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1. Individuazione della fattispecie - 2. La continuità aziendale indiretta - 3. Gli strumenti di monitoraggio - 4. Gli strumenti di reazione - 5. Il tema dell'affitto-ponte - 6. Le offerte concorrenti - 7. Le proposte concorrenti - 8. La continuità aziendale nel Disegno di legge di riforma della crisi d'impresa
Il tema del trasferimento d’azienda emerge in tutta la sua portata nell’ambito del concordato con continuità aziendale. Come è noto l’art. 186-bis l. fall. il quale reca la rubrica “Concordato con continuità aziendale”, al comma 1 stabilisce che «Quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo. Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa». Da tale formulazione si può evincere che esistono tre forme di concordato: • il concordato liquidatorio; • il concordato con continuità aziendale; • il concordato misto. Nell’ambito del concordato con continuità aziendale, è necessario poi distinguere fra continuità aziendale diretta e continuità aziendale indiretta. Tuttavia, poiché il trasferimento d’azienda può essere una modalità attuativa sia del concordato liquidatorio – e, in tal caso, si dovrebbe più correttamente parlare di liquidazione universalistica – sia del concordato con continuità aziendale indiretta, occorre interrogarsi su quali siano le differenze. Pare corretto ritenere che la risposta debba essere ricercata nei differenti criteri di generazione della provvista al servizio del concordato: • se il prezzo di cessione dell’azienda è pagato istantaneamente dal terzo acquirente, ci si troverà nell’ambito del concordato liquidatorio universalistico; • ove invece il prezzo venga pagato attraverso i flussi di cassa (cash flow) generati per effetto dell’esercizio dell’azienda trasferita da parte della new company, si rientrerà nell’ambito del concordato con continuità aziendale indiretta. Tale ipotesi interpretativa trova conforto nella previsione di cui all’art. 186-bis, comma 2, lett. a), l. fall. ove si prevede che «il piano di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un’analitica [continua ..]
Nell’ambito della continuità indiretta si possono prospettare due ipotesi: • esercizio diretto dell’azienda (rectius, dell’impresa, sebbene la norma si esprima in termini di cessione o conferimento di “azienda in funzionamento” e non di “impresa in funzionamento”) da parte della old legal entity in crisi (o bad company), cui faccia seguito la cessione o il conferimento; ◦ esercizio indiretto (temporaneo) dell’azienda – tramite un contratto d’affitto o un contratto preliminare, anche stipulato anteriormente all’accesso alla procedura – da parte di una new legal entity in bonis (o good company), cui faccia seguito la cessione o il conferimento. Pare opportuno operare una distinzione fra continuità indiretta tipica e continuità indiretta atipica, nei seguenti termini: • continuità indiretta tipica con cessione d’azienda (in esercizio): ◦ la fattispecie si realizza nel caso in cui il prezzo – che costituisce la provvista per il pagamento dei creditori concorsuali – sia pagato ratealmente ed origini dai cash-flow della cessionaria; • per assicurare l’efficacia dei rimedi di cut off è necessario che la cessione sia sottoposta a condizione risolutiva ovvero che sia prevista la riserva di proprietà e siano contemplati adeguati meccanismi di controllo; • continuità indiretta tipica con conferimento d’azienda (in esercizio): ◦ la fattispecie si realizza nel caso in cui la provvista per il pagamento dei creditori concorsuali consista in un flusso di dividendi ed origini dai cash-flow della conferitaria; • l’efficacia dei rimedi di cut off è limitata dalla circostanza che il conferimento non può essere sottoposto a condizione risolutiva o a riserva di proprietà, mentre è possibile contemplare adeguati meccanismi di controllo; • continuità indiretta atipica con cessione d’azienda (in esercizio): ◦ la fattispecie si realizza nel caso in cui il prezzo sia pagato all’atto del trasferimento o sia comunque garantito, ma la società cessionaria intenda comunque beneficiare della previsione secondo cui i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del [continua ..]
