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1. Quale tipo di Europa? - 2. I valori dell’Unione Europea - 3. Obiettivi finali e intermedi nel TUE - 4. L’economia sociale di mercato quale principio fondante dell’Unione Europea - 5. Le delimitazioni e le modalità di esercizio dell’Unione Europea alla luce del TFUE - 6. Rilevanza degli obiettivi secondo i trattati dell’Unione Europea - 7. Discrepanza fra gli obiettivi finali indicati nei trattati europei e la gestione dell’Unione Europea - Bibliografia - TAVOLE - NOTE
Negli ultimi tempi si è andata espandendo e accentuando – un po’ ovunque in Europa – la critica nei confronti dell’Unione Europea e dell’Euro, in conseguenza del fatto che molti imputano alla gestione dell’una e dell’altro i risultati economici negativi avutisi a partire dal 2009, nella fase recessiva successiva alla crisi finanziaria mondiale del 2007-2008. Nel predetto periodo, i paesi che formano la prima, e in particolare quelli che adottano il secondo, sono infatti quelli che hanno registrato le peggiori performance economiche nei confronti delle altre macroaree economiche del mondo sviluppato e di quello in via di sviluppo. Come quasi sempre capita in situazioni del genere – così fu anche a metà degli Anni Novanta del secolo scorso riguardo all’adesione, o no, dei paesi allora costituenti la neonata Unione Europea (UE) alla istituenda Unione Economica e Monetaria (UEM) dell’Unione Europea, che doveva portare alla nascita dell’area monetaria dell’euro – il dibattito si riduce alla semplicistica contrapposizione fra il partito dei sì e il partito dei no all’Europa, senza che venga affrontata l’unica questione sensata da porre, che dovrebbe essere: quale tipo di Europa? In questo scritto cercherò dapprima di far emergere il modello di UE che risulta dal consolidamento dei tre documenti che ne costituiscono la struttura istituzionale: la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDF), il Trattato dell’Unione Europea (TUE) e il Trattato per il funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), quali risultano a séguito del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, tutti e tre aventi lo stesso valore giuridico e in vigore, nei testi attuali, dal 1° dicembre 2009. Nell’esaminare il modello di Europa che risulta dai trattati in essere, è d’obbligo avere ben presente che sarebbe del tutto inadeguato elencare semplicemente, via via che s’incontrano, le “cose” che i trattati prendono in considerazione. È essenziale analizzare queste alla luce della sequenza riportata nella Tavola 1, nella quale le freccette orizzontali indicano le vie attraverso le quali si concretizzano i concetti da cui le freccette partono; le freccette discendenti indicano la sequenza di derivazione e quelle [continua ..]
Con riferimento all’UE, i “valori” sono innanzitutto evidenziati nel Preambolo della CDF (la quale ha lo stesso valore giuridico del TUE e del TFUE, anche se non «estende l’àmbito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione né introduce competenze nuove o còmpiti nuovi per l’Unione né modifica le competenze e i còmpiti definiti nei trattati» – art. 51, comma 2, CDF): I popoli d’Europa, nel creare tra loro un’unione sempre più stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni. […] Sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione, istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, […] nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli d’Europa [1] nonché dell’identità nazionale degli stati membri e dell’ordinamento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale; essa si sforza di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile e assicura la libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali nonché la libertà di stabilimento. [Corsivo aggiunto] Già la CDF non mostra di avere le idee ben chiare fra obiettivi finali e obiettivi intermedi, poiché introduce i predetti obiettivi alla rinfusa e non graduandoli secondo il loro grado di finalizzazione. Invece, obiettivo finale è la dignità umana, la quale non può realizzarsi appieno se non ci sono la libertà e l’uguaglianza e non opera lo spirito di solidarietà e se non sono rispettati i principi di democrazia e dello Stato di diritto, che assicurino a ciascuna persona il diritto della cittadinanza e il diritto della giustizia. Intermedi (con diversi livelli di finalizzazione) sono anche gli obiettivi dello sviluppo equilibrato e sostenibile e della libera circolazione delle [continua ..]
