Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La repressione penale delle violazioni alla tutela dell'ambiente di lavoro (di Vincenzo Pacileo)


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Le principali norme di riferimento in campo penalistico che possiamo valutare sono la cornice generale che è quella del decreto legislativo del 2008 che prevede una serie di obblighi e di sanzioni di tipo contravvenzionale per le violazioni più o meno gravi di tipo prevenzionistico. Violazioni che per altro hanno un significato non solo in sé come violazioni di tipo formale ma possono rilevare nei casi di infortuni o di malattie professionali, nel senso cioè di ritrovare l’elemento normativo a cui ancorare la responsabilità per le lesioni o per il decesso del lavoratore, rinvenibile nel testo unico del 2008 ovvero in altre normative più specifiche come quella sui cantieri. Quindi le altre norme di riferimento in ambito penalistico sono sicuramente l’art. 590 (lesioni personali colpose), l’art. 589 (omicidio colposo), ma è importante anche l’art. 436 c.p. (rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni), e ancora poi su un fronte contiguo a quello penalistico dove la responsabilità non è più quella della persona fisica ma dell’ente, la responsabilità amministrativa di cui parla il d.lgs. n. 231/2001. C’è una grossa distinzione di fondo da fare tra infortunio e malattia professionale sul piano definitorio ma con dei riflessi poi anche sulla procedimentalizzazione delle indagini. L’infortunio è quello che si manifesta in maniera immediata e traumatica. La malattia professionale, cioè quella che deriva da una esposizione lavorativa, si configura come un danno alla salute del lavoratore dovuto a una esposizione, quindi non tanto ad un evento puntuale traumatico come nell’infortunio, ma ad una esposizione normalmente prolungata nel tempo ad agenti biologici, chimici, fisici, o di carattere nocivo. Ciò nonostante la giurisprudenza ha creativamente inventato la categoria della malattia infortunio, questo per non dare un significato troppo restrittivo all’art. 437 c.p. sulla rimozione di cautele antinfortunistiche, che si riferisce espressamente e soltanto agli infortuni, ma che evidentemente è giustificato estendere anche alle cosiddette malattie professionali. Dobbiamo collocare la violazione che interessa a questi fini in un ambiente di lavoro, che è quello in cui si applicano le norme del testo unico, ed è quell’ambiente in cui si svolge non solo l’attività del lavoratore, ma in cui – svolgendosi comunque un’attività lavorativa – vi possono accedere anche terzi estranei. Questo significa che il cliente che va nel negozio oppure entra nel­l’officina a lasciare la vettura, o ancora l’alunno che entra a scuola, riceve la stessa protezione del lavoratore e la massima di giurisprudenza che esprime questo concetto riguarda infatti proprio il caso del crollo di un soffitto che portò poi al decesso [continua..]

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