1. MiFID II, compliance e controlli - 2. Inquadramento normativo - 3. Focus sui controlli di adeguatezza e di prodotto profilo distributore - 4. Conclusioni - NOTE
La funzione di conformità – nel gergo tecnico e nelle discipline europea/internazionali “funzione di compliance” – è parte costituente, da oltre un decennio, dell’assetto dei controlli interni degli intermediari finanziari. La normativa italiana, che consegue a quella europea, assegna alla funzione di compliance il compito di presidiare il cosiddetto “rischio di non conformità”, definito quale rischio di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni di reputazione in conseguenza di violazione di norme imperative o di autoregolamentazione [1]. Nel concreto e nelle migliori prassi, tale funzione identifica nel continuo le norme applicabili e ne valuta l’impatto sui processi aziendali, proponendo le necessarie modifiche organizzative e procedurali e verificando nel tempo l’efficacia degli adeguamenti organizzativi. La funzione di conformità svolge pertanto un ruolo cruciale nel contesto dei controlli previsti dalla nuova disciplina sulla prestazione dei servizi di investimento. Nell’ordinamento nazionale ed europeo, il decennio più recente si è caratterizzato per l’entrata in vigore delle due Direttive MiFID (Market in Financial Instruments Directive [2]) e della poderosa annessa normativa di primo, secondo e terzo livello. Il 3 gennaio 2018, in particolare, si è avviata l’applicazione della cosiddetta MiFID II, accompagnata da un articolato insieme, inter alia, di novellati requisiti di controllo rispetto alla precedente Direttiva. L’implementazione delle nuove norme ha impegnato gli intermediari in un processo esteso anche temporalmente, avviatosi già nel 2016 quanto ad attività interpretative e applicative e non ancora conclusosi, stanti i rilevanti impatti operativi e procedurali, la produzione normativa di secondo e terzo livello ancora in corso e la presenza di alcuni adempimenti di portata sovrannuale. I controlli che discendono da questa nuova Direttiva, al pari di quella precedente, afferiscono direttamente alle modalità di prestazione dei servizi di investimento: ci si trova pertanto in contesto in cui è palese la necessità di indirizzare le scelte di conformità verso la condivisione preventiva con le strutture di business, quale presupposto indispensabile per il disegno e l’efficace [continua ..]
A distanza di circa 15 anni dalla pubblicazione di MiFID I e di 10 anni dalla sua entrata in vigore, si inserisce a gennaio del 2018 una parte cospicua della disciplina connessa a MiFID II. Il percorso di recepimento nell’ordinamento italiano ha inizio con le modifiche alla normativa primaria apportate al Testo Unico della Finanza dal d.lgs. 129/2017 e raggiunge un sostanziale compimento mediante la pubblicazione della Delibera Consob n. 20307/2018 (il “nuovo Regolamento Intermediari”) [3] (cfr. Tavola 1). Tavola 1 Il corpus normativo in parola è e sarà costantemente integrato dalle linee guida/indirizzi pubblicati dall’Esma e dalle altre Autorità regolamentari europee, le quali assumono sempre più rilevanza nell’ambito dell’armonizzazione della regolamentazione dei servizi finanziari a livello transnazionale. Portando l’attenzione alla tematica centrale di questo lavoro, va evidenziato che MiFID II, in continuità con gli obiettivi della prima Direttiva, introduce alcune novità importanti in particolare nell’area della tutela dell’investitore [4] (cfr. Tavola 2). Tavola 2 L’evoluzione degli strumenti finanziari – sempre più complessi – da un lato, e le dinamiche di mercato – talvolta avverse – successive alla crisi del 2008 hanno reso evidentemente necessario un aggiornamento delle disposizioni previgenti, focalizzando ulteriormente l’attenzione sull’effettiva cura e protezione del risparmiatore. La disciplina contenuta nella direttiva MiFID II e nel Regolamento MiFIR prevede infatti rafforzati obblighi informativi da parte dei prestatori di servizi di investimento verso i loro clienti e un’adeguata profilatura di questi ultimi, così come nuove regole per dirimere eventuali conflitti d’interessi tra le parti. Per esempio, vengono declinate disposizioni in merito al governo dei prodotti in tutta la filiera di intermediazione – dal produttore al distributore – cd. regole di product governance – con nuovi poteri di controllo per l’Esma e le Autorità di vigilanza nazionale – cd. regole diproduct intervention [5]. Notevole enfasi viene assegnata agli obblighi di informativa da parte degli intermediari nei confronti della clientela. Nel merito, si richiede agli intermediari di esplicitare tutti i costi di [continua ..]
