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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 1° giugno 2022, n. 34381, ha affermato che per l’attribuzione della qualifica di amministratore “di fatto” di una società può essere valorizzato l’esercizio in modo significativo e continuativo di tutti i poteri propri di tale ruolo o di alcuni di essi. La Suprema Corte – riprendendo le Sentenze n. 7437/2020 e 22108/2014 – ha evidenziato come ai sensi dell’art. 2639 c.c. l’amministratore “di fatto” sia equiparato, per ciò che riguarda i reati societari, al soggetto formalmente investito della carica in esame, fermo restando l’esercizio continuativo e non abituale dei poteri tipici del ruolo che costituisce elemento sintomatico e probatorio da accertare in sede processuale. Su tale principio vengono fondate tutte le disposizioni inerenti ai reati fallimentari, i cui autori vengono determinati in base alle funzioni svolte in concreto all’interno della società.