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Con Sentenza del 12 ottobre 2022 (ud. 5 luglio 2022) n. 38383, la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto, ordinato a carico del ricorrente fino a concorrenza dell’importo del reddito di cittadinanza medio tempore illegittimamente percepito, per avere, secondo l’ipotesi d’accusa, commesso il delitto di cui all’art. 640 bis c.p. e art. 28, co. 2 e 3, D.L. 4/2019, avendo omesso comunicare che, con sentenza definitiva, gli era stata applicata la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ritenuta sussistente l’erronea applicazione dell’art. 640 bis c.p., in relazione all’art. 28 c.p., oltreché la manifesta erroneità della motivazione del provvedimento impugnato, la Suprema Corte ha statuito, anzitutto, che, con la Sentenza n. 34/2022, la stessa Corte costituzionale ha esplicitamente considerato il tema proposto dalla difesa precisando che il reddito di cittadinanza non si risolve in una provvidenza assistenziale diretta a soddisfare un bisogno primario dell’individuo, ma persegue diversi e più articolati obiettivi di politica attiva del lavoro e di integrazione sociale. Alle caratteristiche sopra evidenziate si collegano coerentemente la temporaneità della prestazione e il suo carattere condizionale, cioè la necessità che ad essa si accompagnino precisi impegni dei destinatari, il cui inadempimento implica la decadenza dal beneficio. Dunque, la misura in questione, proprio perché caratterizzata dalla necessaria adesione del nucleo familiare beneficiario ad un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, non si esaurisce nella mera corresponsione di un beneficio economico con funzione assistenziale, avendo la chiara finalità di individuare, in un complesso di attività, gli obiettivi generali e i risultati specifici che si intendono raggiungere in un percorso volto al superamento della condizione di povertà, elemento questo correlato allo svolgimento, mediante esplicito impegno, di determinate attività, alle quali il beneficio economico è condizionato. Da qui, la non sostenibilità della prospettazione giuridica seguita dal Giudice a quo per disporre il sequestro oggetto di impugnazione. A tal riguardo, invero, la Corte di Cassazione ha precisato altresì che la natura afflittiva delle pene accessorie impone un’interpretazione letterale delle relative norme, nel rispetto del principio di tassatività delle sanzioni penali, cosicché, tenuto conto della natura e funzione ibrida del reddito di cittadinanza, la stessa non può rientrare nell’alveo della disciplina richiamata in sequestro, ivi compreso l’art. 28 c.p. Donde l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.