Oggetto del presente intervento sono gli «aspetti penali del trasferimento di azienda»; in particolare l’attenzione è posta alle ipotesi di bancarotta patrimoniale per distrazione e dissipazione.
Nel ricordare che la disciplina del trasferimento di azienda (o anche solo di un ramo) è imperniata sui contratti tipici quali vendita, usufrutto, affitto, ma che è applicabile a qualsiasi fattispecie traslativa della proprietà o del godimento, con i dovuti adattamenti [1], si ritiene che per affrontare il tema suindicato risulti opportuno, dopo qualche cenno alla disciplina del reato di bancarotta patrimoniale, esaminare la Giurisprudenza con riferimento ad ipotesi di trasferimento di azienda, con qualche «digressione» verso pronunce relative ad ipotesi di scissione, in ragione dell’analogia di molte tematiche trattate.
In estrema sintesi, il reato di bancarotta trova la sua disciplina nella c.d. legge fallimentare, vale a dire il Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942 ed in particolare negli artt. 216 (bancarotta fraudolenta dell’imprenditore individuale), 217 (bancarotta semplice), 223 (bancarotta societaria o impropria fraudolenta) e 224 (bancarotta societaria o impropria semplice).
Con riferimento alle ipotesi più ricorrenti nella Giurisprudenza penale esaminata relativamente al trasferimento di azienda, si rileva il ricorrere, in special modo, di ipotesi di bancarotta fraudolenta propria patrimoniale ex art. 216 l. fall., con particolare riferimento alle condotte di distrazione o, molto meno di frequente, di dissipazione, ovvero di ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria o societaria di cui all’art. 223 l. fall., comma 1, che sanziona i fatti di bancarotta fraudolenta ex art. 216 commessi da amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società dichiarate fallite; anche in questo caso, ci si riferisce principalmente alle condotte di distrazione e dissipazione.
In breve, per distrazione si intende una condotta a forma libera, consistente nel distogliere un bene dallo scopo dovuto, costituito, secondo la prevalente Dottrina, dalla funzione di garanzia per i creditori [2].
In Giurisprudenza si riscontrano molteplici indirizzi, sostanzialmente riconducibili a decisioni che qualificano la distrazione come sottrazione dei beni alla garanzia dei creditori ed altre che fanno leva su una diversa destinazione del patrimonio rispetto a quella che lo stesso deve avere nell’impresa.
Circa la dissipazione, la stessa viene in estrema sintesi definita quale depauperamento dell’attivo in funzione di soddisfazioni estranee a ragionevoli esigenze di impresa [3], dagli sperperi voluttuari e sproporzionati alle spese socialmente apprezzabili ma patrimonialmente insostenibili, quali ad es. le spese di beneficenza; la dissipazione, dunque, comprende qualsiasi dispersione di beni (di [continua..]