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1. Premessa - 2. Le operazioni straordinarie degli enti non profit - 3. L’impresa sociale. Le operazioni straordinarie
Nell’ambito della riforma organica del Terzo settore, il legislatore – pur non intervenendo direttamente sul codice civile – ha provveduto ad inserire in quest’ultimo una specifica disciplina della trasformazione, fusione e scissione degli enti non profit, a prescindere dalla loro qualificabilità in termini di “Enti del Terzo settore”, come definiti dall’art. 4 del d.lgs. 3 luglio 2017 n. 117. Si tratta del nuovo art. 42-bis c.c., secondo cui: «Se non è espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al presente titolo possono operare reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni. La trasformazione produce gli effetti di cui all’articolo 2498. L’organo di amministrazione deve predisporre una relazione relativa alla situazione patrimoniale dell’ente in via di trasformazione contenente l’elenco dei creditori, aggiornata a non più di centoventi giorni precedenti la delibera di trasformazione, nonché la relazione di cui all’articolo 2500-sexies, secondo comma. Si applicano inoltre gli articoli 2499, 2500, 2500-bis, 2500-ter, secondo comma, 2500-quinquies e 2500-nonies, in quanto compatibili. Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili. Gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i quali il libro V prevede l’iscrizione nel Registro delle imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore». In tal modo il legislatore delegato ha dato attuazione all’art. 1, comma 2, lett. a) della l. (delega) 6 giugno 2016, n. 106, relativa «alla revisione della disciplina del titolo II del libro primo del codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute». In particolare, l’art. 3 lett. e) della citata legge delega prevede che il legislatore delegato debba, fra l’altro, «disciplinare il procedimento per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni, nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti [continua ..]
2.1. I limiti La possibilità per le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di dare corso ad operazioni di trasformazione, fusione o scissione è condizionata dalla legge alla circostanza che ciò non sia «espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto». Nel caso in cui, nell’atto costitutivo o nello statuto, sia espressamente esclusa la possibilità di dare luogo a trasformazioni, fusioni o scissioni, si deve ritenere che sia comunque possibile darvi corso, previa eliminazione della clausola statutaria di divieto. Tale conclusione pare discendere dalla circostanza che – da un lato – il D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, il cui art. 2, comma 3, sancisce che «per le fondazioni, alla domanda è allegata la documentazione necessaria a comprovare il rispetto delle disposizioni statutarie inerenti al procedimento di modifica dello statuto» e – dall’altro – il Codice del Terzo Settore, all’art. 25, ultimo comma, dispone che «Lo statuto delle fondazioni del Terzo settore può attribuire all’organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, di cui preveda la costituzione la competenza a deliberare su uno o più degli oggetti di cui al comma 1», fra le quali, alla lett. f), figurano anche le «modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto». Addirittura la soppressione del divieto statutario e l’operazione straordinaria possano essere deliberate contestualmente, subordinando l’efficacia della trasformazione, fusione o scissione a quella dell’abrogazione del menzionato divieto statutario. Il divieto, nelle associazioni, può essere soppresso con le ordinarie maggioranze previste per una qualunque modifica statutaria, mentre, nelle fondazioni, la facoltà di addivenire a modifiche statuarie è soggetta al vaglio della sua compatibilità con la volontà del fondatore, così come anche confermato dall’art. 25, ultimo comma, del Codice, il quale dispone che le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto debbano avvenire «nel rispetto della volontà del fondatore». Limiti ulteriori rispetto a quello sopra menzionato sono previsti dall’art. 12 del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112, con riferimento agli enti che rivestono la qualità di impresa [continua ..]