Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La normativa europea e la disciplina interna: l'ambito soggettivo di riferimento (di Oreste M. Calliano)


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SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La normativa europea sul credito al consumo - 3. Il consumatore come figura polisemica - 4. Il processo di elaborazione della definizione di consumatore - 5. Il consumatore di beni e l'utente di servizi bancari e finanziari - 6. Prime conclusioni comparatistiche - Note


1. Introduzione

Una ricognizione e ricostruzione [1] della figura del consumatore-utente di servizi bancari e finanziari (sbf) e dei suoi diritti-doveri [2] diventa essenziale allorquando alcuni “cigni neri” [3] hanno catalizzato una serie di elementi di novità aprendo una nuova fase [4] del consumerismo finanziario in Europa. a) Gli scandali finanziari hanno inviato ai consumatori messaggi tipo “vini al metanolo”[5]: la qualità dei beni e dei servizi ha un costo, occorre evidenziare processi certificativi di qualità controllati e concertati. I consumatori hanno poi, a seguito della crisi finanziario-economica, cambiato stili di consumo imponendo alle imprese bancarie e finanziarie di recuperarne la fiducia[6], base di scambi efficienti, investendo in capitale relazionale [7] (con tutti gli stakeholder compresi i consumatori), in c.d. responsabilità sociale d’impresa [8] e conseguentemente cambiando i paradigmi delle loro strategie aziendali. [9] b) Il diritto dei consumi italiano[10], nato sulla spinta delle direttive comunitarie degli anni ’80-’90, è tributario di modelli europei (inglese, francese, tedesco) e si sta evolvendo verso forme di soft law (codici di condotta, contratti quadro, best practices) [11]nei settori innovativi (servizi finanziari, diritto dell’internet, pratiche commerciali sleali). L’introduzione in Italia nel 2005 del codice del consumo avrebbe potuto/dovuto indurre le imprese ad adeguare le strategie consumer oriented (CRM) verso una implementation dei diritti dei consumatori, anche nell’ottica di acquisire vantaggi competitivi, rispetto ai concorrenti europei. Inoltre la forte spinta data alla distribuzione online di servizi finanziari costringe il legislatore (europeo ed italiano [12]), la giurisprudenza e la dottrina ad adeguare il diritto del consumo e lo stesso civile e le sue tradizionali categorie a nuove problematiche (tutela della privacy telematica, conclusione del contratto telematico), ma anche a nuove opportunità di tutela (comunicazione informativa bidirezionale, procedura di graduale conclusione del contratto standard, protection by design). c)L’enforcementdei diritti dei consumatori richiede una giustizia adeguata ed efficiente, mentre la sempre più aggravata crisi della giustizia italiana [13], [continua ..]


2. La normativa europea sul credito al consumo

Il credito al consumo si è sviluppato prima in Stati Uniti e in Gran Bretagna, poi in Europa continentale allo scopo di stimolare gli acquisti in un Mercato Unico Europeo in espansione. Ma già dagli anni ’70 emerge che il sovraindebitamento delle famiglie nordeuropee è in costante crescita [19] e ciò tende non solo a creare problemi sociali, ma anche a contrarre i consumi interni. Alcuni Stati membri svilupparono normative ad hoc: In Gran Bretagna il Consumer Credit Act del 1974 introdusse obblighi di informazione, trasparenza dei tassi e Cooling of fperiod (periodo di riflessione che stimolerà il diritto al recesso di origine comunitaria). In Francia la Loi Scrivener del 1978 regolò l’offerta contrattuale, la sua durata minima (15 giorni) e le informazioni contrattuali, tra cui uno scadenziario previsionale dei rimborsi. In Germania il Verbrauchkreditgesetz 1990 estese la tutela dell’indebitato ai rapporti trilaterali evitando il vuoto di tutela del consumatore nel caso di azione del fornitore. A livello comunitario si procedette con la Dir. 87/102/CE ad una armonizzazione minima sulla base del principio di sussidiarietà, ma le divergenze tra normative nazionali e l’emergere di un mercato unico dei servizi finanziari europei ne impose la revisione con lg Dir. 2008/48/CE che optò per una armonizzazione massima. Tale esigenza venne poi ribadita dalla Corte di giustizia che nell’ammettere che lo Stato Membro possa imporre obblighi sulle commissioni, confermò il potere del consumatore di rivolgersi alle Autorità nazionali di tutela del risparmio in quanto “la disparità di legislazione può creare distorsioni alla concorrenza inibendo il credito transfrontaliero» [20]. In Italia la normativa sul credito al consumo fu introdotta nel T.U.B. Tit. VI, Capo II, e integrata dalle Istruzioni di Bankitalia e di A.B.F. Il recepimento della Dir. 2008/48/CE con il D.lgs.141/2010 non fu però introdotto nel Cod. cons. intendendosi, a mio avviso, con ciò sviluppare un diritto del consumo dei servizi finanziari autonomo [21]. I soggetti che il D.lgs.141/2010 definisce sono: il consumatore, il fornitore del bene o del servizio, il finanziatore, l’intermediario del credito. L’art. art. 121 b) definisce il consumatore come “la persona fisica che agisce per scopi estranei [continua ..]


