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1. La collocazione storica ed economica delle teorie sull’economia delle imprese internazionali - 2. I modelli interpretativi logicamente falsificabili - 3. I modelli interpretativi non logicamente falsificabili - 4. Alcune sintesi di carattere sistematico a cui è possibile giungere dopo l’analisi dei modelli interpretativi - Riferimenti bibliografici - NOTE
L’evoluzione dell’evidenza empirica e dei modelli interpretativi sull’economia dell’impresa internazionale, deve essere collocata in tre tematiche concernenti rispettivamente: • il mainstream di politica economica; • le teorie della crescita economica; • i rapporti fra i Paesi (oggi) OCSE e resto del mondo. Tali tematiche vanno a loro volta suddivise longitudinalmente sulla base di tre macro-periodi: • dalla rivoluzione industriale al 1930; • dal 1930 al 1980; • dal 1980 a oggi. Tenuto conto di tali premesse, i modelli interpretativi dell’economia dell’impresa internazionale si situano comunque in un vasto campo interdisciplinare tra microeconomia, management, sociologia e organizzazione. Come è logico, molti di questi modelli forniscono indirettamente delle spiegazioni circa gli effetti del comportamento delle imprese sull’economia dei Paesi, ma non per questo possono essere definiti modelli macroeconomici. Infatti hanno necessariamente il loro focus sull’impresa e tendono a dare spiegazioni di carattere microeconomico e come tali danno conto di trend di lungo periodo. Un primo sottoinsieme comprende i modelli logicamente falsificabili in senso popperiano. Si tratta soprattutto dei modelli che si sono sviluppati con riferimento al primo e al terzo dei tre macro periodi citati, come supporto alla dimostrazione empirica e quantitativa (generalmente in termini di stima dell’aumento del GDP mondiale) dei vantaggi derivanti dalla globalizzazione. Altri modelli invece non ambiscono a generalizzare degli effetti e quindi a essere predittivi, ma semplicemnte discutono le cause dell’internazionalizzazione dal punto di vista dell’impresa ed eventualmente le conseguenze sui Paesi.
Ci dobbiamo innanzitutto chiedere come la disciplina “economia e gestione delle imprese” vede questi modelli. Per rispondere alla domanda è forse più semplice riferirci a un esempio: «[...] il fenomeno dell’internazionalizzazione non viene ricondotto all’attività di impresa, bensì a flussi internazionali di beni e di capitali indipendenti da questa e interpretabili all’interno di approcci teorici che pongono al centro della loro riflessione le nazioni e le differenze tra nazioni. Nello specifico tali approcci, che si sviluppano inizialmente nell’ambito dell’economia politica – e più precisamente della macroeconomia – analizzano il fenomeno dell’internazionalizzazione in due filoni distinti – le teorie del commercio internazionale e le teorie della bilancia dei pagamenti – a seconda che ad attraversare i confini nazionali siano i beni (esportazioni/importazioni) oppure i capitali (investimenti diretti esteri) […]» (Perretti et al., 2010). Quali sono le considerazioni possono essere svolte su questo approccio? Sicuramente, con riferimento a questi modelli occorre comprendere quali sono le assunzioni implicite sul comportamento delle imprese, in quanto: «Nations do not trade, it is firms that trade. This simple truth makes it clear that understanding the firm-level facts is essential» (Mayer e Ottaviano, 2007). La modellizzazione è basata sulla costruzione della frontiera delle possibilità produttive [1], che introduce il concetto di massimizzazione vincolata, simile concettualmente a molti modelli decisionali utilizzabili all’interno dell’impresa. Come noto, il concetto di massimizzazione vincolata in questi modelli può essere formalizzata: con un modello lineare che enfatizza i differenziali tecnologici e quindi di produttività del lavoro tra Paesi nella stessaindustry; con un modello non lineare che enfatizza stesse tecnologie nella stessaindustry tra Paesi con diverso relative factor endowment. I modelli logicamente falsificabili hanno sviluppato nel tempo alcune estensioni, volte ad attenuare la rigidità di alcune premesse e conclusioni. Alcune di queste estensioni riguardano concettualmente entrambe le tipologie citate, lineare e non. Si tratta ad esempio: dei fattori specifici di settore, che mettono in luce le [continua ..]