Il TUE, che consta attualmente di 55 articoli, fu firmato a Maastricht (atto istitutivo dell’UE) il 7 febbraio 1992 e successivamente modificato e integrato, da ultimo con il Trattato di Lisbona del 2007. Il Preambolo del TUE conferma i valori e i principi già visti nel Preambolo della CDF; in particolare, con riferimento ai valori che riguardano gli aspetti istituzionali, economici e sociali, ribadisce il desiderio dei firmatari di: intensificare la solidarietà tra i loro popoli, rispettandone la storia, la cultura e le tradizioni [e] rafforzare ulteriormente il funzionamento democratico ed efficiente delle istituzioni, in modo da consentire loro di adempiere in modo più efficace, in un contesto istituzionale unico, i còmpiti loro affidati; decisi a conseguire il rafforzamento e la convergenza delle proprie economie e ad istituire un’unione economica e monetaria che comporti […] una moneta unica e stabile; determinati a promuovere il progresso economico e sociale dei loro popoli, tenendo conto delprincipio dello sviluppo sostenibile nel contesto della realizzazione del mercato interno e del rafforzamento della coesione e della protezione dell’ambiente. [Corsivo aggiunto] ll TUE dà i principi fondanti degli obiettivi finali e degli obiettivi intermedi, in campo economico, sociale e istituzionale, negli artt. 2, 3.3, 3.4, 4.1, 4.2 e 5. Articolo 2 L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli stati membri, in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. Articolo 3 1. L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli. 2. L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone, insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima. 3. L’Unione instaura un [continua ..]
Fra le caratteristiche di àmbito è indicata l’economia sociale di mercato, di per sé principio piuttosto vago, tant’è vero che gli estensori del comma 3 dell’art. 3 TUE hanno sentito la necessità di precisarne i fini specifici, rimanendo comunque, questi, ancora troppo generici. Dico questo perché il sintagma “economia sociale di mercato” (ESM) non è sufficiente per delineare un modello di sistema economico preciso. Appartiene alla categoria dei concetti – come lo è anche, ad esempio, il concetto di bene comune – talmente vaghi da essere apprezzati perché non definiti in maniera tale da far emergere contrasti. La coniugazione della nozione di mercato (che si suppone realizzi l’efficiente impiego di risorse scarse per soddisfare i bisogni dei soggetti economici) con quella di sociale (che realizza l’efficacia in termini di equità fra i soggetti economici nella distribuzione dei beni prodotti) fa aprire il cuore a chi vede questi due concetti in antagonismo fra di loro e non vorrebbe che lo fossero. Così, la Dottrina sociale della Chiesa [2], in via di principio, apprezza molto la possibilità di coniugare i due concetti: San Giovanni Paolo II ha varie volte fatto riferimento positivo all’espressione “economia sociale di mercato” e Papa Benedetto XVI ne ha trattato esplicitamente nella Lettera enciclica Caritas in Veritate del 2009. Al fine di spiegare il contenuto economico di questo concetto, vediamo brevemente il percorso compiuto da esso nel corso del suo sviluppo. Matrice dell’ESM è il pensiero economico noto come “ordoliberismo”, che ha come fondamento filosofico [3] il principio che il mercato presuppone libertà di scelta, di comunicazione, di movimento, ma la libertà completa del mercato è sinonimo di oppressione; la legge è prima garanzia della giustizia sociale; la libertà senza ordine conduce al caos. Questi principi discendono, a loro volta, dalla cultura etica europea, fondata sui principi di umanesimo e di giustizia, che hanno la loro origine nella Bibbia, nella filosofia greca e nella giurisprudenza romana. Per ordoliberismo s’intende una scuola di pensiero economico, principalmente tedesca, che ha avuto il suo anticipatore in Walther Rathenau, industriale e uomo politico nella [continua ..]
Avendo ciò premesso, cerco ora di far emergere i contenuti dell’“economia sociale di mercato”, introdotta nell’ordinamento giuridico dell’UE dal TUE, ma non da questo definito. In via di principio – derivante dall’evoluzione storica del contenuto dell’ESM – parrebbe che, a livello europeo, nel 2007 a Lisbona, questo sintagma dovesse essere inteso nell’approccio della Scuola di Colonia piuttosto che di quello della Scuola di Friburgo, ma – per quanto scritto in chiusura del precedente paragrafo – è possibile che la Repubblica Federale di Germania lo intendesse già più nel secondo significato che nel primo. Per far ciò, ricorro al TFUE – che consta di 358 articoli e la cui base fondante è il Trattato di Roma del 25 marzo 1957 (istitutivo della Comunità Economica Europea), successivamente modificato e integrato, da ultimo dal Trattato di Lisbona del 2007 – nonché ai 37 protocolli allegati ai trattati europei e alle 65 dichiarazioni allegate all’Atto costitutivo della Conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona. L’art. 1 TFUE dice che il «trattato organizza il funzionamento dell’Unione e determina i settori, la delimitazione e le modalità di esercizio delle competenze dell’Unione Europea» e il già citato art. 9 (nell’àmbito delle “Disposizioni di applicazione generale”) stabilisce: Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana. In effetti sono queste le diverse espressioni di un progresso sociale che fa sì che le opportunità offerte dai mercati siano utilizzate per creare benefici per la comunità, e non il contrario; un progresso sociale che sia inclusivo e a beneficio di tutti. L’art. 107 – nell’àmbito delle “Norme comuni sulla concorrenza”, premesso che «salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra stati membri, gli aiuti concessi [continua ..]
