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1. Introduzione - 2. La riqualificazione degli atti ai sensi dell'articolo 20 TUR ante riforma - 3. Operazioni straordinarie e riqualificazione degli atti ai sensi della previgente formulazione dell'articolo 20 TUR - 4. Le novità introdotte dalla Legge di Bilancio per il 2018 - 5. L'efficacia temporale della norma - Note
Negli ultimi anni la disciplina in materia di imposta di registro, ed in particolare l’applicazione dell’articolo 20 del D.P.R. n. 131 del 26 aprile 1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, TUR) ha condizionato in maniera significativa la strutturazione e l’effettuazione di numerose operazioni di gestione straordinaria, non di rado comportando notevole incertezza tra gli operatori. Infatti, attraverso l’applicazione del predetto articolo 20, secondo il quale l’imposta si applica in base all’“intrinseca natura” degli atti, l’amministrazione finanziaria e la giurisprudenza sono giunti ad applicare l’imposta di registro in misura proporzionale a un novero di operazioni che si concretizzavano, in sintesi, in un trasferimento di partecipazioni, ossia di beni “di secondo grado”, per cui l’imposizione si realizzerebbe nella stessa misura e secondo le medesime modalità che si sarebbero avute nel caso in cui fosse stato posto in essere un trasferimento di beni “di primo grado” (tipicamente, un trasferimento di azienda o di immobile). Tali orientamenti dell’amministrazione finanziaria e della giurisprudenza (di legittimità e di merito) hanno provocato una significativa incertezza, in capo agli operatori, in merito al regime fiscale applicabile a talune operazioni di gestione straordinaria quali conferimenti d’azienda, compravendite di partecipazioni societarie, apporti ai fondi immobiliari [1]. A ciò si deve poi aggiungere l’ulteriore problematicità derivante dall’applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza a fattispecie non espressamente contemplate nelle sentenze, ma suscettibili in via generale di ricadere nell’accertamento dell’“intrinseca natura” e della “causa” dell’operazione. Al fine di porre rimedio alla situazione sopra rappresentata – la quale, non di rado, ha determinato casi di “stallo” per determinate operazioni – il legislatore è recentemente intervenuto con la Legge di Bilancio 2018 (legge n. 205 del 27 dicembre 2017) modificando in maniera significativa l’articolo 20 TUR. Nel presente contributo si descrive quindi in primo luogo il regime vigente sino al 2017 e le principali problematiche che hanno dato luogo alla riforma della norma citata, ed in secondo luogo si esamina la [continua ..]
Preliminarmente, occorre ricordare che l’articolo 20 del T.U. Registro ha, in sintesi, la funzione di disciplinare le regole generali relative all’interpretazione ed alla qualificazione dell’atto sottoposto alla registrazione, indipendentemente dal nomen iuris attribuito dalle parti a tale atto [2]. L’opera interpretativa svolta dall’Ufficio cui viene richiesta la registrazione ha quindi lo scopo di accertare l’effettiva attività giuridica posta in essere dal contribuente, in modo da applicare la regola impositiva che la legge associa a tale particolare attività [3]. A tal fine, la formulazione dell’articolo 20 in vigore sino al 2017 prevedeva appunto che “l’imposta [fosse] applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrispond[esse] il titolo o la forma apparente”. Tale articolo fissa quindi un canone interpretativo sensibilmente diverso da quello recato dal Codice civile, secondo il quale (articolo 1362) “nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole” – laddove per determinare tale comune intenzione “si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto” – e (articolo 1363) “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo il senso che risulta dal complesso dell’atto”. La norma del TUR sopra riportata pone invece l’accento sull’“intrinseca natura” dell’atto e sugli “effetti giuridici” dello stesso, di talché tale formulazione, posta a confronto con i criteri civilistici sopra menzionati, sembrerebbe già di per sé sufficiente, da un lato, ad escludere qualsiasi rilevanza di dati extratestuali, e dall’altro lato a prescindere dagli effetti economici prodotti dall’atto e dall’intenzione comune delle parti [4]. Gli effetti giuridici, quindi, e non gli effetti economici, dovrebbero essere presi in considerazione dall’amministrazione finanziaria al fine di applicare l’imposta. Ciò nonostante, l’articolo 20 è stato interpretato, dall’amministrazione finanziaria e da una parte (largamente maggioritaria) [continua ..]
