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La Terza Sezione Penale della Corte di cassazione, con sentenza del 20 aprile 2022 (udienza del 17 marzo 2022) n. 15231, ha confermato l’orientamento secondo il quale il delitto previsto dall’art. 10-ter d.lgs. 74/2000 è punito a titolo di dolo generico, per la cui integrazione è sufficiente la consapevolezza, in capo all'agente, di non versare all'Erario le ritenute effettuate nel periodo considerato, consapevolezza che deve investire anche la soglia di punibilità, la quale, contribuendo a definirne il disvalore, è un elemento costitutivo del fatto. Per andare esente da conseguenze penali sulla base della carenza dell’elemento soggettivo e della incolpevole impossibilità di adempiere agli obblighi tributari per crisi di liquidità, l’agente deve soddisfare precisi oneri di allegazione che, per quanto attiene alla crisi di liquidità, devono investire non solo l'aspetto circa la non imputabilità al sostituto d'imposta della crisi economica, rilevante sotto questo profilo se imprevista ed imprevedibile, ma anche il fatto che detta crisi non si sia potuta adeguatamente fronteggiare ricorrendo ad idonee misure da valutarsi in concreto; il sostituto d’imposta, vale a dire, deve dimostrare in concreto che non è stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili.