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Con la Pronuncia n. 28696 del 10 giugno 2022 (dep. 20 luglio 2022), la Quinta Sezione della Suprema Corte ha affrontato il tema dell’estensione del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente alle fattispecie fallimentari. Sul punto, i Giudici hanno affermato che la scelta di disporre “un sequestro prodromico alla confisca per equivalente in relazione al reato di bancarotta sia errata in diritto. Tale misura ablatoria, infatti, non è prevista per i reati di cui agli artt. 216 e 223 legge fall. e la sua applicazione non può essere estesa al di là dei casi espressamente previsti dalla legge, in ragione della sua natura sanzionatoria, che vieta il ricorso all’analogia in malam partem. Ne consegue che il vincolo sui beni immobili di proprietà dei ricorrenti — che risultano in sequestro solo per assicurare al procedimento cespiti di valore equivalente a quello che viene ritenuto il profitto del reato — va rimesso in discussione e il provvedimento impugnato va annullato limitatamente al sequestro di detti beni”. Sulla scorta di tali principi, pertanto, “il Giudice del rinvio, ferma restando l’inapplicabilità della confisca per equivalente al reato di bancarotta, dovrà rivalutare la regiudicanda verificando se il sequestro possa essere mantenuto individuando un rapporto di pertinenzialità tra i beni sequestrati ed i reati per cui si procede, che faccia ritenere i primi prodotto o profitto del reato. Qualora tale rapporto venisse individuato, il Tribunale del riesame dovrà però anche tenere conto della pronunzia delle Sezioni Unite evocata nel quarto motivo di ricorso (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848), interrogandosi sulla sussistenza di un perículum in mora che fondi la necessità del sequestro quale preludio alla confisca, come richiesto dal recente approdo del massimo Consesso anche in relazione al sequestro del profitto del reato disposto ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen.”.