In questa sezione ci si sofferma su tre tipologie di controllo che sono state introdotte dalla nuova disciplina e che rientrano in particolare nelle aree tematiche del governo dei prodotti, delle verifiche di adeguatezza in merito alle raccomandazioni personalizzate e della trasparenza dei costi. Si tratta di requisiti che possono avere un’incidenza ed un impatto anche rilevanti sul modello di servizio del distributore (così come sull’offerta del produttore). Vengono in merito esposte alcune possibili linee di interpretazione “concreta” del dettato normativo, senza avere alcuna pretesa in termini di individuazione di migliore pratica né di trattazione dottrinale. Si tratta di aree tematiche sulle quali la funzione di conformità è chiamata in primis ad esprimersi sia con riguardo alla corretta interpretazione della norma che relativamente alle soluzioni di processo e di controllo che possono essere attivate dall’intermediario [10]. La portata delle scelte sottese rende queste stesse aree pienamente rappresentative dell’importanza di pervenire alle soluzioni operative attraverso la collaborazione tra la funzione di conformità e le strutture di business, le quali a loro volta dovranno valutare eventuali modifiche del modello di servizio e, contemporaneamente, la piena aderenza alle stesse da parte del personale che si relaziona con la clientela finale. a) Comparazione di prodotti equivalenti e controlli di switching Si richiamano in primo luogo i principi normativi di riferimento: per la comparazione di prodotti equivalenti, il Regolamento Delegato UE 2017/565, all’art. 54, par. 9, stabilisce che «Le imprese di investimento dispongono di appropriate politiche e procedure, dimostrabili, per assicurare di essere in grado di comprendere la natura e le caratteristiche, compresi i costi e i rischi, dei servizi di investimento e degli strumenti finanziari selezionati per i clienti e di valutare, tenendo conto dei costi e della complessità, se servizi di investimento o strumenti Finanziari equivalenti possano corrispondere al profilo del cliente.»; per i controlli diswitching, il Regolamento Delegato UE 2017/565, all’art. 54, par. 11, dispone che: «Quando prestano servizi di consulenza in materia di investimenti o di gestione del portafoglio che comportano dei cambiamenti negli investimenti, mediante la vendita di uno strumento e [continua ..]
La nuova Direttiva sui servizi di investimento non rappresenta dunque un cambiamento di “rotta”, quanto più un rafforzamento della previgente disciplina, in piena continuità con l’obiettivo già acclarato di rendere i mercati più trasparenti e di contribuire alla “buona condotta e al migliore servizio” lato intermediari, al fine di far emergere le prassi più corrette ed intervenire su quelle improprie o perniciose. La disciplina conferma la funzione di conformità nel suo ruolo finalizzato alla valutazione dei rischi di condotta, ma altresì nel controllo delle soluzioni attivate dagli intermediari per rispondere ai nuovi dettati, in particolare sul governo degli strumenti finanziari e sull’adeguatezza dei modelli di servizio. Queste prerogative collocano la funzione di conformità come “punto di collegamento” tra le esigenze del business e gli obiettivi di supervisione e verifica da parte delle Autorità di vigilanza. La breve disamina di alcuni nuovi controlli imposti dalla disciplina ha reso evidente la difficoltà operativa della loro elaborazione e del loro impianto, essendo essi necessariamente interconnessi ed integrati all’interno delle piattaforme e dei processi che sorreggono la prestazione del servizio di consulenza. È nota la preoccupazione che aleggia tra gli operatori di mercato: si teme che alcuni controlli (in particolare gli adempimenti connessi all’area della trasparenza e granularità di rappresentazione dei costi ex ante ed ex post, così come quelli correlati al governo dei prodotti) possano fortemente modificare i modelli di offerta, potenzialmente scardinandone alcuni “pilastri” (ad esempio la stessa consulenza a pagamento) e sicuramente generando una pressione sui margini. Queste apprensioni non sono irrealistiche. È altamente probabile che MiFID II “scremi” ulteriormente il mercato della prestazione di servizi di investimento. Il problema è come questoavverrà. In primo luogo, occorre augurarsi che in questi prossimi mesi le Autorità di Vigilanza (la Consob in particolare) supportino il mercato nel direzionarsi verso le scelte migliori, compatibili con la normativa, tenendo altresì conto delle caratteristiche del mercato della raccolta e della gestione di patrimoni in Italia. La Consob ha già avviato una stagione di [continua ..]