Articoli Correlati: 132/2015
1. Introduzione - 2. Le modifiche “fallimentaristiche” - 3. Le norme per “accellerare” la procedura - 4. Una conclusione - NOTE
I quattro punti della riforma attuata dal d.l. n. 83/2015 convertito nella legge 06 agosto 2015, n. 132 che si occupano specificatamente del fallimento sono: a) requisiti per la nomina a curatore (art. 28) b) termini del programma di liquidazione (art. 104-ter) e intervento sugli atti a titolo gratuito art. 64 c) modalità delle vendite (art. 107, comma 1) d) chiusura del fallimento in presenza di giudizi pendenti (art. 118). Prima di riferire su questi specifici aspetti mi permetterò di fare alcune riflessioni generali. Il testo del d.l. n. 83/2015 convertito nella legge n. 132/2015 si può ben dire un contenitore omnia dove accanto agli interventi in materia concorsuale, vi sono disposizioni in materia di procedure esecutive, in materia fiscale, sul processo telematico, su quello amministrativo, sulla negoziazione assistita e sul funzionamento degli uffici giudiziari. Con specifico riguardo alle procedure concorsuali la stragrande maggioranza degli articoli ha riguardato il concordato preventivo e, in particolare, quello in continuità mentre per il fallimento sono solo quattro gli argomenti toccati dal legislatore anche se a riguardo dal 2005 le novità a pioggia non sono state per nulla poche con interventi sempre parziali, ma a getto continuo. Al punto che viene da chiedersi se vi sia un disegno sottostante che viene frammentariamente perseguito per non urtare interessi consolidati da decenni di immobilismo o se invece questo disegno generale resti assolutamente vago e si cerchi di materializzarlo attraverso empiriche ricerche sul campo come il tipo degli interventi attuati dal 2005 ad oggi farebbe supporre. Questa seconda ipotesi mi sembra in effetti più verosimile. Il committente, ovvero lo Stato, sembra cioè aver incaricato gli operatori di giustizia in campo fallimentare (giudici, avvocati, professori) che fanno e hanno fatto parte delle varie commissioni che si sono succedute nel tempo in questi anni, di procedere alla riforma senza però dare chiarissime e indiscutibili indicazioni sulle finalità della stessa, rectius sul ruolo che devono avere le procedure concorsuali. Il che non deve stupire se si considera che l’individuazione della mission delle procedure concorsuali è stata spesso controversa e per nulla scontata anche per il fatto che sul piano degli studi scientifici la materia ha avuto molti padri, in [continua ..]
Lasciate da parte queste considerazioni generali, passiamo ad esaminare nel dettaglio le novità introdotte in materia fallimentare non senza osservare come nel passaggio dal decreto legge alla legge di conversione siano state introdotte alcune correzioni non marginali, verrebbe da dire, in parte anche al seguito di alcune critiche al decreto che i primi commentatori avevano sollevato [6]. Le innovazioni introdotte, è stato osservato, parrebbero essere ispirate a due direttive di massima: garantire la terziarietà dell’organo di gestione e accellerare le procedure fallimentari. Nel primo ambito si collocano innanzitutto gli interventi relativi alla figura del Curatore. A questo riguardo è interessante confrontare come il decreto fosse stato originariamente concepito e come sia stato modificato nella legge di conversione. In particolare nel Decreto era previsto che non potesse essere nominato Curatore: a) chi nei 5 anni avesse concorso al dissesto (la legge in precedenza prevedeva 2 anni); b) chi avesse svolto le funzioni di commissario giudiziale in un concordato preventivo; c) chi non avesse una struttura organizzativa e di risorse adeguate al rispetto dei tempi di predisposizione del programma di liquidazione di cui all’art. 104-ter(termini ora molto stretti come si vedrà). A riguardo si precisava che la sentenza doveva motivare sulla sussistenza del requisito in questione e la nomina doveva tener conto anche delle risultanze dei rapporti riepilogativi di cui all’art. 33, comma 5, nonché delle indicazioni dei creditori espresse nel corso del procedimento per la dichiarazione di fallimento di cui all’art. 15 l.f. Infine al di là dei requisiti richiesti per la nomina, era prevista la istituzione di un registro nazionale ove venivano iscritte le nomine di Curatori, Commissari e Liquidatori giudiziali in base a comunicazione delle cancellerie fallimentari e dove venivano annotati con modalità telematiche accessibili al pubblico altresì i provvedimenti di chiusura del fallimento e omologa del concordato, l’ammontare dell’attivo e passivo delle procedure chiuse. Cosa si è salvato di tutto ciò con la legge di conversione? Non molto grazie alle critiche subite sollevate dagli addetti ai lavori nonché in sede di CSM. Innanzitutto per quanto attiene ai requisiti per la nomina a Curatore è rimasta la disposizione secondo cui [continua ..]
Veniamo ora ad esaminare le altre novità che dovrebbero mirare ad accellerare l’iter delle procedure fallimentari. Si tratta essenzialmente del nuovo art. 104-ter l.f. In questo caso non essendoci interessi delle categorie in gioco, come nel caso dei requisiti per la nomina dei Curatori, non ci sono state varianti fra il testo del decreto e la legge di conversione. E quindi il Curatore che già era tenuto a predisporre il programma entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, non può in ogni caso superare il termine di 180 giorni dalla dichiarazione di fallimento. Lo sforamento di questo termine senza giustificato motivo è giusta causa di revoca dalla carica. Non basta: ora il Curatore deve anche indicare il termine ultimo entro il quale sarà completata la liquidazione dell’attivo, termine che non può eccedere i due anni. Il termine si può sforare, ma occorre dare adeguata motivazione del ritardo in quanto diversamente il Curatore potrà essere a discrezione del Tribunale revocato. E per “aiutare” nella sua attività il Curatore, si specifica che potrà affidare alcune incombenze della procedura di liquidazione a società specializzate, previsione peraltro già contenuta nell’art. 107 l.f. anche se forse in questo caso si voleva dare al termine un’estensione più ampia. Infine, sempre per agevolare il programma liquidatorio, l’art. 107 l.f. statuisce la possibilità di prevedere nelle vendite la rateizzazione del prezzo applicandosi nei limiti di compatibilità le disposizioni di cui agli art. 569, comma 3, terzo periodo, 574, comma 1, secondo periodo e 587, comma 1 c.p.c., norme che consentono appunto la possibilità di rateizzazione del prezzo sia pure nel limite dei 12 mesi. In ogni caso viene espressamente statuito che la pubblicità dell’avviso di vendita nella procedura competitiva deve essere effettuata almeno 30 giorni prima dell’inizio della procedura al fine di dare la massima conoscibilità all’evento. Ed anche, aggiungerei, per evitare intese dirette a favorire alcuni rispetto a una potenziale più vasta platea. Infine, se vogliamo, in una logica di incentivazione indiretta della celerità delle procedure, all’art. 39 è statuito che nessun acconto potrà essere liquidato se non dopo che sia stato [continua ..]
I provvedimenti che ho brevemente commentato sono da valutare nel loro complesso positivamente. Non ci si può peraltro esimere dall’osservare, con particolare riguardo alle norme miranti a “velocizzare” i procedimenti, come queste siano venate da un certo volontarismo di facciata nel senso che vengono posti dei paletti e degli obiettivi, apparentemente certi e condivisibili, senza peraltro vi sia stato un grande sforzo “inventivo” per far sì che questi obiettivi vengano effettivamente centrati. Un esempio per tutti: quando si pongono dei limiti alla procedura liquidatoria nel termine di due anni e poi non si interviene in modo incisivo con regole a sé autonome, ad esempio, sulle procedure di smobilizzo dei patrimoni immobiliari, di fatto si rende il termine biennale alla stregua di un semplice desiderio. E se non si voleva stravolgere gli istituti –come dicevo in precedenza– perché non estendere la possibilità di chiudere il fallimento ex art. 43 l.f. considerando anche le esecuzioni in corso? Al di là di tale rilievo, volendo allargare lo sguardo al complesso di interventi attuati soprattutto da ultimo, mi sembra che a dispetto di una certa nebulosità sugli obiettivi della legge fallimentare, una strategia complessiva si stia certamente delineando. Sembra cioè di poter dire, che stia nascendo un sistema di norme che, mentre tende a velocizzare la procedura fallimentare nel cui ambito, grazie all’attenzione all’affitto e vendita d’azienda, la tutela dell’impresa e non solo dei creditori si fa strada, sul fronte delle procedure alternative perde colpi cammin facendo il concordato liquidatorio (che è giustificabile solo se garantisce percentuali di qualche rilievo superiori a quelle del fallimento) a favore delle altre procedure, concordato in continuità in testa, che mirano a salvaguardare la vita dell’impresa in crisi. Al punto che viene quasi da dire che questi istituti stanno svolgendo per le imprese minori un ruolo non del tutto dissimile dalle Amministrazioni Straordinarie. È un disegno che si sta affermando di fatto senza però che vi sia al momento un target definito e dichiarato. Il che in un periodo di forzata frammentarietà legislativa può generare confusione e sconcerto mancando la bussola interpretativa dei vari interventi. Mi chiedo cioè [continua ..]