Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Gli aspetti di rilevanza penale nelle recenti riforme della Pubblica Amministrazione (di Antonio Francesco Morone)


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Diritto penale e politica criminale - 3. Strumenti di politica penale (cenni) - 4. Strumenti di politica criminale - 5. Segue: Riforma della P.A. legge 7 agosto 2015, n. 124, d.lgs. nn. 97/2016 (Trasparenza) e 116/2016 (Licenziamenti disciplinari) - 6. Alcune considerazioni de iure condendo - 7. Bibliografia


1. Premessa

L’approvazione dei decreti legislativi n. 97/2016 (sulla trasparenza nella P.A.) e n. 116/2016 (sui licenziamenti disciplinari dei dipendenti pubblici), di attuazione della riforma della Pubblica Amministrazione promossa con la legge 7 agosto 2015, n. 124, offre lo spunto per un’analisi un po’ più complessa e approfondita sulle tecniche di punizione e sui metodi di prevenzione degli illeciti in seno alla Pubblica amministrazione. Parlando di recenti riforme della P.A., da un punto di vista del diritto penale, peraltro, è necessario menzionare non solo la riforma del 2015 ma anche altre recenti leggi che in modo diretto o indiretto possono influire in chiave di politica criminale sulla punizione e prevenzione di tali illeciti. Da un lato vi sono interventi meramente penalistici (come le leggi nn. 190/2012 e 69/2015 di modifica dei delitti di concussione e corruzione) e, dall’altro, riforme di altri settori, fra le quali in materia di Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), le modifiche delle vendite competitive ed anche le novità introdotte nel 2016 con il nuovo Codice appalti.


2. Diritto penale e politica criminale

A livello di metodo, per una migliore comprensione degli strumenti a disposizione del legislatore per perfezionare il contrasto dei reati posti a tutela del buon andamento della Pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.), occorre ben distinguer i vari piani di intervento a disposizione, delineando chiaramente i confini fra il diritto penale e le politiche criminali, anche con alcuni cenni di carattere storico. Il ruolo della politica criminale e, più in generale, della criminologia rispetto al diritto penale è quello di dare a quest’ultimo «indicazioni utili per verificarne la legittimità umana e sociale ed offre suggerimenti utili per il cambiamento. Circa le condotte da punire, la criminologia, libera dai vincoli formali della legge, lavora con una nozione sostanziale di illecito» (S. VINCIGUERRA, Principi di criminologia, II ed., Padova, 2005, 124). Tale importante funzione, storicamente, perde la sua rilevanza ad opera dell’indirizzo tecnico-giuridico. Non si può non ricordare, infatti, che in seno alla Scuola classica di diritto penale, era d’uopo un approccio alle fattispecie ricco di considerazioni de iure condendo. Si pensi, in tema di delitti contro la Pubblica Amministrazione, ad esempio, alle osservazioni svolte da Carrara nel suo Programma del corso di diritto penale. Così, per quanto concerne il rapporto tra il delitto di corruzione e quello di concussione, secondo l’illustre penalista «spetta alla prudenza del giudice cercare nelle circostanze dei casi più sicuri criterii; ma quante volte apparisca loro in qualche modo dubbiosa la pravità d’intenzione nel privato, adottino pure con coraggio il titolo di concussione a preferenza di quello di corruzione, serbino la severità loro contro la perfidia dell’ufficiale e la loro pietà verso il privato, e vivano sicuri che la pubblica opinione renderà omaggio alla loro giustizia. È però vero che i giudici avranno rara occasione di porre in opera questi consigli per la deplorabile rarità delle accuse di concussione» (F. CARRARA, Programma del corso di diritto criminale, V, IV ed., Lucca, 1881, 163-164). Con l’affermarsi del c.d. Indirizzo tecnico-giuridico, «fin dai primi anni del Novecento è divenuta prevalente la tendenza a ridurre la politica criminale a politica penale. Ne sono causa, da un lato, i [continua ..]


3. Strumenti di politica penale (cenni)

Partendo dalla politica penale, occorre in primo luogo segnalare come l’Ita­lia, per rafforzare gli strumenti punitivi nei confronti dei più gravi reati contro la P.A. sia intervenuta con due leggi di modifica del codice penale prima nel 2012 e poi ancora nel 2015. In effetti il nostro Paese era stato più volte oggetto di severi richiami sia di Istituzioni interne – pensiamo alle Relazioni annuali della Corte dei Conti – sia internazionali. Come noto, il Consiglio d’Europa, con il Rapporto di conformità sull’Italia, allegato al 14° Rapporto generale sull’attività del GRECO («Lotta alla corruzione e promozione dell’integrità» del 19 giugno 2014), aveva severamente bocciato l’Italia per la lotta alla corruzione per non aver rispettato gli standard della relativa Convenzione penale del 1999. Così, in un primo momento la legge 6 novembre 2012, n. 190, fra l’altro, ha: – significativamente modificato il delitto di concussione (art. 317 c.p. che ora prevede che «Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni»), che ha visto espungere fra le condotte l’in­duzione; – introdotto la nuova fattispecie di induzione indebita a dare o promettere denaro o altra utilità (art. 319-quater c.p.: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni. Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni») (per approfondimenti sul rapporto fra concussione e induzione indebita, ci si permette di rinviare a A.F. MORONE, Concussione, induzione indebita e corruzione, Key editore, 2016; nella giurisprudenza v. Cass., sez. un., 24 ottobre 2013, Maldera e a., n. 12228, FI, 2014, 2, 517; per un commento di tale importante sentenza v. G.L. GATTA, Dalle Sezioni Unite il criterio per [continua ..]


