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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 39835 del 21 ottobre 2022, si è espressa sul rapporto tra evasione dell’imposta sul valore aggiunto ed applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis del Codice penale. In particolare, secondo la Corte tale causa è configurabile in presenza di una duplice condizione, essendo congiuntamente richiesta la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento, e nel caso dei reati tributari la stessa “può trovare applicazione a condizione che la fattispecie concreta, all’esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno erariale e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un’offensività minima, ossia quando il fatto abbia riguardato un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità”, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito. La Corte chiarisce altresì che i fatti successivi alla commissione del reato non assumono alcuna rilevanza di fini della valutazione del grado dell’offesa, in quanto “è al momento della consumazione del reato che […] deve valutarsi se l’offesa cagionata al bene protetto dalla norma incriminatrice violata sia o meno di ‘particolare tenuità’. Ciò significa, in relazione al delitto in esame, che l’offesa deve essere apprezzata con riferimento all’imposta evasa come risultante al momento della scadenza per il pagamento del debito tributario, nel quale, consumandosi il reato, si realizza la lesione del bene tutelato; di conseguenza, è del tutto ininfluente, ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., il successivo pagamento, totale o parziale, del debito tributario”, anche se quest’ultimo può comunque assumere rilevanza in relazione all’applicazione degli istituti disciplinati dagli artt. 13 e 13-bis del D.lgs. n. 74 del 2000.