Il titolo del convegno sembra riecheggiare il celebre dubbio amletico To be or not to be o, se preferite continuare nel jeux de mots: To bis or not to bis, prendere o meno le armi contro la duplicazione delle sanzioni, penale ed amministrativa posto che tale duplicazione esista realmente?
Facile ironia a parte, desidero ringraziare il collega prof. Quattrocchio per avermi invitato ad approfondire un tema così poco trattato e allo stesso tempo così rilevante.
Anzitutto vorrei delimitare la portata del mio intervento che è quello dell’amministrativista. Sono pertanto fuori dal perimetro della presente relazione sia la materia tributaria, sia quella non meno ampia delle violazioni in materia fiscale e finanziaria. Mi atterrò quindi agli ambiti che caratterizzano la possibilità di duplicazione o meno delle sanzioni in materia amministrativa: quella urbanistico-edilizia e quella ambientale.
Una seconda premessa di merito va fatta prima di passare all’esame del tema assegnatomi: la eventuale previsione del divieto si muove entro il perimetro da ultimo segnato dalla recente sentenza della Corte costituzionale 2 marzo 2018, n. 43. A questa fondamentale decisione che ha definito i principi in materia, si affiancano per la verità alcune sentenze della Corte Suprema di Cassazione, in primo luogo la pronunzia del 20 maggio 2015, n. 20887 e la precedente delle Sezioni Unite del 12 settembre 2013, n. 37425 che verranno però esaminate esaurientemente nella relazione del collega prof Quattrocchio con la consueta precisione e profondità. Esse attengono infatti alla materia tributaria nella quale, come tra breve dirò, il problema del ne bis in idem si pone in termini apparentemente diversi dalla materia più propriamente amministrativistica, intendendosi con ciò, come già detto, ai fini della mia relazione, il settore dell’edilizia-urbanistica e quello della tutela ambientale.
Tornando ora alla decisione della Corte costituzionale, la pronunzia individua alcuni principi relativi alla possibilità di irrogazione della doppia sanzione sancendo che va esclusa in primo luogo la ricorrenza del ne bis in idem allorché vi sia connessione temporale e materiale tra i procedimenti che tuttavia non implica che vi sia contemporaneità tra gli stessi. La connessione materiale comporta, come chiarisce la stessa Corte, che le finalità attengano ad aspetti differenti della condotta.
Pur escludendo quindi che in queste ipotesi si incorra nel divieto sancito dall’art. 4, n. 7, della CEDU e dall’art. 50 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione, la Corte introduce tuttavia alcune limitazioni nella determinazione delle sanzioni, stabilendo che “nel commisurare la seconda sanzione si possa tener conto della prima “al fine di evitare un eccessivo fardello derivante dal medesimo fatto [continua..]