Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Gli intangibles. I diritti di proprietà industriale e intellettuale (di Umberto Scotti)


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SOMMARIO:

Premessa - 1. La nozione d’immaterialità - 2. L’origine e la trasmissione del diritto - 3. Assolutezza del diritto - 4. Proprietà industriale e intellettuale - 5. Il Codice della proprietà industriale - 6. Gli altri segni distintivi - 7. Marchio - 8. Le indicazioni geografiche e le denominazioni d’origine - 9. I brevetti per disegni e modelli - 10. I brevetti per invenzioni industriali - 11. I modelli di utilità - 13. Il domain name - 14. Il diritto d’autore sulle opere dell’ingegno - NOTE


Premessa

Il titolo di questo incontro di studi utilizza un’espressione (“intangibles”) tratta dalla lingua inglese ed estranea alla tradizione giuridica italiana. L’origine dell’importazione proviene probabilmente dalla scienza aziendalistica che definisce come assets intangibili i beni privi di consistenza fisica e fonte di probabili benefici economici futuri, che sono stati acquisiti o sviluppati da un’impresa sostenendo costi identificabili; si aggiunge che gli assets intangibili hanno vita finita e, pur essendo posseduti da un soggetto economico, hanno un valore di mercato distinto. Vengono indicati fra gli assets intangibili i diritti di proprietà industriale e intellettuale, i diversi tipi di know-how, i data-base informativi, il data-base clienti, le procedure operative e i sistemi informativi per la gestione, i sistemi di certificazione della qualità, le licenze commerciali, gli strumenti e i metodi per la distribuzione della conoscenza, le licenze d’uso, le licenze commerciali, ecc. Il ricorso al termine è presumibilmente to superfluo, ancorché non fuorviante. La parola infatti corrisponde a un aggettivo della lingua italiana (intangibile), perfettamente corretto e propriamente usato secondo la sua origine etimologica. Qui tangi non potest è infatti l’oggetto che non può essere toccato (ossia non può percepito con il senso del tatto) e per sicura estensione ciò che non può essere percepito neppure con il ricorso ai cinque sensi. Se il termine è corretto, esso nondimeno pare superfluo perché altro non fa che sintetizzare alcune proprietà che la tradizione giuridica ben conosce da tempo e cataloga con l’aggettivo “immateriale” (sine materia) per esprimere lo stesso concetto. In queste pagine ci si propone di illustrare in modo sintetico e riassuntivo (a mo’ di “Bignami” ...) le linee caratterizzanti dei principali diritti di proprietà industriale e intellettuale (l’esame di alcuni, molto particolari, come le topografie a semiconduttori e le nuove varietà vegetali, sarà omesso; quello di alcuni altri, come i diritti sulle invenzioni farmacologiche e biotecnologiche, sarà limitato a un fugace accenno).


1. La nozione d’immaterialità

È opportuno precisare immediatamente che i beni immateriali (e i corrispondenti diritti, ossia la tutela predisposta dall’ordinamento giuridico a protezione dell’interesse vantato da un certo soggetto su quel bene) vanno tenuti ben distinti dagli oggetti fisici che sovente li incorporano (ossia i cosiddetti corpora mechanica). L’opera dell’ingegno, protetta dal diritto d’autore, non è il libro cartaceo che contiene la serie di segni grafici che la esprime, così come non è il disco/supporto magnetico che ospita l’espressione dei suoni che la compongono; così come, ancora, pur se la distinzione risulta sicuramente meno immediata per le cosiddette opere uniche (caratterizzate dall’unicità del corpus mechanicum), non lo sono il quadro o la scultura che traducono in realtà obiettiva l’i­dea artistica del pittore o dello scultore. Allo stesso modo, il segno o la combinazione di segni tutelati come marchio d’impresa non coincide con la singola etichetta apposta sulla bottiglia o sul contenitore; l’idea originale e innovativa tutelata con un brevetto di invenzione industriale non corrisponde al prodotto realizzato secondo il suo insegnamento; le informazioni riservate protette come know how sono elementi ideali di conoscenza, opportunamente selezionate e combinate, diverse dal supporto materiale che le alberga, documentandole.


