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La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 15 giugno 2022 (ud. 11 maggio 2022) n. 23364, ha chiarito quale sia il discrimen tra le fattispecie di cui all’art. 473 e 474 c.p. (da un lato) e 517 ter c.p. A tal fine, la Suprema Corte ha, anzitutto, evidenziato che, mentre l’art. 473 c.p. prevede la punibilità della contraffazione tanto dei “marchi e segni distintivi”, quanto di “brevetti, modelli e disegni industriali”, l’art. 474 c.p. menziona solo i primi due titoli di proprietà industriale. Ciò premesso, il dato distintivo tra tali due fattispecie di reato e quella di cui all’art. 517 ter c.p. dev’essere individuato nella potenzialità ingannatoria dei consumatori del marchio o del segno distintivo che, se contraffatto, determina la configurabilità del più grave reato di cui all’art. 474 c.p. Infatti, ai fini dell’integrazione dei reati di cui agli artt. 473 e 474 c.p., posti a tutela del bene giuridico della fede pubblica, è necessario che la materiale contraffazione o alterazione dell’altrui marchio o segno distintivo siano tali da ingenerare confusione nei consumatori e da nuocere al generale affidamento. Diversamente, il delitto di cui all’art. 517 ter c.p. tutela esclusivamente il patrimonio del titolare della proprietà industriale e ricorre, pertanto, sia nell’ipotesi di prodotti realizzati ad imitazione di quelli con marchio altrui, sia nell’ipotesi di fabbricazione, utilizzazione e vendita di prodotti “originali” da parte di chi non ne è titolare.