4. Strumenti di politica criminale

4.1. L’Autorità nazionale anticorruzione – ANAC (legge n. 190/2012) Fra gli strumenti di politica criminale in senso ampio, dobbiamo innanzitutto annoverare l’istituzione dell’Autorità nazionale anticorruzione (che di fatto succede alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche) secondo quanto disposto dall’art. 1, comma I, legge n. 190/2012 che ha previsto che tale organismo ha il compito di svolgere «con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione» (per approfondimenti v. B.G. MATTARELLA, M. PELISSERO, La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Giappichelli, Torino, 2013; A. ROSSI, I piani per la prevenzione della corruzione in ambito pubblico e i modelli 231 in ambito privato, in DPP, 44; G.M. FLICK, Dalla repressione alla prevenzione o viceversa? Dalle parole ai fatti per non convivere con la corruzione, in http://dirittopenalecontemporaneo.it, 2014; F. DI MASCIO, Il primo anno di attuazione delle politiche di prevenzione della corruzione, in RTDP, 2014, 273). In particolare, il comma 2 del summenzionato art. 1 prevede i vari compiti dell’ANAC: essa «a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti; b) adotta il Piano nazionale anticorruzione ai sensi del comma 2-bis; c) analizza le cause e i fattori della corruzione e individua gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto; d) esprime parere obbligatorio sugli atti di direttiva e di indirizzo, nonché sulle circolari del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico; e) esprime pareri facoltativi in materia di autorizzazioni, di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all’applicazione del comma 16-ter, [continua ..]


5. Segue: Riforma della P.A. legge 7 agosto 2015, n. 124, d.lgs. nn. 97/2016 (Trasparenza) e 116/2016 (Licenziamenti disciplinari)

La riforma della P.A. è stata oggetto di un apposito intervento del legislatore con la legge 7 agosto 2015, n. 124 che ha previsto una serie di deleghe al governo in vari settori: cittadinanza digitale, organizzazione dello Stato sul territorio, dirigenza, anticorruzione, lavoro pubblico, Camere di commercio, enti di ricerca, società partecipate pubbliche e servizi pubblici locali, forze di polizia, conferenza dei servizi, silenzio-assenso fra amministrazioni, testi unici (per un commento v. B.G. MATTARELLA, La riforma della pubblica amministrazione. Il contesto e gli obiettivi della riforma, in Giornale dir. amm., 2015, 5, 621). In particolare l’art. 7 l. cit. ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti dall’art. 1, comma 35, legge 6 novembre 2012, n. 190, nonché dei seguenti principi e criteri direttivi:«a) ridefinizione e precisazione dell’am­bito soggettivo di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza; b) previsione di misure organizzative, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche ai fini della valutazione dei risultati, per la pubblicazione nel sito istituzionale dell’ente di appartenenza …; c) riduzione e concentrazione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche, ferme restando le previsioni in materia di verifica, controllo e sanzioni; d) precisazione dei contenuti e del procedimento di adozione del Piano nazionale anticorruzione, dei piani di prevenzione della corruzione e della relazione annuale del responsabile della prevenzione della corruzione, anche attraverso la modifica della relativa disciplina legislativa, anche ai fini della maggiore efficacia dei controlli in fase di attuazione, della differenziazione per settori e dimensioni, del coordinamento con gli strumenti di misurazione e valutazione delle performance nonché dell’individuazione dei principali rischi e dei relativi rimedi; conseguente ridefinizione dei ruoli, dei poteri e delle responsabilità dei soggetti interni che intervengono nei relativi processi; e) razionalizzazione e precisazione degli [continua ..]


6. Alcune considerazioni de iure condendo

In ottica de iure condendo sia infine consentito proprio in chiave di politica penale e criminale in senso ampio suggerire alcuni spunti di riflessione per migliorare i meccanismi di contrasto e di prevenzione dei reati contro la P.A. Rispetto alla politica penale, si è visto come con le leggi nn. 190/2012 e 69/2015 vi sia stato un «aumento dei limiti edittali finalizzato a soddisfare esigenze di effettività ed efficacia del controllo penale, esigenze che sono del tutto legittime, ma che dovrebbero essere perseguite attraverso interventi in altri ambiti, in particolare sul terreno della disciplina della prescrizione e della durata del processi, e non attraverso un aumento delle pene per un reato che imporrà inevitabilmente anche la lievitazione del trattamento sanzionatorio per altre fattispecie» (M. PELISSERO Nuove misure di contrasto alla corruzione?, in DPP, 2015, 5). È pur vero che l’aumento delle pene comporta anche l’aumento della prescrizione, tuttavia il necessario prolungamento della prescrizione dovrebbe essere perseguito con una modifica di tale disciplina e non con interventi su singole fattispecie. Processualmente si ritiene molto importante che per i settori considerati continui ad essere consentita la possibilità dell’utilizzo delle intercettazioni, qualsiasi modifica in senso contrario sarebbe molto negativa e depotenzierebbe le possibilità di investigare in maniera adeguata su tali gravi fatti. Rispetto alla possibilità di scindere il sodalizio criminoso fra corrotto e corruttore, dovrebbe essere valutata nuovamente la possibilità di trasformare la fattispecie di collaborazione di cui all’art. 323-bis da circostanza attenuante in causa di non punibilità vera e propria. Quanto agli strumenti di politica criminale in senso ampio, se non possono che essere visti con favore tutti gli interventi volti a rafforzare i poteri del­l’ANAC, la trasparenza nella P.A. e l’efficacia dei procedimenti disciplinari, con specifico riferimento a questi ultimi, le recenti positive novità procedurali dovrebbero poter essere applicabili a molte altre ipotesi e soprattutto anche a quelle più gravi rispetto alle dichiarazioni menzognere sulla presenza al lavoro.


7. Bibliografia