2. L’origine e la trasmissione del diritto

Ovviamente i fatti costitutivi che determinano l’insorgenza del diritto sul bene immateriale e le fattispecie che ne consentono la trasmissione ad altri soggetti dipendono dalla disciplina prevista dall’ordinamento per i singoli diritti. In questa sede appare solamente opportuno precisare che: – in certi casi il diritto sorge per effetto della creazione del bene (ad es. opera dell’ingegno, software, banche dati …), – in certi casi del suo utilizzo pubblico e pacifico (marchio di fatto, forma distintiva di un prodotto), – in certi casi ancora dal suo possesso (informazioni riservate, know how), – in molti casi infine, invece, dal conferimento costitutivo prodotto dal rilascio in sede amministrativa di un attestato di protezione attraverso sistemi di registrazione (marchio, brevetto per invenzione, disegni e modelli di utilità).


3. Assolutezza del diritto

I diritti su beni immateriali sono diritti assoluti, ossia possono essere fatti valere verso qualunque soggetto, erga omnes. Essi attuano una relazione immediata e diretta fra il loro titolare e il bene, che non abbisogna della cooperazione di nessun altro soggetto e concreta un diritto di esclusiva: gli altri debbono semplicemente astenersi dall’interfe­rire nell’esercizio del diritto nel godimento del bene, mentre l’ingerenza non autorizzata realizza una violazione del diritto e un atto illecito, fonte di responsabilità, civile e talora anche penale, anche risarcitoria. Essi si distinguono, sotto questo profilo, dai diritti relativi, che invece necessitano della cooperazione di un altro soggetto, che nell’ambito di una relazione personale è tenuto ad una prestazione di fare, non fare o anche solo di tollerare qualche cosa. Nell’ambito dei diritti assoluti i diritti sui beni immateriali coesistono con i diritti reali che proteggono una relazione diretta e immediata fra il titolare e un bene (materiale e tangibile) del mondo fisico o singole utilità suscettibili di essere ritratte dallo stesso (diritto di proprietà, diritti reali limitati sulla cosa altrui) e con i diritti della personalità (diritti al nome, allo pseudonimo, al ritratto, all’identità personale, alla reputazione, all’onore, alla riservatezza, alla privacy dei dati personali ...), che analogamente proteggono beni intangibili, afferenti peraltro alla sfera personale e intima dell’individuo.


4. Proprietà industriale e intellettuale

La tradizione italiana distingue nell’ambito dei diritti sui beni immateriali fra quelli riconducibili alla proprietà più specificamente industriale (marchi, brevetti per invenzione, disegni e modelli, varietà vegetali, know how…) e quelli facenti capo alla proprietà c.d. intellettuale (terminologia che evoca il diritto d’autore sulle opere dell’ingegno, i diritti connessi, i diritti sul software per elaboratori elettronici, le banche dati). In altri Paesi, e in particolare in quelli di matrice anglosassone, il termine intellectual property ricomprende al suo interno i due distinti ambiti, abbracciando quindi anche le privative industriali. Le fonti normative principali sono il Codice della proprietà industriale (d.lgs.10 febbraio 2005, n. 30) per i diritti di proprietà industriale e la legge 22 aprile 1941, n.633 (e s.m.i.) in tema di protezione del diritto d’autore e diritti connessi. Fra le convenzioni internazionali e la normativa comunitaria di portata generale è il caso di ricordare la Convenzione di unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale del 20 marzo 1883, l’accordo TRIPS del 15 aprile 1994 e la Direttiva 48/04/CE del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. In tema di brevetti per invenzioni ha particolare importanza la Convenzione sul brevetto europeo del 5 ottobre 1973 – EPC 2000 del 28 giugno 2001. In tema di marchi oltre alla Direttiva 95/08/CE del 22 ottobre 2008 in tema di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sui marchi d’impresa, il Regolamento 207/09/CE del 26 febbraio 2009 disciplina il marchio comunitario. In tema di disegni e modelli oltre alla Direttiva 71/98/CE del 13 ottobre 1998 in tema di protezione giuridica dei disegni e modelli, il Regolamento 6/02/CE del 12 dicembre 2001 disciplina i disegni e modelli comunitari. In tema di diritto d’autore vanno ricordate la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche del 9 settembre 1896, la Direttiva 83/93/CE del 27 settembre 1993, la Direttiva 9/96/CE dell’11 marzo 1996 in tema di tutela giuridica delle banche dati, la Direttiva 29/01/CE del 22 maggio 2001 in tema di armonizzazione del diritto d’autore nella società dell’infor­mazione, la Direttiva 24/09/CE del 23 aprile 2009 in tema di programmi per elaboratore.