I modelli interpretativi non logicamente falsificabili sono beyond factor endowment e quindi beyond comparative advantage. Ma il grande “salto concettuale” è che la massimizzazione dal punto di vista dell’impresa non coincide con l’ottica collettiva. Il denominatore comune, di queste teorie è che non necessariamente le scelte economiche delle imprese portano a una massimizzazione congiunta e collettiva. Quindi le scelte economiche delle imprese vengono analizzate di per sé, a prescindere dal loro ruolo nella massimizzazione congiunta e collettiva. Da un punto di vista economico sono modelli meno generali e meno formali e, di conseguenza, non falsificabili in senso popperiano. A differenza dei modelli precedenti la loro rilevanza nel predire i flussi di prodotti e di fattori è molto scarsa. Sono in sostanza modelli senza potere predittivo e in cui si dà per scontata la possibile presenza di FDI – foreign direct investments. Nell’ottica dei modelli non logicamente falsificabili, le spiegazioni delle scelte economiche delle imprese sul piano internazionale si possono dividere in tre gruppi (si tratta di una nostra proposta di sistematica molto soggettiva): spiegazioni a monte della distinzioneinterindustry/intraindustry; spiegazioni specificheinterindustry; spiegazioni peculiariintraindustry. 3.1. I modelli a monte della distinzione interindustry/intraindustry I modelli a monte della distinzione tra interdindustry/intraindustry, ovvero le cui spiegazioni valgono sia per i modelli interindustry che per intraindustry, possono essere ricondotti a i seguenti concetti di: a) arbitrage opportunities e leverage opportunities; b) economies of scale; c) transaction costse i confini dell’impresa; d) modelli gravitazionali; e) origine del vantaggio competitivo. a) Arbitrage opportunities e leverage opportunities. Le spiegazioni legate all’origine del vantaggio competitivo riguardano l’internazionalizzazione come arbitraggio rispetto a barriere (cfr. barriere all’entrata). Il fenomeno dell’internazionalizzazione come insieme complesso e organizzato di transazioni che permettono il trasferimento di capitali, tecnologia e competenze organizzative da un paese all’altro e, come tali, riconducibili più propriamente all’attività d’impresa. Se [continua ..]
La discussione sui modelli sommarimante svolta in questo intervento, ci permette di coprendere le premesse teoriche di alcune sintesi di carattere sistematico spesso riportate nei testi di ‘economia e gestione delle imprese’. Ci riferiamo in particolare a: a) sistematica degli obiettivi dell’impresa internazionale; b) il paradigma OLI. a) Gli obiettivi dell’internazionalizzazione di impresa possono essere sistematizzati come segue: • input conditions seeking, che sono da intendersi non solo come condizioni di costo ma come condizioni del vantaggio competitivo. Inoltre il costo dipende dai settori e nell’ambito dei settori dal frammento della catena del valore; • output market seeking; • efficiency seeking, tra gli altri occorre considerare l’aspetti competitivo, oligopolistico, economie di scala, ma anche sistema Paese; • knowledge seeking. L’evidenza empirica può poi essere disturbata da motivazioni più di breve periodo (che comunque hanno tutte a che vedere con il concetto di discontinuità, arbitraggio) e sono ricollegate a motivazioni di carattere fiscale, valutario, di diversificazione del rischio (che può essere visto sia nel breve sia nel lungo). b) Il paradigma Ownership Localisation Internationalization-OLI. – Il paradigma OLI fa riferimento alle condizioni per investire all’estero che riprendono l’acronimo e dà per scontato ciò che abbiamo discusso a proposito di intraindustry (ma non solo) ovvero che la catena del valore può essere frammentata geograficamente e i modelli interpretativi possono evidenziare una componente location specific advantage e/o una componente firm specific advantage. • O – sta per ownership di prerequisiti. In termini di modelli interpretativi fa riferimento ad esempio alle possibilità di arbitraggio e all’oligopolio, alla sistematica di vantaggio competitivo resource based. • L – sta per convenienza a localizzare. Il vantaggio di localizzazione spiega la forza di attrazione di alcune nazioni o regioni nei confronti delle attività delle imprese multinazionali. Ad un grado maggiore di immobilità delle risorse, localizzate in ambienti naturali o sociali stranieri, che le imprese devono utilizzare congiuntamente ai loro vantaggi competitivi corrisponde un [continua ..]
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