La legge delega 7 agosto 2015, n. 124, rubricata deleghe al governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni, dà mandato all’Esecutivo di emanare una serie di decreti (anche) su numerosi aspetti della disciplina del lavoro pubblico [1] che vanno dalla modifica della normativa in tema di dirigenza pubblica (art. 11), alla promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nella pubblica amministrazione (art. 14 – che per la verità non necessita di decreti attuativi bensì di misure organizzative da adottarsi dalla pubblica amministrazione entro il termine di tre anni) al riordino di numerosi aspetti della disciplina del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione (art. 17).
Nonostante l’ampiezza delle materie delegate e sebbene la delega stia per compiere un anno, ad oggi è stato emesso un solo decreto, il decreto 20 giugno 2016, n. 116, a tutti noto come il decreto “furbetti del cartellino” [2] che attua, per la verità in maniera del tutto parziale, quanto previsto dall’art. 17, lett. s) e cioè l’invito ad introdurre «norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare».
Nessuna delle altre deleghe contenute agli artt. 11 e 17 della legge n. 124/2015 è stata ad oggi esercitata.
Peraltro, se è vero che per i decreti di cui all’art. 17 il Governo ha a disposizione ancora circa 6 mesi (la delega prevede, infatti, che i decreti vengano emanati entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore), pare difficile un intervento sulla dirigenza pubblica, atteso che la relativa delega, dovendo esser esercitata nei 12 mesi successivi all’emanazione della legge, sta per scadere.
Alla luce della (ad oggi) molto parziale attuazione della delega, la normativa si presta al momento, più che ad un esame del dettaglio della disciplina, ad una valutazione volta a cogliere il segno del nuovo intervento del legislatore in tema di rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione.
Per farlo è allora necessario un breve passo indietro che illustri lo status quo della disciplina del rapporto di lavoro pubblico sulla quale dovrebbero innestarsi le nuove norme sollecitate dal legislatore.
È a tutti noto che a partire dagli anni ’90, con la legge delega n. 421/1992, il legislatore, sulla spinta della dottrina giuslavoristica [3] ed in una prospettiva volta a cercare l’efficienza della pubblica amministrazione, abbandona la concezione autoritaria e paternalistica del rapporto di pubblico impiego (il procedimento disciplinare legato all’etica, al decoro del pubblico dipendente più che all’efficienza) per ricondurre tale rapporto ad un [continua..]