È necessario richiamare anche gli strumenti di monitoraggio (o assurance) dell’esecuzione del piano, nei seguenti termini: – concordato liquidatorio: controllo diretto da parte del commissario giudiziale; – concordato con continuità. • Continuità diretta: controllo diretto da parte del commissario giudiziale (verosimile non necessità del liquidatore giudiziale). • Continuità indiretta: ◦ cessione d’azienda: ▪ strumenti contrattuali (follow up): bilanci infrannuali (secondo OIC 6), covenant, ecc.; ◦ conferimento d’azienda: ▪ strumenti ad efficacia reale: previsione statutaria; ▪ strumenti ad efficacia obbligatoria: patti parasociali; ▪ se la conferitaria è una s.r.l.: controllo del socio (art. 2476 c.c.); ▪ strumenti contrattuali (follow up): bilanci infrannuali (secondo OIC 6), covenant, ecc.
Quanto agli strumenti di reazione (cut off) potrebbe essere operata la seguente distinzione: • concordato liquidatorio (controllo diretto del commissario giudiziale): ◦ prima dell’omologazione: revoca del concordato; ◦ dopo l’omologazione: risoluzione in caso di inadempimento di non scarsa rilevanza; legittimazione esclusiva dei creditori. • concordato con continuità diretta (controllo diretto del commissario giudiziale): ◦ prima dell’omologazione: revoca del concordato ove si accerti che l’esercizio dell’attività d’impresa è cessato o risulta manifestamente dannoso per i creditori; ◦ dopo l’omologazione: comunicazione del commissario giudiziale a tutti i creditori di inadempimento di non scarsa rilevanza; legittimazione esclusiva dei creditori alla risoluzione. • concordato con continuità indiretta (controllo del commissario giudiziale: bilanci infrannuali secondo OIC 6, covenant, ecc.): ◦ cessione d’azienda: ▪ prima dell’omologazione: il rimedio della revoca con retrocessione dell’azienda può realizzarsi soltanto nel caso in cui nel contratto di cessione sia stata apposta una condizione risolutiva ovvero sia stata prevista la riserva di proprietà; ▪ dopo l’omologazione: il rimedio della risoluzione del concordato in caso di inadempimento di non scarsa rilevanza con retrocessione dell’azienda può realizzarsi soltanto nel caso in cui nel contratto di cessione sia stata apposta una condizione risolutiva ovvero sia stata prevista la riserva di proprietà ◦ conferimento d’azienda: ▪ prima dell’omologazione: il rimedio della revoca con retrocessione dell’azienda è sterilizzato dalla circostanza che il conferimento non può essere sottoposto a condizione risolutiva o a riserva di proprietà; ▪ dopo l’omologazione: il rimedio della risoluzione del concordato in caso di inadempimento di non scarsa rilevanza con retrocessione dell’azienda è sterilizzato dalla circostanza che il conferimento non può essere sottoposto a condizione risolutiva o a riserva di proprietà.
Altra questione sottoposta all’interprete è se un piano concordatario che muova da un contratto di affitto-ponte, stipulato prima della cessione definitiva dell’azienda faccia venire meno la natura di concordato con continuità aziendale, per consolidarsi nell’ambito del concordato liquidatorio. La questione è stata affrontata – tra l’altro – dal Tribunale di Roma, con Decreto in data 24 marzo 2015, il quale ha affermato il principio secondo cui le operazioni straordinarie (cessione, affitto, conferimento d’azienda), seppure volte a un mutamento della originaria compagine aziendale, non possono dirsi prive del requisito della «continuità» in caso di risanamento traslativo indiretto. In altri termini, il concordato con continuità indiretta è ascrivibile alla categoria del concordato con continuità aziendale. Il Tribunale si pone in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza e dalla dottrina che qualifica il piano di concordato contenente l’“affitto-ponte” come un concordato prettamente liquidatorio, escluso dall’alveo del concordato con continuità aziendale perché mancante del requisito fondamentale della continuità diretta. Infatti, in via diametralmente opposta, i giudici affermano che l’introduzione nell’ordinamento dell’articolo 186-bis l. fall. non consente di aderire all’orientamento sopra richiamato: sia il concordato con ristrutturazione (o, meglio, con continuità diretta) sia quello con cessione o con continuità indiretta sono ascrivibili alla categoria del concordato con continuità aziendale. Quest’ultimo modello, infatti, ipotizza proprio una continuazione fisiologica della vita dell’azienda, si trovi in capo all’originario imprenditore ovvero in capo a terzi affittuari-acquirenti. Il Tribunale ritiene, inoltre, che la qualificazione come concordato con continuità aziendale sia coerente con i principi generali dettati dal Codice civile in materia di lavoro, nonché con le disposizioni previste in tema di azienda e del relativo trasferimento; norme che delineano una evidente continuità giuridica, non solo ideale, nei rapporti tra l’azienda ceduta e quella subentrante. Tale orientamento è stato, di recente, confermato dal Tribunale di Como (Decreto 9 febbraio 2017). La proposta [continua ..]