5. Il Codice della proprietà industriale

Il d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, ossia il Codice della proprietà industriale contiene all’art.1 la definizione dell’espressione “proprietà industriale”, comprendendovi marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove varietà vegetali. Secondo il Codice i diritti di proprietà industriale si acquistano mediante brevettazione, mediante registrazione o negli altri modi previsti dal presente codice. La brevettazione (prevista per le invenzioni, i modelli di utilità, le nuove varietà vegetali) e la registrazione (prevista per i marchi, i disegni e modelli, le topografie dei prodotti a semiconduttori) danno luogo ai titoli di proprietà industriale e quindi a “diritti titolati”. Sono comunque protetti, purché ricorrano i presupposti di legge, anche altri segni distintivi diversi dal marchio registrato, le informazioni aziendali riservate, le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine. L’attività amministrativa di brevettazione e di registrazione ha natura di accertamento costitutivo e dà luogo a titoli, soggetti a un regime speciale di nullità e decadenza sulla base delle norme contenute nel Codice. Ai sensi dell’art. 5 del Codice l’intera materia è dominata dal principio dell’esaurimento, che si collega alla funzione imprenditoriale dei diritti di proprietà industriale: infatti le facoltà esclusive attribuite dal Codice al titolare di un diritto di proprietà industriale si esauriscono una volta che i prodotti da esso protetti siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio dello Stato o nel territorio di uno Stato mem­bro della Comunità europea o dello Spazio economico europeo. Il principio trova fondamento secondo alcuni nell’esigenza di circoscrivere gli interessi giuridicamente tutelati dei titolari delle privative industriali, secondo altri realizzerebbe il punto di equilibrio tra gli interessi contrapposti del titolare del diritto alla realizzazione del vantaggio economico e al profitto monopolistico e quello della collettività alla libertà di concorrenza e alla libera circolazione delle merci. Questa limitazione dei poteri del titolare [continua ..]


6. Gli altri segni distintivi

Il Codice non considera un numero chiuso di segni distintivi, ma li inserisce in una categoria aperta, idonea a ricomprendervi innanzitutto anche quelli specificamente considerati nel Codice civile, quali l’insegna, la ditta (nome utilizzato in commercio dall’imprenditore) e la ragione e la denominazione sociale (ossia i nomi delle società di persone e di capitali). Il principio di unitarietà dei segni considera anch’esso l’ipotesi di segni distintivi atipici, includendoli nel divieto di utilizzo confusorio; fra di essi vengono in rilievo i nuovi segni utilizzati in Internet, come i nomi di account, le denominazione di gruppi, gli URL interni ai social network che possono assumere funzione distintiva. L’art. 2563 c.c. protegge la ditta, ossia il nome commerciale dell’im­prenditore, contenente almeno il cognome o la sigla, sancendone il diritto all’uso esclusivo: in conseguenza la ditta uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e suscettibile di creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla. Le stesse regole valgono anche per la ragione sociale delle società di persone e la denominazione delle società di capitali. Una limitata tutela è accordata anche al marchio di fatto, non registrato, protetto dall’art. 2571 c.c. nei limiti del preuso, nonostante la registrazione successiva da altri ottenuta, e dall’art. 2598, n.1, c.c. avverso utilizzi altrui di carattere concretamente confusorio. Vi sono poi i segni distintivi atipici, scaturenti dalla prassi pubblicitaria e commerciale, che ricevono protezione attraverso la disciplina della concorrenza sleale di cui all’art. 2598 c.c. Il divieto di concorrenza sleale confusoria di cui all’art. 2598, n.1 permette di tutelare l’imprenditore nei confronti dei concorrenti che imitino servilmente la forma distintiva del prodotto/servizio. La giurisprudenza in tema di concorrenza sleale per imitazione servile confusoria ex art. 2598, n. 1 c.c. riconosce tutela alle forme aventi efficacia individualizzante e diversificatrice del prodotto rispetto ad altri simili e per contro nega protezione a quegli elementi formali dei prodotti imitati che, nella percezione del pubblico, non assolvono ad una specifica funzione distintiva del [continua ..]