3. Il consumatore come figura polisemica

La figura del consumatore è stata studiata da varie discipline sociali (economia, sociologia, psicologia economica, marketing) che ne hanno visto diverse sfaccettature partendo da definizioni spesso implicite. La dottrina giuridica più attenta parla di “status”, di “ruolo” o di “attore” e sin dagli anni ’70 in Stati Uniti e in Europa dagli anni ’80 è stata oggetto di attenta analisi giuseconomica. Possiamo individuare vari approcci alla tutela o meglio alla nascita ed evoluzione del diritto dei consumatori. a) Il consumatore come persona soggettivamente debole (weak subject) Di fronte alla produzione di massa ed alla conseguente necessità di vendere prodotti e servizi le tecniche di marketing hanno sviluppato metodologie di approccio al consumatore particolarmente aggressive (vendite fuori dai locali commerciali) o subdole (vendite a distanza) che inducono a scelte fallaci il consumatore non adeguatamente informato,. Inoltre spesso i prodotti e i servizi sono molto sofisticati e non consentono una adeguata valutazione né del loro contenuto, né della loro qualità. Inducendo il consumatore a cadere in errore. Particolarmente esposte sono poi le persone anziane, a basso reddito, prive di istruzione, che il diritto comunitario considera soggetti particolarmente deboli. Poiché frimedi tradizionali del c.c. in tema di vizi della volontà sono risultati inadeguati, i principi giuridici che si sono sviluppati sono la protezione della parte soggettivamente debole, l’obbligo di una informazione adeguata per costruire un consenso consapevole e la responsabilità del produttore senza colpa. Allo scopo tali normative sono cogenti e la giurisprudenza vieppiù si è sviluppata nella direzione della tutela del consumatore debole. b) Il consumatore come attore del mercato Spesso lo scambio tra operatore professionale (che con inadeguata trasposizione dalla direttiva, che in inglese richiama il “professional”, è stato tradotto con “professionista”) e consumatore soffre di asimmetrie che rendono inefficiente il mercato. a) Asimmetrie informative legate al processo di raccolta ed elaborazione delle informazioni (carenze informative, incapacità di valutazione) per le quali l’ordinamento prevede il richiamo ai vizi della volontà (errore, dolo) che la dottrina [continua ..]


4. Il processo di elaborazione della definizione di consumatore

Diverse sono le fasi in cui tali definizioni sono state sviluppate nel diritto comunitario ed europeo: 1) Fase del Trattato di Roma anni 1957-70. Il trattato di Roma tratta del consumatore esclusivamente in tema di sicurezza alimentare (art. 100) e di concorrenza. Il consumatore è visto come strumento per attuare il mercato unico europeo e sviluppare l’economia europea tramite lo sviluppo delle sue capacità di acquisto. 2) Fase anni ’70-’90. A seguito della elaborazione delle normative nazionali in tema di tutela del consumatore la Commissione sviluppa negli anni ’70 il programma quadro sui diritti dei consumatori e successivamente le prime direttive in materia [34] in cui non si da una definizione di consumatore, ma si utilizzano le varie espressioni che individuano la sua attività economica: danneggiato, acquirente, turista, risparmiatore, investitore, utente. Tale scelta, probabilmente contingente, di non definire, è una scelta che la dottrina ermeneutica più attenta [35] considera assai efficace dal punto di vista normativo, in quanto una definizione “cristallizza” la figura giuseconomica in uno “status” consentendo sì una tutela priva di ambiguità, ma inibendo interpretazioni legate all’evoluzione del mercato e delle nuove tecnologie. Si pensi alle difficoltà di definire come consumatore il “navigatore” telematico, l’ac­qui­rente di “incentive tours”, l’investitore occasionale. 3) Fase ’93-2000. Nel 1992 viene approvato il Trattato di Maastricht che, nell’estendere l’ambito dell’Unione europea dalla dimensione economica a quella sociale, introduce con l’art. 129 A (ora 153 nel Tr. CE) la tutela di un livello elevato di protezione degli interessi economici dei consumatori, consentendo (co. 5) agli Stati membri di introdurre misure più rigorose rispetto a quelle armonizzate di cui ai co. 3 a) e b). Ne è conseguita la necessità di individuare l’ambito di applicazione di tale elevato livello di tutela. La direttiva 93/13/CEE nel regolare le condizioni generali di contratto di consumo e le relative clausole abusive ha quindi introdotto all’art. 2 lett. b) la definizione di consumatore individuato in “qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della direttiva, agisce per fini che non [continua ..]


