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1. L’omologazione del concordato preventivo - 2. Le cessioni nel concordato preventivo - 3. Il concordato omologato ineseguito, non risolto, e il fallimento successivo
1.1. La disciplina originaria Nell’impianto originario della legge fallimentare l’omologazione del concordato preventivo, regolata dagli art. 180 (procedimento) e 181 l.f. (valutazioni rimesse al tribunale e provvedimento conclusivo), presentava i seguenti tratti essenziali: • impulso d’ufficio (ordinanza del giudice delegato e iscrizione a ruolo da parte del commissario giudiziale o del debitore); • rito ordinario; • parti in senso sostanziale (le quali non necessitavano di costituzione potendo semplicemente comparire): debitore, eventuale assuntore, opponenti, commissario giudiziale (parte formale, ausiliario del giudice, che si esprimeva attraverso un parere sulla legittimità e sul merito del concordato). Il pubblico ministero non era considerato parte del giudizio di omologazione, ancorché il suo intervento fosse ritenuto necessario. Legittimati all’opposizione erano: • i creditori dissenzienti (per tali intendendosi coloro che avevano espresso voto contrario); • qualunque interessato (portatori di interesse giuridico e non di mero fatto suscettibili di subire pregiudizio dall’omologazione: creditori assenti, astenuti, non ammessi al voto, favorevoli con voto nullo o vizio del consenso, privilegiati, assuntore, garante). L’oggetto del giudizio consisteva in un controllo di legalità e di merito. Costituivano condizioni di ammissibilità: • sicurezza delle garanzie e sufficienza dei beni offerti rispetto alla percentuale minima di soddisfazione dei chirografari; • regolarità della procedura; • raggiungimento delle maggioranze; • convenienza economica del concordato per i creditori; • meritevolezza del debitore in relazione alle cause del dissesto e alla sua condotta. Il tribunale si pronunciava con sentenza; in caso di mancanza delle condizioni per l’omologa, vi era il rigetto dell’istanza e la dichiarazione di fallimento (previo accertamento dell’esistenza attuale dell’insolvenza, non avendo il ricorso valore confessorio, anche se gli veniva riconosciuto valore indiziario). Rigetto dell’omologa e fallimento erano pronunce interdipendenti e inscindibili tanto da formare un provvedimento unitario. 1.2. Le modifiche apportate dal d.l. n. 35/2005 Le principali modifiche recate dal d.l. n. 35/2005 sono state: • disciplina [continua ..]
Nel concordato con cessione dei beni ai creditori il tribunale nomina il liquidatore giudiziale (deve avere i requisiti soggettivi di cui all’art. 28 l.f.). Un primo problema che si pone è quello del contratto preliminare. In generale, il contratto preliminare (cfr. artt. 169 e 45 l.f.) è opponibile alla procedura solo se trascritto (o se trascritta la domanda ex art. 2932 c.c.) prima del deposito della domanda di concordato, salvo che il debitore non abbia chiesto e ottenuto autorizzazione a sciogliersi ex art. 169-bis l.f. (facoltà che non può essere esercitata per i preliminari di cui all’art. 72, comma 8, l.f.). Se il preliminare è opponibile ed efficace il liquidatore deve dargli esecuzione. Diverso discorso si deve fare con riferimento ai preliminari stipulati in funzione di regolazione della crisi, sul punto si riteneva che, nonostante fosse astrattamente preferibile mettere il promissario acquirente in competizione con il mercato, la proposta c.d. “blindata” impedisse al liquidatore di espletare la gara. Se vi è, invece, offerta irrevocabile di acquisto la si sottopone alla gara (ora sul punto, cfr. art. 163-bis l.f.). In generale, in caso di cessione dei beni è previsto il parere del comitato dei creditori (nominato nel decreto di omologazione) e devono essere espletate procedure competitive. La vendita effettuata in sede di fallimento ha natura di vendita forzata (con le note conseguenze in tema di esclusione della garanzia per vizi, impugnazione per lesione, regime di evizione, cfr. art. 2929 c.c.). Nel concordato le vendite non sono vendite forzate, non vengono infatti effettuate contro la volontà del debitore ma in forza di un accordo tra il debitore e i suoi creditori. Il regime, in realtà, è misto, in quanto le vendite del concordato producono effetti delle vendite forzate: • quanto ai diritti di prelazione (che insistono sui beni oggetto di liquidazione, esaurendosi con la vendita e il relativo ricavato); • la cessione dell’azienda è regolata dall’art. 105 l.f. che esclude l’obbligo solidale del cessionario. Per il resto, in quanto vendite che derivano da una volontà negoziale sono sottoposte alla disciplina delle regole sui contratti. Le vendite sono disciplinate attraverso il richiamo agli artt. 105-108-ter l.f. (vendite preferibilmente aggregate, [continua ..]