7. Marchio

Secondo la legge possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente. Vengono specificamente considerati a tal riguardo le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.   7.1. – I ritratti di persone non possono essere registrati come marchi senza il consenso delle medesime e, dopo la loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli; in loro mancanza o dopo la loro morte, dei genitori e degli altri ascendenti, e, in mancanza o dopo la morte anche di questi ultimi, dei parenti fino al quarto grado incluso. I nomi di persona diversi da quelli di chi chiede la registrazione possono essere registrati come marchi, purché il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portarli L’Ufficio italiano brevetti e marchi ha tuttavia la facoltà di subordinare la registrazione al consenso dei soggetti sopra citati In ogni caso, la registrazione non impedisce a chi abbia diritto al nome di farne uso nella ditta da lui prescelta sussistendo i presupposti di cui all’art. 21, comma 1 C.p.i. I nomi notori possono essere registrati o usati come marchio solo dall’a­vente diritto, o con il consenso di questi, o dei soggetti sopracitati: i nomi di per­sona, i segni usati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le denominazioni e sigle di manifestazioni e quelli di enti ed associazioni non aventi finalità economiche, nonché gli emblemi caratteristici di questi.   7.2. – È consentita anche la registrazione della forma stessa del prodotto. Fanno eccezione tre casi, nei quali il riconoscimento della tutela alla forma del prodotto accorderebbe un indebito monopolio non solo sul contrassegno distintivo ma anche sul prodotto stesso, ossia: – i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto (forma imposta), – dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico (forma tecnicamente necessitata), – o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto (forma sostanziale).   7.3. – La Corte di [continua ..]


8. Le indicazioni geografiche e le denominazioni d’origine

Sono protette anche le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine che identificano un paese, una regione o una località, quando siano adottate per designare un prodotto che ne è originario e le cui qualità, reputazione o caratteristiche sono dovute esclusivamente o essenzialmente all’ambiente geografico d’origine, comprensivo dei fattori naturali, umani e di tradizione Pertanto, fatta salva la disciplina della concorrenza sleale, salve le convenzioni internazionali in materia e salvi i diritti di marchio anteriormente acquisiti in buona fede, è vietato, quando sia idoneo ad ingannare il pubblico o quando comporti uno sfruttamento indebito della reputazione della denominazione protetta, l’uso di indicazioni geografiche e di denominazioni di origine, nonché l’uso di qualsiasi mezzo nella designazione o presentazione di un prodotto che indichino o suggeriscano che il prodotto stesso proviene da una località diversa dal vero luogo di origine, oppure che il prodotto presenta le qualità che sono proprie dei prodotti che provengono da una località designata da un indicazione geografica. Tale tutela però trova un limite nel diritto dei terzi di usare nell’attività economica il proprio nome o il nome del proprio dante causa nell’attività medesima, salvo che tale nome sia usato in modo da ingannare il pubblico.


