Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La tutela delle opere dell'ingegno e delle invenzioni industriali del lavoratore (di D. Paliaga)


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SOMMARIO:

Premessa - 1. Le invenzioni del dipendente


Premessa

La distinzione tra la disciplina della proprietà intellettuale in senso stretto – che fa capo alla legge n. 633/1941 sul diritto d’autore (l.d.a.) – e quella della proprietà industriale – raccolta nel cd. codice della proprietà industriale di cui al d.l. n. 30/2005 (c.p.i.) – permane anche quando i presupposti per farne applicazione maturano nel contesto di un rapporto di lavoro subordinato. In quest’ultimo ambito esiste una normativa specifica che si occupa delle invenzioni del dipendente in generale che, dal 2005, è costituita dagli artt. 64 e 65 c.p.i. e, in precedenza, era contenuta negli artt. da 23 a 26 r.d. n. 1127/1939. Non esiste invece un’analoga disciplina generale per le opere dell’ingegno del lavoratore, in relazione alle quali esistono soltanto alcune previsioni relative ad opere specifiche e, per il resto, bisogna fare riferimento all’elaborazione giurisprudenziale. Entrambi gli ambiti condividono l’esigenza di fondo di contemperare due interessi contrapposti: da un lato, l’interesse del lavoratore che ha creato un’opera o realizzato un’invenzione ad esserne riconosciuto autore sotto il profilo morale e a trarne vantaggio sotto il profilo patrimoniale – come è previsto in generale per ogni autore e inventore – e, dall’altro, l’interesse del datore di lavoro nel cui contesto aziendale l’opera o l’invenzione sono maturate a trarne profitto economico, così come normalmente avviene per qualsiasi risultato del lavoro dei suoi dipendenti. A questa contrapposizione di interessi corrisponde l’astratta operatività di regole certamente confliggenti tra loro. Da un lato, infatti, sta la disciplina generale sulle opere dell’ingegno, destinata ad attribuire tutti i diritti, morali e patrimoniali, all’inventore cioè al lavoratore. Dall’altro si staglia il principio, che in giurisprudenza è stato definito come lavoristico generale, secondo il quale l’imprenditore acquista direttamente i risultati del lavoro del dipendente, senza necessità di alcun atto di trasferimento, come effetto naturale del contratto di lavoro subordinato. Un tale principio costituisce espressione della regola ancora più generale di impermeabilità del rapporto di lavoro rispetto al maggior o minor profitto che l’imprenditore può [continua ..]


1. Le invenzioni del dipendente