5. Il consumatore di beni e l'utente di servizi bancari e finanziari

Partendo dalla constatazione che l’aggregazione di soggetti con interessi diversi, e quindi con esigenze di tutela diverse, nell’unica categoria definitoria di “consumatore” [42] cela il timore, emerso a livello comunitario, di estendere eccessivamente la tutela per un soggetto considerato “debole”, si può osservare che lo stesso codice del consumo all’art. 39 evidenzia che “le attività commerciali sono improntate al rispetto dei principi di buona fede, correttezza e di lealtà, valutati anche alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie di consumatori”. Il confronto tra il rationale di tutela dell’acquirente di beni di consumo e dell’utente di sbf ne giustifica quindi le differenze strutturali. La debolezza (weakness) di cui soffre l’utilizzatore di beni di consumo in un mercato di prodotti di massa, complessi, sia sotto il profilo tecnologico che sotto il profilo dei rischi introdotti nel mercato è fondata sulle asimmetrie analizzate dalla dottrina economica [43] e poi da quella giuseconomica [44]. Nel settore dei sbf gli interventi sono stati invece disorganici, non pienamente armonizzati a livello europeo, salvo rare eccezioni (credito al consumo [45] e vendita di servizi bancari e finanziari on line) non consentendo di elaborare un set di regole efficienti per la tutela dell’utente [46] . Ciò è dovuto sia alla creazione, più tarda, di un mercato europeo dei servizi bancari e finanziari in base alla libera circolazione fondata sul principio del mutuo riconoscimento [47], sia al potere di lobby degli operatori europei a fronte della frammentazione delle competenze comunitarie [48], sia alla diversità di “debolezza” dell’utente di servizi rispetto all’acquirente di beni. a) le asimmetrie informative che per l’acquirente di prodotti attengono prevalentemente alla sicurezza (informazioni sui rischi al fine della loro accettabilità da parte del consumatore), alla comparabilità (etichettatura), all’oggetto del contratto (tracciabilità dei prodotti), per l’utente di sbf attengono alla relazione diagencyin senso economico [49] in cui il benessere del principal/cliente dipende dal comportamento dell’agent/prestatore del servizio. Trattandosi di [continua ..]


6. Prime conclusioni comparatistiche

Anche la dottrina europea sta ripensando alla nozione di consumatore. Hans Micklitz [57] ha evidenziato la necessità di esaminare più attentamente la diversità di approcci tra il modello europeo, che partendo (negli anni ’70) da situazioni di monopolio o di oligopolio presenti nel mercati europeo, ha sviluppato il ruolo del consumatore come attore ove adeguatamente informato diviene “sovrano del mercato” sviluppando la concorrenza tra gli operatori economici e quello statunitense, che superato tale “mito” ottocentesco, vede la tutela del consumatore adeguatamente protetto dall’efficienza del mercato, In questa alternativa giocherà un ruolo fondamentale il principio della razionalità comportamentale del consumatore. E si chiede: quale modello prevarrà se si dovesse raggiungere l’accordo tra Unione europea e Stati uniti per un mercato integrato, in particolare con l’offerta di beni e servizi? In particolare con la diffusione della distribuzione telematica di beni o servizi il consumatore appare “deterritorializzato” e quindi “mercatizzato” e “frammentato” atteso che nei vari mercati, sia merceologici che territoriali riceve una tutela diversificata. Guido Alpa, a suo tempo fautore dello “status “del consumatore, analogo a quello del lavoratore e del processo di sviluppo della sua tutela dal primo novecento in poi, oggi manifesta perplessità. Occorre valutare volta per volta la posizione del consumatore nell’ambito dei singoli rapporti, ma anche di considerare come non illimitate le potenzialità del diritto nella tutela del consumatore. Ne consegue che la definizione restrittiva scelta dal legislatore e confermata nel cod.cons. pare troppo angusta [58].   Nel credito al consumo il cliente è sia consumatore in quanto acquirente di un bene o servizio sia utilizzatore di un servizio di finanziamento. Ne consegue che la “figura” può comportare una doppia disciplina. Si pensi al tema delicato della valutazione del merito creditizio (art. 124 bis, D.lgs. n. 141/2010) del consumatore ed alla correlata valutazione di adeguatezza dei rischi previsti dalla MIFID 2, anche in relazione alla situazione finanziaria del cliente. Si può immaginare che la normativa prevista per il cliente definito l’in­vestitore occasionale, quindi presunto privo [continua ..]


Note