9. I brevetti per disegni e modelli

La disciplina dei brevetti per disegni e modelli si riferisce essenzialmente alle opere del c.d. design industriale. Per prodotto si intende qualsiasi oggetto industriale o artigianale, compresi tra l’altro i componenti che devono essere assemblati per formare un pro­dotto complesso, gli imballaggi, le presentazioni, i simboli grafici e caratteri tipografici; sono espressamente esclusi i programmi per elaboratore. Per prodotto complesso si intende un prodotto formato da più componenti che possono essere sostituiti, consentendo lo smontaggio e un nuovo montaggio del prodotto. Può costituire oggetto di registrazione come disegno e modello l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale ovvero dei materiali del prodotto stesso ovvero del suo ornamento. Sono richiesti due requisiti: la novità e il carattere individuale. Un disegno o modello è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione, ovvero, qualora si rivendichi la priorità, anteriormente alla data di que­st’ultima. I disegni o modelli si reputano identici quando le loro caratteristiche differiscono soltanto per dettagli irrilevanti. Un disegno o modello ha carattere individuale se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di presentazione della domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorità, prima della data di quest’ultima. Nell’accertare il carattere individuale occorre prendere in considerazione il margine di libertà di cui l’autore beneficia nel realizzare il disegno o modello, tenuto conto del settore merceologico di riferimento. Non può costituire oggetto di registrazione il disegno o modello contrario all’ordine pubblico o al buon costume. Il disegno o modello si considera divulgato se è stato reso accessibile al pubblico per effetto di registrazione o in altro modo, ovvero se è stato esposto, messo in commercio o altrimenti reso pubblico, a meno che tali eventi non potessero ragionevolmente essere conosciuti dagli ambienti [continua ..]


10. I brevetti per invenzioni industriali

La disciplina dei brevetti per invenzioni industriali mira a incoraggiare la ricerca e il progresso tecnologico, accordando all’autore dell’invenzione il monopolio nella sua realizzazione industriale (ovvero il diritto di sfruttare la privativa attraverso la concessione di licenze) attraverso il procedimento di brevettazione e acquisendo al contempo le informazioni sottese all’idea inventiva alla conoscenza generale per stimolare ulteriormente il progresso tecnico.   10.1. – Possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni, di ogni settore della tecnica, che siano nuove, implichino un’attività inventiva e siano atte ad avere un’applicazione industriale. Non sono considerate invenzioni le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici, i piani, i principi e i metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività commerciale e i programmi di elaboratore, le presentazioni di informazioni. Inoltre non è consentita la brevettazione dei metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale, le varietà vegetali e le razze animali e i procedimenti essenzialmente biologici di produzione di animali o vegetali, comprese le nuove varietà vegetali rispetto alle quali l’invenzione consista esclusivamente nella modifica genetica di altra varietà vegetale, anche se realizzata tramite procedimento d’ingegneria genetica. Non possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni la cui attuazione è contraria all’ordine pubblico o al buon costume, situazione peraltro insussistente per la sola presenza di un divieto legale o amministrativo.   10.2. – Un’invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica, costituito da tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico nel territorio dello Stato o all’estero prima della data del deposito della domanda di brevetto, mediante una descrizione scritta o orale, una utilizzazione o qualsiasi altro mezzo, nonché dal contenuto di domande di brevetto italiano o di domande di brevetto europeo depositate o rese accessibili al pubblico. Non è però esclusa la brevettabilità di una sostanza o di una composizione di sostanze già compresa nello stato della tecnica, purché in funzione di una nuova [continua ..]


