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La Quinta sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza dell’8 giugno 2022 (ud. 24 febbraio 2022), n. 22257, ha ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 2634 c.c., è necessario che ricorrano congiuntamente i seguenti presupposti: a) un interesse dell’amministratore in conflitto con quello della società; b) la “deliberazione” di un “atto di disposizione” di beni sociali; c) un evento di danno patrimoniale intenzionalmente cagionato alla società amministrata; d) il fine specifico, in capo all’agente, di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio. In particolare, quanto al requisito sub. a), è doveroso accertare l’esistenza di “un antagonismo di interessi effettivo, attuale e oggettivamente valutabile tra l’amministratore agente e la società, a causa del quale il primo, nell’operazione economica che deve essere deliberata, si trova in una posizione antitetica rispetto a quella dell’ente, tale da pregiudicare gli interessi patrimoniali di quest’ultimo, non essendo sufficienti situazioni di mera sovrapposizione o commistione di interessi scaturenti dalla considerazione di rapporti diversi ed estranei all’operazione deliberata per conto della società”. Si aggiunge che, nella ricostruzione ermeneutica della ratio della disposizione, non può non rilevarsi la necessaria riferibilità del concetto di conflitto di interessi di cui all’art. 2634 c.c. ai principi civilistici elaborati in materia, attesa la significativa collocazione sistematica della norma penale incriminatrice all’interno del codice civile, operata al chiaro scopo di non privarla del contesto normativo di riferimento.