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La Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con Sentenza del 22 novembre 2022 (ud. 26 ottobre 2022) n. 44378, nel soffermarsi sulla natura e sulla definizione delle valute virtuali, (anche) ai fini della sussistenza del delitto di cui all’art. 648 ter.1 c.p. ha, anzitutto, richiamato una precedente Sentenza emessa dal Tribunale di Verona il 24 gennaio 2017, che aveva qualificato “strumenti finanziari” alcune valute virtuali acquistate su una piattaforma di scambio, facendo propria la tesi secondo cui caratteri distintivi dell’investimento di tipo finanziario sono: a) un impiego di capitali, riconducibile generalmente al danaro o, più in generale, a un capitale proprio che può corrispondere anche a una valuta virtuale; b) una aspettativa di rendimento; c) un rischio proprio dell’attività prescelta, direttamente correlato all’impiego di capitali. In forza di tale principio, la Suprema Corte ha statuito che la valuta virtuale deve essere considerata strumento di investimento perché consiste in un prodotto finanziario, per cui deve essere disciplinata con le norme in tema di intermediazione finanziaria (art. 94 ss. T.U.F.), le quali garantiscono attraverso una disciplina unitaria di diritto speciale la tutela dell’investimento; pertanto, chi eroga detti servizi è tenuto ad un innalzamento degli obblighi informativi verso il consumatore, al fine di consentire allo stesso di conoscere i contenuti dell’operazione economico-contrattuale e di maturare una scelta negoziale meditata.