1. – Quando si parla del trust, ci si riferisce a un istituto nato non nel nostro ordinamento, ma nel nostro ordinamento importato da una legge (la n. 346/1989), attuativa della convenzione internazionale dell’Aja del giorno 1° luglio 1985, che forse nell’intenzione del legislatore doveva essere una vera e propria legge di diritto internazionale privato, una legge cioè che aveva lo scopo di far riconoscere all’ordinamento che lo ignorasse l’istituto del trust, allorché emergessero elementi di collegamento con un ordinamento estraneo che invece prevedesse questo stesso istituto: ad esempio, allorché ad essere vincolato in trust, in ipotesi con apposita disposizione testamentaria predisposta in un Paese che conosce il trust, fosse un bene immobile sito in Italia, Paese che invece non conosce tale istituto.
A livello dottrinale, prima, e poi anche nelle sentenze dei giudici e nella attuazione pratica degli atti notarli, si è sviluppato inizialmente un doppio filone interpretativo. Un primo orientamento era del tutto sfavorevole a riconoscere l’ammissibilità del trust cosiddetto “interno”, italiano a trecentosessanta gradi e quindi privo di elementi riferibili a ordinamenti stranieri nei quali invece il trust era previsto e regolato. Si riteneva che la legge n. 346/1989, legge di diritto internazionale, come tale avrebbe dovuto essere interpretata: pertanto si ritenevano riconoscibili dal nostro ordinamento i soli trusts nei quali fosse emerso qualche elemento di estraneità (così ad esempio la nazionalità del disponente o dei beneficiari, piuttosto che la collocazione dei beni vincolati).
Parallelamente si è fatta strada e si può ritenere oggi prevalente l’orientamento opposto, che prendendo sì lo spunto dalla legge del 1989, ha in realtà riconsiderato l’intera materia sul presupposto che, se il nostro ordinamento riconosce il trust disposto da un soggetto straniero, o comunque caratterizzato da un elemento di estraneità, non si vede perché lo stesso non possa fare un soggetto italiano che dispone di un bene posto in territorio italiano. Gli argomenti a sostegno di questa tesi estensiva sono complessi, ma principalmente riconducibili alla valutazione della non assoluta estraneità del nostro sistema giuridico rispetto a meccanismi riconducibili al vincolo di destinazione espresso dal trust.
Il riferimento va in primo luogo individuato nel fondo patrimoniale che in materia di diritto di famiglia si ritiene rappresenti una forma “autoctona” di adattamento dell’istituto in discorso. Ma anche l’autonomia patrimoniale piena che caratterizza le società di capitali, attenuata (imperfetta) nel caso di società di persone, avrebbe rappresentato un riferimento italiano cui appoggiare l’estensione al trust c.d. “interno”. [continua..]