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La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 17 novembre 2022, n. 33957, ha affermato che il versamento di denaro da parte di un socio di una società di capitali in “conto capitale” è assimilabile ad un conferimento e, per tale ragione, non conduce alla nascita di un credito nei confronti del socio medesimo. La restituzione di tale somma è subordinata, in sede di liquidazione della società, all’integrale soddisfacimento di tutti i crediti sociali e al residuo attivo del bilancio. La Suprema Corte – allineandosi alle Sentenze n. 29325/2020 e 16049/2015 – ha sottolineato come il socio possa erogare denaro secondo differenti modalità: i) versamenti in “conto futuro aumento di capitale” che, essendo legati a un deliberando aumento del capitale, danno diritto alla restituzione se non effettuato entro un termine fissato; ii) versamenti in “conto capitale” iscritti nel passivo dello stato patrimoniale senza diritto di restituzione. In quest’ultimo caso, le somme vengono acquisite definitivamente al patrimonio della società formando riserve di regola disponibili, ma non in base ad un diritto soggettivo del socio. La qualificazione dei versamenti effettuati dal socio dipende dalla manifestazione di volontà delle parti, ma, ove manchi la medesima, assume rilevanza la terminologia utilizzata all’interno del bilancio. La Corte di Cassazione, in ultimo, ha evidenziato come, pur essendo pacifica l’inesistenza di un credito restitutorio del socio per i versamenti in “conto capitale”, il contratto di cessione a titolo oneroso di tale credito risulta valido, ma vi è comunque per il cessionario la garanzia ex art. 1266, comma 1 c.c.