Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Questioni aperte in tema di usura con riferimento al contratto di mutuo (di Marco Bottallo)


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La presente trattazione si propone di svolgere un’analisi, in chiave prevalentemente problematica, di alcune questioni in tema di usura tuttora oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale (oltre che dottrinale) e spesso sollevate nelle cause in cui viene contestata la legittimità degli interessi e più in generale degli oneri collegati all’erogazione di mutui e finanziamenti bancari. In particolare, le questioni affrontate sono tre: 1) la rilevanza degli interessi di mora e il modo in cui essi incidono sulla verifica dell’usurarietà del contratto; 2) la rilevanza delle istruzioni della Banca d’Italia; 3) la configurabilità della c.d. usura sopravvenuta. Iniziando l’analisi dagli interessi di mora, va innanzitutto osservato come debba ritenersi ormai pacifico in giurisprudenza l’orientamento secondo cui anche detta categoria di interessi è rilevante ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia antiusura. Tale conclusione è ad esempio rinvenibile nella nota sentenza n. 350/2013 della Corte di Cassazione la quale ha affermato che “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice penale e dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori”. Nello stesso senso si era già pronunciata anche la Corte Costituzionale, con la sentenza 25 febbraio 2002 n. 29 evidenziando che “il riferimento, contenuto nell’art. 1, comma l, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi ‘a qualunque titolo convenuti’ rende plausibile senza necessità di specifica motivazione – l’assunto secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”. Il problema consiste però nel comprendere in che modo gli interessi di mora debbano essere considerati ai fini della verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia. Al riguardo sono state prospettate, anche in giurisprudenza, diverse tesi che possono essere sinteticamente esposte come segue. La prima teoria è quella che sostiene la necessità di operare il cumulo “secco” del tasso corrispettivo con il tasso di mora. In pratica, esemplificando, se un contratto di mutuo prevede un tasso corrispettivo del 10% e un tasso di mora del 15%, il tasso complessivo da raffrontare al tasso soglia dovrebbe essere pari al 25%. La tesi in questione (ancora sostenuta talvolta negli atti di citazione dei clienti delle banche) non ha trovato tuttavia il favore della giurisprudenza, salvo che in rarissimi casi. Anche a mio avviso essa è del tutto errata e trae origine probabilmente da una interpretazione distorta della già citata pronuncia n. 350/2013 della Corte di Cassazione, [continua..]

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