Visti succintamente gli obiettivi evidenziati all’interno dei trattati dell’UE (CDF, TUE e TFUE), sottolineo anche la rilevanza che gli stessi trattati attribuiscono ad essi. Innanzitutto, il TFUE introduce anche la cosiddetta “clausola di flessibilità”: Articolo 352 1. Se un’azione dell’Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all’unanimità, su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento Europeo, adotta le disposizioni appropriate. Allorché adotta le disposizioni in questione, secondo una procedura legislativa speciale, il Consiglio delibera altresì all’unanimità, su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento Europeo. 2. La Commissione, nel quadro della procedura di controllo del principio di sussidiarietà di cui all’Articolo 5, comma 3, del Trattato sull’Unione Europea, richiama l’attenzione dei parlamenti nazionali sulle proposte fondate sul presente articolo. 3. Le misure fondate sul presente articolo non possono comportare un’armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli stati membri nei casi in cui i trattati la escludono. 4. Il presente articolo non può servire di base per il conseguimento di obiettivi riguardanti la politica estera e di sicurezza comune e qualsiasi atto adottato a norma del presente articolo rispetta i limiti previsti nell’articolo 40, comma 2, del Trattato sull’Unione Europea. Quindi le istituzione europee – qualora manchino specifiche e appropriate norme positive – devono operare in modo coerente con gli obiettivi indicati nei trattati europei. Inoltre, i trattati internazionali firmati dall’UE ai sensi dell’art. 3, comma 2, TFUE, non possono non uniformarsi ai principi e agli obiettivi fissati nei trattati dell’UE e, là ove i singoli stati membri possono legiferare – ai sensi dell’art. 2, comma 2, TFUE, per “competenza concorrente” o qualora non lo facciano le istituzioni dell’UE – essi non possono non seguire gli obiettivi dell’UE fissati nei tre trattati sopraddetti. Questi ultimi costituiscono, poi, un punto di riferimento essenziale [continua ..]
Quanto agli obiettivi che emergono dallo studio dei trattati europei, si può dire che quelli finali sono fortemente connotati con principi di rilevante spessore sociale, nel senso attuale del termine: piena occupazione e progresso sociale sono in linea con il modello di economia sociale di mercato sostenuto dalla Scuola di Colonia dell’ordoliberismo e con i capisaldi della Dottrina sociale della Chiesa. La gestione dell’UE nell’ultimo ventennio non risulta però in linea con i predetti obiettivi, poiché ha puntato su obiettivi intermedi che hanno fatto allontanare gran parte dei paesi dell’Unione dagli obiettivi finali statuiti nei trattati europei. Sull’altare della stabilità finanziaria – che ha il ruolo di obiettivo intermedio – è stata impostata una politica di austerità che ha portato diverse aree dell’UE in situazioni di ristagno economico, elevata disoccupazione e rilevante crescita della povertà. L’austerità ha comportato principalmente una politica di tagli profondi alla spesa pubblica, mirati all’obiettivo di ridurre i deficit di bilancio pubblici. Se questi tagli avessero riguardato solamente spese inutili o dannose nei confronti delle loro ricadute sociali, sarebbe stato un bene – e non ci sarebbe stato bisogno del richiamo del principio di austerità, per tagliarle: una spesa inutile o dannosa non va fatta, comunque essa sia finanziata; non con imposte (evitando di creare deficit di bilancio, quindi), non con indebitamento, non con creazione di moneta; non dev’essere fatta, poiché ha comunque un costo opportunità (“nessun pasto è gratis!”) che è insensato avere se l’efficacia sociale della spesa è nulla o negativa! Il fatto è che questi tagli, in diversi paesi, hanno riguardato le spese sociali, portando alla riduzione significativa del volume dei servizi erogati e/o al peggioramento della loro qualità: spese per erogazione di servizi alle famiglie, per le cure dei figli e di altri famigliari in stato di bisogno; spese per attività di formazione scolastica e professionale atte a permettere l’entrata, o il mantenimento della presenza, delle persone nel mercato del lavoro; spese per la ricerca scientifica e tecnologica; spese sanitarie ecc. La diminuzione della spesa pubblica e/o, in certi paesi, [continua ..]
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Tavola 1 – Sequenze di derivazione e di finalizzazione degli obiettivi Tavola 2 – Indicatori di contabilità finanziaria 2012 (Previsioni; valori in %) Tavola 3 – Classificazione delle “priorità”, degli “obiettivi” e degli “interventi faro” della Strategia 2020 alla luce della finalizzazione degli obiettivi