Come è noto, la disciplina del concordato preventivo è stata significativamente modificata ad opera della recente “Miniriforma” di cui al d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con la l. 6 agosto 2015, n. 132. In particolare, è stato introdotto il nuovo art. 163-bis l. fall., che prevede l’apertura di una procedura competitiva rispetto all’offerta avanzata da un soggetto individuato, in ordine al trasferimento in suo favore – verso corrispettivo in denaro – dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni; la finalità è sia di massimizzare la recovery dei creditori concordatari, sia di mettere a disposizione dei creditori concordatari una possibilità ulteriore rispetto a quella di accettare o rifiutare in blocco la proposta del debitore. Come sottolineato nella Relazione illustrativa, nella prassi il piano concordatario prevede – non di rado – la cessione dell’azienda, di uno o più rami d’azienda dell’impresa in crisi oppure di beni di rilevante valore (ad esempio, immobili) a terzi già individuati. Generalmente non vi è la garanzia che le condizioni economiche pattuite con il terzo assicurino il miglior realizzo dell’azienda e dunque sia massimizzata la recovery dei creditori concordatari. Questo rischio risulta particolarmente elevato nei casi in cui la controparte del debitore non sia terza e indipendente rispetto a quest’ultimo ovvero quando il debitore non abbia previamente esperito un procedimento competitivo. Al fine di massimizzare la recovery dei creditori concordatari e di mettere a loro disposizione una terza possibilità, oltre a quella se accettare o rifiutare in blocco la proposta del debitore, la norma stabilisce che è possibile, nel pieno rispetto del piano del debitore e solo quando questo preveda una cessione con corrispettivo in denaro, prevedere l’apertura a possibili offerte competitive che siano migliorative nel quantum senza alterare l’originario piano. Ciò anche al fine di delimitare esattamente la ratio della norma e non creare confusioni con l’istituto limitrofo dei piani concorrenti. La nuova disposizione (comma 1) consente la presentazione di altre offerte concorrenti in modo che le condizioni economiche assicurino il miglior realizzo dell’azienda [continua ..]
Altra modifica di rilievo è quella costituita dall’introduzione della disciplina delle proposte concorrenti. In particolare, sono stati modificati alcuni articoli della legge fallimentare con l’obiettivo di rendere possibile ai creditori la presentazione di proposte di concordato alternative a quella formulata dall’imprenditore; i creditori potranno, quindi, optare per la proposta che meglio tuteli i loro interessi. Le finalità sono quelle di massimizzare la recovery dei creditori concordatari e di mettere a loro disposizione una possibilità ulteriore rispetto a quella di accettare o rifiutare in blocco la proposta del debitore. In particolare, come sottolineato dalla Relazione illustrativa, si perseguono due importanti obiettivi: a) offrire ai creditori strumenti per impedire che il debitore presenti proposte che non rispecchiano il reale valore dell’azienda – appropriandosi, così, integralmente del surplus di ristrutturazione, ossia del maggiore valore creato dalla riorganizzazione rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare –, anche quando ai creditori non sia offerta l’integrale soddisfazione dei loro crediti, benché riscadenzati; b) creare i presupposti per la nascita, anche in Italia, di un mercato dei distressed debt, già da tempo sviluppatosi in altri Paesi (tra cui, in particolare, gli Stati Uniti d’America) in modo da consentirne un significativo smobilizzo. Eventuali investitori interessati a compiere un’operazione di acquisto e risanamento di un’impresa in concordato, per poter presentare una proposta alternativa, dovrebbero infatti acquistare crediti nei confronti dell’impresa in concordato per un valore pari almeno al 10 per cento dell’indebitamento di quest’ultima. Se poi l’investitore volesse assicurarsi il successo della propria proposta la percentuale di crediti che dovrebbe essere acquistata sarebbe molto maggiore. Più in dettaglio, è stato modificato l’art. 163 l. fall. concernente l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Come è noto, quest’ultimo – nel disciplinare l’ammissione alla procedura di concordato preventivo – (prevedeva e tuttora) prevede che il tribunale – ove non abbia provveduto a norma dell’art. 162, commi 1 e 2, l.f. – con [continua ..]