11. I modelli di utilità

Le disposizioni dettate in materia di invenzioni industriali valgono anche nella materia dei modelli di utilità, in quanto applicabili. Si tratta in sostanza di una categoria minore di ritrovati, dotati di un mi­nor grado di inventività, sconosciuta ad altri ordinamenti europei che li asso­ciano alle invenzioni propriamente dette. Possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli che siano atti a conferire particolare efficacia o comodità di applicazione o d’impiego a macchine, o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti di uso in genere. In particolare i nuovi modelli possono consistere in particolari conformazioni, disposizioni, configurazioni o combinazioni di parti. Il diritto al brevetto spetta all’autore del nuovo modello di utilità e ai suoi aventi causa. È consentito a chi chiede il brevetto per invenzione industriale di presentare contemporaneamente domanda di brevetto per modello di utilità, in via subordinata per il caso che la prima non sia accolta o sia accolta solo in parte. 12. Le informazioni segrete Un particolare diritto di proprietà industriale è configurabile anche con riferimento alle informazioni segrete o, se si preferisce al know howriservato dell’azienda. Mentre l’oggetto degli altri diritti di proprietà industriale è pubblico e conoscibile (ed anzi funge da richiamo pubblicitario nel caso dei segni distintivi, marchio in primis), il know how haper oggetto un complesso di dati occulti al pubblico e ai concorrenti e destinati ad essere somministrati solo ad un ristretto e selezionato gruppi di addetti abilitati. Esse possono aver per oggetto informazioni organizzative (struttura e organizzazione dell’impresa, ad esempio organigrammi con indicazione mansioni e livelli di responsabilità e autonomia), commerciali (rete di vendita, e­lenchi fornitori con annessi prezziari e condizioni di vendita, elenchi clienti, integrati con dati commercialmente sensibili, come indirizzari, telefoni e posta elettronica, date e volumi di acquisto), tecnico industriali (metodi di lavorazione, schede tecniche, segreti di fabbricazione) In quest’ultimo caso è evidente la contrapposizione fra la divulgazione del metodo brevettato, reso pubblico e conoscibile a tutti per il progresso tecnologico e compensato dal monopolio temporaneo accordato dalla [continua ..]


13. Il domain name

Si è detto che l’espressione diritti di proprietà industriale comprende non solo i marchi ma anche tutti gli altri segni distintivi. Fra questi una particolare importanza ha assunto il nome a dominio (domain name) che contrassegna un sito Internet, inizialmente tutelato dalla giurisprudenza agli albori della rete con l’applicazione analogica delle norme sul­l’insegna ovvero attraverso la repressione degli atti di concorrenza sleale confusoria. La norma chiave ora può essere ravvisata nell’art. 22 del C.p.i. che codifica il principio di unitarietà dei segni distintivi. È infatti vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell’attività economica o altro segno distintivo un segno uguale o simile all’altrui marchio. Ciò se a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività d’impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. Pertanto non si può adottare come nome a dominio un segno confondibile con il marchio altrui. Maggior e più penetrante tutela è accordata anche in questo caso al marchio celebre o rinomato; infatti è vietata l’adozione come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell’attività economica di un segno uguale o simile ad un marchio rinomato registrato per pro­dotti o servizi anche non affini, se l’uso del segno senza giusto motivo con­sen­te di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi. In questo caso infatti non è necessario un potenziale effetto confusorio/associativo ma è sufficiente l’inde­bito vantaggio cagionato dell’agganciamento o un pregiudizio (che può essere anche la diluizione del potere evocativo del marchio). Salvo l’applicazione di ogni altra tutela, la registrazione di nome a dominio aziendale concessa in violazione di un altrui diritto di proprietà industriale o richiesta in mala fede, può essere, su domanda dell’avente diritto, revocata op­pure a lui trasferita da parte dell’autorità [continua ..]


14. Il diritto d’autore sulle opere dell’ingegno

Particolare importanza fra i diritti sui beni immateriali riveste il diritto d’autore. La relativa disciplina è tuttora contenuta nella legge 22 aprile 1941, n. 633 “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”, seppur significativamente integrata e modificata, in progresso di tempo, al fine di adeguarne il tessuto originario all’evoluzione tecnologica, alle convenzioni internazionali e alla normativa comunitaria.   14.1. – La legge accorda protezione alle opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono (ma l’elenco pacificamente non ha natura tassativa, ma esemplificativa) alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’ar­chitettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Sono altresì parificati alle opere dell’ingegno e come tali protetti sia i programmi per elaboratore, sia le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore. In particolare sono comprese nella protezione: 1) le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, tanto se in forma scritta quanto se orale; 2) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale; 3) le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti; 4) le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, dell’incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia; 5) i disegni e le opere dell’architettura; 6) le opere dell’arte cinematografica, muta o sonora, sempreché non si tratti di semplice documentazione soggetta a protezione minore; 7) le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia sempre che non si tratti di semplice fotografia soggetta a protezione minore; 8) i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore (sono esclusi dalla tutela le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce; il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione); 9) le banche di dati, che per scelta o [continua ..]


NOTE