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1. Considerazioni generali - 2. Il rapporto fra i derivati e gioco - 3. Le novità sui contratti derivati - NOTE
Prima di esaminare le ricadute della Direttiva MiFID II (Direttiva 2014/65/UE, attuata in Italia con il d.lgs. n. 129/2017) e del Regolamento MiFIR (Regolamento 2014/600/UE) sulla disciplina dei “derivati” finanziari, sia consentita una riflessione di carattere generale sull’ipertrofia normativa che caratterizza la legislazione in materia di mercati finanziari. Già nel 2004, infatti, nella Premessa al loro saggio dedicato al mercato mobiliare, Costi ed Enriques avevano evidenziato come «la mera riproduzione delle fonti normative che disciplinano il mercato mobiliare occuperebbe un numero di pagine di molto superiore a quello del presente volume» [1] (il quale consta di ben 500 pagine). Dal che veniva fatta discendere l’impossibilità oggettiva di dedicare approfondite riflessioni a ciascuna disposizione, dovendosi invece delimitare l’analisi all’estrapolazione dei principi essenziali e delle tematiche centrali rinvenibili nel complesso normativo. A quasi quindici anni di distanza, nulla è mutato. Ancora oggi, le norme attuative della Direttiva MiFID II e il Regolamento MiFIR occupano complessivamente più di un migliaio di pagine, costringendo così gli interpreti a sforzi esegetici diversi e, per certi versi, opposti rispetto a quelli affrontati, ad esempio, nella chiosa delle norme codicistiche. È noto, infatti, come in quest’ultimo caso da norme sintetiche e di carattere generali si possano sviluppare riflessioni, anche di ampio respiro sistematico, dirette ad individuarne le finalità, l’esatta portata applicativa, le eccezioni, le ricadute pratiche … e non di rado dall’esame di anche poche disposizioni scaturiscono commenti densi e meditati. Di contro, dinanzi a testi-monstre come quelli in commento, all’interprete è richiesto un lavoro di sottrazione, ossia di individuazione, nella pletora di norme (perlopiù di carattere tecnico-operativo), dei principi regolatori della materia, che consentano agli operatori di avere delle chiavi di lettura utili per districarsi nella complessità normativa. Uno dei primi temi che si può porre l’interprete è proprio quello di comprendere il motivo di tanta sovrabbondanza normativa. Se si guardano i principali – e più ponderosi – interventi regolatori nella materia dei mercati finanziari in una prospettiva [continua ..]
Venendo ora al tema dell’intervento, vale a dire le ricadute della Direttiva MiFID II e del Regolamento MiFIR sulla disciplina dei derivati, non si può non iniziare da alcuni minimi rilievi in ordine alla natura dei derivati, soprattutto in relazione al rapporto con l’eccezione di gioco di cui all’art. 1933 Cod. civ., nonché sulla dimensione che hanno raggiunto nell’economia moderna. Per quanto riguarda il primo profilo, non è il caso di soffermarsi sulla nozione di “strumenti derivati”, che vengono puntualmente definiti dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 58/1998, che rimanda, per la loro elencazione all’art. 1, comma 1-bis lett. c) e all’Allegato 1, Sezione C, lettere da 4) a 10), Testo Unico Finanza; né pare necessario intrattenersi sulla loro funzione che, come noto, può essere di “copertura” (finalizzata a ridurre il rischio finanziario di un portafogli preesistente) oppure “speculativa” (diretta ad ottenere un profitto attraverso l’assunzione di rischi) o, ancora, di “arbitraggio” (intesa a conseguire un profitto a basso rischio, attraverso transazioni combinate fra il derivato e il sottostante). La definizione di “strumento derivato” È, di contro, maggiormente interessante ripercorrere i rapporti fra strumenti derivati e l’eccezione di gioco di cui all’art. 1933 c.c., che – da un lato – non concede azione per il pagamento di debiti di gioco e, dall’altro lato, prevede la non ripetibilità delle somme versate spontaneamente in adempimento di debiti di gioco. Questo perché, in passato, in giurisprudenza, non era ben chiaro se lo strumento derivato potesse rientrare nella nozione di gioco, e quindi essere trattato alla stregua di un’obbligazione naturale, con tutto ciò che ne conseguiva in termini di incoercibilità. Evidentemente, il diffondersi di simile tesi avrebbe avuto un effetto dirompente sulla pratica dei mercati finanziari, di fatto privando di tutela un settore di enorme rilievo (come si vedrà meglio nel prosieguo) [2]. Al fine di scongiurare tale rischio, il legislatore italiano ha introdotto, all’art. 23, comma 5, del Testo Unico Finanza il principio secondo cui nell’ambito della prestazione di servizi di investimento, ai derivati non si applica l’art. 1933 c.c. Ma l’aver [continua ..]
Dato atto dell’ampiezza della diffusione degli strumenti derivati sul mercato globale, non resta che verificare in quale modo la Direttiva MiFID II e il Regolamento MiFIR abbiano inciso sulle fattispecie della creazione e negoziazione di strumenti derivati. Fattispecie che, è bene ricordare, si sono sviluppate e hanno prosperato al di fuori dei mercati regolamentati e per le quali, dunque, era auspicabile una forma di regolamentazione. La verifica, peraltro, verrà condotta non tanto sulla base di un’analisi puntuale delle disposizioni che riguardano gli strumenti derivati, bensì sforzandosi di individuare i principi ispiratori degli interventi legislativi. Il tutto, in coerenza con quanto si è precedentemente espresso in merito all’esegesi delle norme in materia di mercati finanziari che, data la sovrabbondanza legislativa, deve sforzarsi non di esaminare compiutamente ogni singolo precetto normativo, ma individuare – nel mare magnum regolamentare – alcuni principi-guida idonei a guidare in modo sicuro gli operatori. Ebbene, in materia di derivati sembrano potersi individuare tre linee di intervento da parte del legislatore comunitario. In primo luogo, vi è il tema di provvedere ad una sorta di censimento dei derivati. Ed in proposito, si segnala che il 16 gennaio 2018 l’ESMA ha pubblicato una sorta di registro dei derivati che si negoziano nella prassi operativa, nella quale si trova tanto un elenco delle tipologia di derivati ad oggi negoziata, quanto un elenco di mercati di trading values, il quale conduce al secondo profilo di intervento del legislatore comunitario. Con i provvedimenti in commento, difatti, si è stabilito che gli operatori siano tenuti a operare su specifiche piattaforme per la negoziazione di strumenti derivati, introducendoli di fatto in una sorta di mercato regolamentato. Da ultimo, si è previsto l’inserimento di meccanismi di compensazione fra strumenti derivati. Complessivamente, è possibile formulare un giudizio positivo sul tali interventi, giacché perseguono l’obiettivo di provare a governare un settore che – come si è visto – sino ad ora si è sviluppato al di fuori dei mercati regolamentati. Innanzitutto, la previsione di censire gli strumenti derivati potrebbe conseguire il risultato di limitare la fantasia dell’ingegneria finanziaria. La creazione di [continua ..]