3.1. Cessione di quote post conferimento d’azienda riqualificata come “cessione d’azienda” Il procedimento di riqualificazione in chiave antielusiva ha riguardato numerose fattispecie, in particolar modo afferenti l’area delle operazioni di gestione straordinaria [5]. L’operazione maggiormente oggetto di contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria negli anni passati, e che ha prodotto gran parte della giurisprudenza in tema di riqualificazione ex art. 20 TUR, è senza dubbio la cessione delle partecipazioni societarie rinvenienti da un’operazione di conferimento d’azienda, operazione che per costante orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione è stata riqualificata come “cessione d’azienda” [6]. Infatti, tale operazione è stata ritenuta, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, alla stregua di una cessione “diretta” dell’azienda – con il risultato pratico che, mentre le operazioni di conferimento d’azienda e successiva cessione delle partecipazioni scontano in via di principio l’imposta di registro in misura fissa, la riqualificazione operata dall’amministrazione finanziaria comportava l’applicazione del tributo in misura proporzionale. Numerose sono state le sentenze (quasi tutte oggetto di unanime critica da parte della dottrina) in relazione a tale fattispecie; la maggioranza di tali casi riguarda la cessione di una partecipazione totalitaria o di controllo, sebbene vi siano state anche contestazioni in relazione a cessioni di quote di minoranza [7]. In tali fattispecie, la giurisprudenza, e in ultima istanza la Corte di Cassazione, ha utilizzato ai fini interpretativi un approccio sostanzialistico volto a considerare più negozi collegati come un’unica operazione (una c.d. step transaction). In questa prospettiva, e a prescindere dalla presenza di un intento elusivo delle parti, la giurisprudenza ha ritenuto che diversi negozi giuridici (come appunto il conferimento in società e la cessione delle quote) fossero collegati al fine di produrre un unico effetto giuridico finale, e pertanto, secondo la Corte, ai fini dell’imposta di registro andrebbero considerati – ed assoggettati ad imposizione – come un fenomeno unitario [8]. In sostanza, quindi, le sentenze [continua ..]
Per ovviare alle problematiche rappresentate nei precedenti paragrafi, il legislatore ha introdotto con la Legge di Bilancio per il 2018 significative modifiche all’articolo 20 TUR. Secondo la relazione illustrativa al disegno di legge, le modifiche sono state introdotte per “definire la portata della previsione di cui all’articolo 20 del TUR, al fine di stabilire che detta disposizione deve essere applicata per individuare la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, prescindendo da elementi interpretativi esterni all’atto stesso (ad esempio, i comportamenti assunti dalle parti), nonché dalle disposizioni contenute in altri negozi giuridici “collegati” con quello da registrare. Non rilevano, inoltre, per la corretta tassazione dell’atto, gli interessi oggettivamente e concretamente perseguiti dalle parti nei casi in cui gli stessi potranno condurre ad una assimilazione di fattispecie contrattuali giuridicamente distinte (non potrà, ad esempio, essere assimilata ad una cessione di azienda la cessione totalitaria di quote)”. Al fine di perseguire le finalità in parola, l’articolo 1, comma 87 della Legge di Bilancio 2018 modifica l’articolo 20 prevedendo che l’interprete debba considerare non “gli atti presentati”, bensì “l’atto presentato”, e che l’intrinseca natura e gli effetti giuridici debbano essere valutati “sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi” [22]. Inoltre, la norma sopra citata modifica in parte anche l’articolo 53-bis del T.U. Registro, relativo alle attribuzioni e poteri degli Uffici, menzionando espressamente l’applicazione dell’articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente, ovverosia la norma generale antielusiva introdotta dal D. Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 secondo la quale configurano abuso del diritto o elusione fiscale “una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”. Al fine di rendere più chiare le modifiche normative recentemente introdotte, di seguito si riporta un confronto tra le formulazioni della norma ante e post Legge [continua ..]
Infine, è necessario considerare il tema della decorrenza della nuova disposizione introdotta dall’articolo 1, comma 87 della Legge di Bilancio 2018, atteso che la lettera della norma nulla dispone in merito alla sua efficacia temporale, e ciò può rappresentare un non secondario elemento di incertezza per gli operatori economici [28]. In realtà, pur in un contesto non scevro da dubbi interpretativi – e nonostante vi siano spazi anche nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, come si vedrà meglio infra, per sostenere una efficacia retroattiva – sembra doversi privilegiare la tesi secondo cui l’efficacia temporale della novella normativa, caratterizzandosi quest’ultima come avente una natura innovativa, si dispiega solo pro futuro, escludendone pertanto la portata retroattiva. Infatti, anche se la relazione illustrativa fa riferimento ad una norma introdotta al fine di “dirimere alcuni dubbi interpretativi” circa l’applicazione dell’articolo 20 – menzionando altresì che “trattandosi di norma di natura chiarificatrice, dalla stessa non derivano effetti in termini di gettito” – non pare vi possano essere le condizioni per indicarne un’applicazione retroattiva, stante il fatto che la novella muta radicalmente la lettera della norma di cui si discute, per cui pare preferibile sostenere che l’intervento normativo abbia portata innovativa [29]. Per aversi effetto retroattivo sarebbe necessario che la disposizione di cui al comma 87 citato presentasse le caratteristiche tipiche della norma di interpretazione autentica, ma è evidente come la norma non possa assumere espressamente tale status per almeno due ordini di ragioni [30]: (i) tale disposizione non si qualifica espressamente come “di interpretazione autentica” (condizione richiesta dall’articolo 1, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente); e (ii) le norme di interpretazione autentica non incidono sul testo della norma, ma si limitano ad esplicitare il significato della previsione interpretata. In altri termini, quindi, se il legislatore avesse voluto introdurre una norma di interpretazione autentica… avrebbe introdotto una norma di interpretazione autentica. Peraltro, non sembra del tutto conforme agli “ordinari” canoni interpretativi l’attribuire una [continua ..]