuale allineamento monetario e eventuale correzione per la vita residua. La seconda logica estimativa richiama il concetto economico di costo opportunità sull’asset, ovvero quanto costerebbe ricostituire oggi l’intangible che si vuole valutare. Naturalmente, questo presuppone un target e una funzione che l’intangible attualmente ha, la proiezione dei costi necessari, la funzione di costi [continua ..]