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La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, con Sentenza del 13 luglio 2022 (ud. 7 luglio 2022) n. 27023, ha statuito che integra il delitto di autoriciclaggio la condotta di colui che, quale autore del delitto presupposto di truffa, impieghi le somme accreditategli dalla vittima trasferendole, mediante disposizioni on line, su un conto intestato alla piattaforma di scambio di “bitcoin”, per il successivo acquisto di tale valuta, così realizzando l’investimento di profitti illeciti in operazioni finanziarie a fini speculativi, come tali idonee ad ostacolare la tracciabilità dell’origine delittuosa del denaro. A tal riguardo, in particolare, la Suprema Corte ha osservato che: 1) l’indicazione normativa, contenuta nell’art. 648 ter.1 c.p., delle attività (economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative) in cui il denaro, profitto del reato presupposto, può essere impiegato o trasferito, appare diretta ad individuare delle macro aree, tutte accomunate dalla caratteristica dell’impiego finalizzato al conseguimento di un utile, con conseguente inquinamento del circuito economico, nel quale vengono immessi denaro o altre utilità provenienti da delitto, dei quali il reo vuole ostacolare la tracciabilità; 2) possono essere ricondotte nell’ambito della c.d. “attività speculativa” molteplici attività e, tra queste, tutte quelle in cui il soggetto ricerca il raggiungimento di un utile, anche assumendosi il rischio di considerevoli perdite; 3) le valute virtuali possono essere utilizzate per scopi diversi dal pagamento e comprendere prodotti di riserva di valore a fini di risparmio ed investimento; 4) la configurazione del sistema di acquisto di bitcoin si presta ad agevolare condotte illecite, in quanto è possibile garantire un alto grado di anonimato (sistema cd. permissionless), senza previsione di alcun controllo sull’ingresso di nuovi “nodi” e sulla provenienza del denaro convertito; 5) con il decreto legislativo n. 90/2017 attuativo della IV Direttiva Antiriciclaggio, il legislatore italiano ha apportato sostanziali modifiche al d.lgs. 231/2007, a sua volta attuativo della Direttiva 2005/60/CE, anticipando le disposizioni della V Direttiva Antiriciclaggio in materia di criptovalute, valute virtuali e destinatari degli obblighi di prevenzione, normativa di carattere preventivo che si affianca alla disciplina penalistica di contrasto a riciclaggio e autoriciclaggio di cui agli artt. 648 bis e 648 ter.1 c.p., senza tuttavia che nella fattispecie in esame risulti che tale nuovo meccanismo di controllo abbia consentito di evitare il reato contestato. Per tali ragioni, nel confermare la misura cautelare applicata al ricorrente anche per il reimpiego dei proventi dei delitti di truffa aggravata in attività speculative come l’acquisto di criptovalute, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa col quale si sosteneva che le operazioni contestate non avessero finalità speculative e che le regole del mercato di riferimento non permettessero di nascondere l’identità dell’acquirente poiché improntate alla massima trasparenza.